di Cristina Quintavalla, portavoce de L’Altra Emilia-Romagna
È un patto tutto per l’impresa quello che il neopresidente auspica debba uscire dagli incontri convocati in Regione: occorre “investire su ciò che può produrre valore aggiunto (leggi profitto) per il nostro sistema economico produttivo” (come è scritto nel Programma di mandato della giunta), distribuire i 500 mln di fondi europei destinati a ricerca, innovazione, competitività e attrattività, favorire l’export, attraverso la formazione di grandi imprese, capaci di conquistare i mercati.
Soldi europei alle imprese, processi di fusione e aggregazioni industriali, a scapito della piccola e media impresa, semplificazioni burocratiche e sgravi fiscali: questa è la ricetta in salsa Bonaccini per far ripartire l’economia in Emilia-Romagna. Fuor di metafora insomma, attraverso incentivi, regali, privilegi.
E il mondo del lavoro? Quello che piega la schiena sulle presse o si aliena alla catena di montaggio? Per quello c’è il Jobs act ed i suoi decreti attuativi: via libera a licenziamenti per motivi economici, precarizzazione e ricattabilità per i nuovi assunti con cancellazione dell’art. 18, fine del diritto alla reintegra, licenziamenti collettivi, demansionamento per i lavoratori occupati, estensione dell’utilizzo di vaucher e delle più umilianti forme di lavoro schiavile.
Che Patto per il lavoro preparerà la Regione Emilia- Romagna in queste condizioni? Il Patto per l’impresa, appunto, È questo il suo momento, come Renzi e Bonaccini promettevano in campagna elettorale: niente più ostacoli, contrattazioni, lungaggini, limiti al profitto delle imprese. La trasformazione del lavoro in lavoro servile, ricattato, precario, la generalizzazione di forme di impiego “usa e getta” (per i lavoratori, naturalmente), il ripudio di forme di contrattazione collettiva e l’assoluto abbandono dei lavoratori alle fauci della grande impresa , sono perfettamente funzionali al disegno del presidente tecnocrate della nostra Regione: assicurare alle imprese più “valore aggiunto”, plusvalore, appunto, quello che proprio proprio deriva dall’attuale forma di sfruttamento del lavoro.
Ricordate la manfrina di Bonaccini, ripetuta in campagna elettorale, identica in tutte le circostanze: “Non dormirò la notte se non risolverò il problema del lavoro nella nostra Regione”. Bene. Mandiamolo a dormire prima che a comandare in Regione siano le imprese. Auspichiamo che le organizzazioni sindacali, a partire dalla CGIL, insieme con le forze sinceramente democratiche, associazioni, movimenti, vorranno impedire che la Regione ER diventi un’istituzione al servizio dei grandi interessi privati e che sapranno imporre regole e limiti, a tutela del mondo del lavoro, dell’occupazione, contro delocalizzazioni ed esternalizzazioni di comparti produttivi.
Contro la riduzione delle istituzioni a comitati d’affari dei grandi interessi privati, è quanto mai necessario difendere la centralità del potere pubblico e ill suo ruolo di garante del preminente interesse collettivo.