di Pancho Pardi
Insisto (scusatemi) sul rapporto tra lo straordinario successo di Syriza e lo stato e l’agire dei nostri partiti italiani. Provo a ragionare. Di solito quando uno che fa il nostro stesso mestiere realizza un successo, mentre a noi va molto male, di solito ci interroghiamo per capire in che cosa abbiamo sbagliato e magari facciamo un po’ di autocritica. Niente di tutto questo da parte dei nostri partiti. Gioia per la vittoria in Grecia, ma sul nostro paese ripetono quel che da un po’ di tempo dicono inutilmente.
Per come ricordo, nel vecchio PCI era molto apprezzata l’autocritica, cioè una seria riflessione su se stessi e sui propri insuccessi. Tanto più mi sarei aspettato un’autocritica dopo il risultato greco che ci dice a gran voce che la sinistra non è condannata alla sconfitta, ma può anche vincere. A questo punto è inevitabile chiedersi perché in Grecia si e in Italia no e quindi rivedere quale politica si e’ fatta e dove, quando e perché si è sbagliato. Nonostante le dovute differenze nessuna analisi di quel che Syriza ha fatto, come se la Grecia fosse un altro mondo e non un paese a struttura capitalistica come il nostro.
L’autocritica nei tempi passati e non solo per i comunisti era una virtù, segno di realismo e autocontrollo, oggi nella sinistra e nei suoi attuali dirigenti è quasi tradimento. Dire che in qualcosa si è sbagliato è solo un attacco al gruppo dirigente, quasi un tradimento. Per concludere penso che sia necessario ridare corso alla virtù dell’autocritica, cioè di una seria analisi della propria condotta, specie quando essa produce sconfitte a ripetizione.
Questo articolo è stato pubblicato sul sito della Fondazione Luigi Pintor il 29 gennaio 2015