La (buona) scuola politica?

23 Febbraio 2015 /

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Costituzione e scuoladi Silvia R. Lolli
Come ricordava qualche giorno fa anche Pardi da queste colonne, ormai si sta vanificando qualsiasi principio democratico e costituzionale, almeno se è vero che il Governo è intenzionato a mantenere fede ai proclami del suo mentore (il capo) e approntare la riforma della scuola in tempi brevi. Fin da subito il sondaggio sulla Buona Scuola e i suoi risultati, sempre presentati con un battage comunicativo-pubblicitario molto ampio, ha evocato la dittatura dell’esecutivo, complice anche l’ormai inevitabile ignoranza di troppi cittadini.
Dai decreti legislativi, che fra l’altro ancora sentiamo evocare da più parti, sembra che si stiano per emanare decreti, ovviamente saranno decreti legge. Essi, per norma costituzionale, devono avere i caratteri di necessità ed urgenza e devono essere convertiti in legge dal Parlamento entro 60 giorni. Non ci risulta che, forse la di là della sola richiesta della corte di Giustizia Europea per l’immissione in ruolo dei precari storici della scuola italiana, si possa evocare né necessità, né tanto meno urgenza per il sondaggio e quindi bypassare la discussione parlamentare con tanta facilità.
Fin dal principio di questa ennesima pagliacciata istituzionale ci eravamo posti il problema giuridico di quale forma normativa dare alla tanto sbandierata “riforma” della scuola; avevamo fin troppe volte ascoltato ministre/i e il capo parlare solo di decreti legislativi, senza mai neppure accennare al Parlamento quale luogo di discussione e deliberativo.

Forse il confronto con il Parlamento può incutere paura a questi nuovi (?) politici, visto che si sta riproponendo la Legge di Iniziativa Popolare sulla scuola, questa sì veramente buona e organizzata secondo i dettati costituzionali? Perché il confronto, la discussione, democratici danno tanto fastidio?
Soprattutto quando si parla di scuola abbiamo l’idea che il confronto può creare molti problemi, perché occorre qualcosa in più al politico del momento. Non basta cioè lo spot pubblicitario che occupa l’immagine ed il poco tempo in cui un semplice messaggio può essere declamato. Per sostenere una reale discussione con chi tra l’altro sa cosa vuol dire scuola, si prepara e studia l’argomento occorre avere molte più frecce nella propria faretra; un semplice spot pubblicitario non basta; non può bastare alla democrazia anche se noi ci siamo da tempo abituati. Del resto dai molti nominati seduti tra gli scranni del Governo e purtroppo dello stesso Parlamento la conoscenza richiesta sembra essere accettare qualsiasi cosa pur di prolungare la legislatura fino alla naturale scadenza.
Una buona… ragione c’è dunque: la propria, la sicurezza del proprio futuro pensionistico! Che poi si faccia una pessima scuola, un pessimo lavoro, e si crei un paese senza democrazia, cosa importa?

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