Sanità: le risorse ci sono e i diritti devono diventare risorse

17 Febbraio 2015 /

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Gianluigi Trianni, medico della sanità pubblica, aderente a “L’Altra Europa con Tsipras” e a “L’Altra Emilia Romagna – Modena”
In due interventi sulle pagine del Manifesto questo giornale, Ivan Cavicchi condanna le politiche di “definanziamento” del SSN e l’ideologia dell'”universalismo selettivo”, già avanzate da Sacconi e riprese dai governi di centro sinistra (!?) del PD, e si chiede “se non sia il caso di fronteggiare questo disegno nel senso di modificare l’art 32 della Costituzione”, passando dalla garanzia di “cure gratuite agli indigenti” alla garanzia per tutti.
Partendo dalla riflessione di Cavicchi, avanzo qui delle considerazioni critiche e una proposta. Dalla sua istituzione con la 833/78 ad oggi, il Servizio sanitario nazionale e regionale è finanziato “attraverso le tasse”; l’art. 32 della Costituzione, “cure gratuite agli indigenti”, è quindi realizzato appieno dal momento che è assicurata la accessibilità alle cure anche ai cittadini che non pagano tributi diretti. Tutti i cittadini “non indigenti” e “non evasori fiscali”, al contrario, “pagano in anticipo”, nel senso che finanziano il sistema sanitario pubblico, prima di utilizzarlo quando ne abbiano necessità, per l’erogazione dei LEA (livelli essenziali di assistenza) che comprendono tutte le prestazioni assistenziali considerate indispensabili ed efficaci dalle scienze biomediche per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle malattie.
Proprio in virtù di ciò, risulta moralmente inaccettabile, nonché economicamente selettiva, la imposizione di ticket aggiuntivi sulle prestazioni specialistiche ambulatoriali, di entità ormai pari al loro costo di produzione. Non necessita quindi alcuna modifica dell’art. 32 ma la sua piena attuazione; invece, denuncia Cavicchi, “Il liberismo sta provocando l’infarto del sistema sanitario occidentale. L’unica risposta di sinistra all’altezza è mettere «sotto/sopra» le norme e le prassi attuali, per rilanciare l’idea stessa della «salute pubblica» e battere definitivamente l’«ariformismo passivo» del partito democratico”.

Ma il suo appello alla “sini­stra” contiene una debolezza che lo inficia: considera come immanenti, fuori dalla portata della politica, l’essere prevalente il limite economico sui diritti e l’essere le risorse in competizione con i diritti. Non è così. Due sono gli insiemi dei vincoli metodologici e concreti che condizionano lo Stato, e le sue articolazioni regionali e locali: i determinanti la salute (i fattori socio-economici e gli stili di vita; lo stato e le condizioni dell’ambiente; l’eredità genetica; i servizi sanitari) da un lato e l’economia politica dall’altro. Ne deriva direttamente il principio “la salute in tutte le politiche”.
Prima di definire insufficienti le risorse destinabili al servizio sanitario pubblico in Italia occorre valutare a) se tutti i mezzi finanziari reperibili dallo Stato siano stati reperiti; b) se siano possibili usi alternativi dei mezzi finanziari a disposizione. Analogamente si deve procedere per i bilanci regionali, oggi gestiti con obbiettivi espliciti ed impliciti di privatizzazione del “welfare pubblico”, come risposta ai tagli di spesa programmati dal governo a seguito dei vincoli di bilancio imposti dalla “troika”, e con inaccettabili e considerevoli sprechi strutturali ed operativi.
Per concludere, in sintonia con recenti proposte di G. Viale, mi pare opportuno costituire un gruppo di lavoro che sca­val­chi le divi­sioni tra le diverse com­po­nenti delle forze di sinistra e democratiche che si oppon­gono alle poli­ti­che di auste­rità, per elaborare una “Altra Legge di Stabilità 2015 – 2017”, che imbocchi la strada della tassazione progressiva dei patrimoni ed operi una riconversione della spesa pubblica dai capitoli che mettono a repentaglio la politica di pace, l’ambiente (“Sblocca Italia”) ed il diritto alla salute, nella accezione più sopra richiamata come risultante e paradigma dei diritti sociali costituzionalmente statuiti, e punti sugli investimenti ecosostenibili, sulla cultura e le nuove tecnologie e sul potenziamento del welfare pubblico.
I soldi per la sanità ci sono, ma occorre cambiare paradigmi: non “risorse contro diritti” ma “diritti come risorse”.

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