di Carlo Bernardini
Stampa quotidiana, radiotelevisione e libretti (instant books): il palcoscenico della politica, oggi, è questo. Tutto ciò che si dice al riguardo sembra straordinariamente effimero e, perciò, anche noioso. Quanto potrà durare? E in cosa si trasformerà se non spunteranno colpi di coda popolari con effetti drammatici? Una crisi economica evidente che colpisce quasi tutti non potrà durare in eterno; ma ha trovato forme di adattamento che non sembrano ancora decisive: forse è meglio così.
È già finita male tante volte (guerre mondiali o locali rivoluzioni cruente) e la gente invece vuole vivere e partecipare, possibilmente agli “utili” onestamente prodotti. Ma l’interesse privato è l’ultima cosa che si riesce a rendere onestamente pubblica. E qui nasce la sfida: non sembra che ci sia più alcuno al mondo che possa promuoverlo con tecniche dialettiche condivisibili e accettabili.
A questo dovrebbero anche servire le tasse come finanziamento collettivo concordato per finalità precise, ma quelle onestamente pagate vanno spesso a finire in canali di scarsa rilevanza per la collettività, se non addirittura truffaldini. Bisogna decidersi a fare una lista di priorità e regole perché venga rispettato un programma degno di definire un vero welfare: recuperare le parole che descrivono le cose concrete importanti (quante ne trovate in un obiettivo politico attuale?). Ognuno di noi può provare a fare la sua lista e, se riuscissimo a farne una che ha un forte “indice di accettazione” per certe necessità pubbliche (primarie, dunque?), dovrebbe per forza essere quella che trascina la politica centrale.
Con sincera preoccupazione di sbagliare, ne butto giù una mia:
- 1. Come garantire di disporre di risorse alimentari in misura e qualità adeguata alla richiesta, che vuol dire senza sprechi e senza disorganizzazione distributiva.
- 2. Come garantire di disporre di risorse energetiche commisurate alla richiesta essenziale, molto varia: fonti di calore, trasporti, produzione di beni lavorati.
- 3. Identificazione degli sprechi e degli abusi con interventi efficaci di eliminazione drastica e irreversibile.
- 4. Sviluppo di una cultura che veda al primo posto, sino dall’infanzia, un corretto modo di valutare il funzionamento del servizio pubblico e il ruolo degli utenti in questa percezione.
E così via: quello che dovrebbe essere evidente è che ciò che più serve è una corretta accettazione popolare dell’appartenenza a una collettività e un ridimensionamento dell’interesse privato. Ma sembra invece che una forma di corruzione aberrante e diffusa stia facendo esattamente il contrario: sta convincendo la gente del fatto che approfittare della ricchezza pubblica è un peccato veniale. Chi lo fa, è biasimato e talvolta punito, ma in modo evidentemente non incisivo. I delitti è facile classificarli, le pene devono essere inesorabili ma non crudeli.
E se mandassimo tutti i corrotti in un’isola, appunto, li isolassimo? Se rendessimo inutili, lontano dalle banche, le loro ricchezze di valore puramente convenzionale? Provate a immaginare un riccone abbandonato su un’isola deserta senza schiavi e con casse traboccanti di carta-moneta ma solo erbe e conigli selvatici da mangiare…
Questo post è stato pubblicato sui blog di Micromega online il 26 gennaio 2015