di Francesca de Carolis
Fiabe vere per insegnare che, nonostante le difficoltà, la fatica, il male, il dolore, c’è anche una speranza. Appunto su di un film. Una delle cose che piacciono a me… tutto a rovescio, a cominciare dal titolo: “Meno male è lunedì”. Sì, perché se prassi vorrebbe che per tutti si pensi al lunedì come alla fine dello spazio di libertà che sabato e domenica ci dovrebbero riservare, per i protagonisti di questo film, che è piuttosto documentario, è lì che inizia la gioia. La gioia di un lavoro. Sì, perché i protagonisti sono tredici persone recluse, nel carcere bolognese della Dozza, per essere precisi. E per loro si è compiuto un piccolo grandissimo miracolo. Una vecchia palestra del carcere è stata trasformata in officina. E non è una cosa tanto per passare il tempo.
Una vera officina, messa in piedi da tre aziende metalmeccaniche leader nel settore del packaging (Gd, Ima Spa e Marchesini Group, meritano la citazione), che le persone in prigione le hanno proprio assunte con regolare contratto. Roba rarissima nel desolante panorama penitenziario italiano, dove per i più il tempo trascorre nel nulla. Sembra, anche questo, il racconto di una fiaba. Di quelle non addomesticate e sdilinquite. Fiabe vere, scritte per insegnare che, nonostante le difficoltà, la fatica, il male, il dolore, c’è anche una speranza. Anzi, sono proprio le difficoltà, la fatica, il male, il dolore, a insegnare a costruire la speranza e non solo.
“Sabato e domenica purtroppo non si lavora”… è la frase che pronuncia uno dei detenuti-operai, ma è frase che dall’inizio alla fine del filmato sembra di leggere, costante, negli occhi di tutti, detenuti-operai e tutor, che sono gli ex operai delle aziende venuti lì a insegnare e guidare il lavoro. Perché il lavoro, ricorda questo docu-film, è libertà. Lavoro-libertà che solo il rigore e l’attenzione possono dare, e questo è insegnamento che vale un po’ per tutte le cose della vita.
Insomma non è un gioco. Ma anche la severità e gli inevitabili momenti difficili e di contrasto, sono qui smorzati e cullati dal dolcissimo accento bolognese dei capi officina, che tutto accoglie e tutto scioglie… Quei maestri. Ecco, c’è ancora un altro aspetto che colpisce in questa ‘fiaba’: la capacità e il piacere di trasmettere il sapere, e il sapere del fare. Un esempio bellissimo, che arriva proprio dal chiuso di un carcere, mentre, guardandosi un po’ intorno, è cosa che sembra ormai persa fuori, in questo nostro mondo dove per lo più ognuno sta chiuso agli altri, prigioniero del proprio asfittico pensiero.
Daniela, la mia amica di Bologna che avevo accanto alla presentazione del film al Festival Internazionale del Film, a Roma, mi perdonerà, se svelo qualche attimo di commozione contenuta che ho percepito in lei… “È che è proprio quella cosa là…”, in qualche modo ha tentato di spiegare a me che sono nata a sud del Garigliano, “quell’aria che abbiamo respirato da giovani, quei lavoratori, quei maestri, quella Bologna che ora non vedo più…”. Ma qualche traccia, vedendo il film, pensi sia rimasta…
E vorresti ancora seguirli, prima che scorrano i titoli di coda, quei detenuti operai (o operai-detenuti?) che a fine giornata ripercorrono a ritroso nella penombra il corridoio che li riporta nelle celle. Ad aspettare, che torni il lunedì. In una cella per un attimo è possibile sbirciare, mentre Ferdinando, Ferdinando Valenti, sfoglia pagine dal libro di Christophe André, “Dell’arte della meditazione”. E considera, guardando i dipinti… La Maddalena penitente di George de la Tour… dipinto-manifesto della melanconia … riflesso di se stessi chini, del proprio spettro di spalle, tristezza di come quando ‘si ripesca una fotografia in cui non si era fissato l’obiettivo’… e poi l’Annunciata di Antonello da Messina… lo sguardo che ti fissa diritto negli occhi e solleva il palmo della mano rivolto verso chi guarda… Racconta Ferdinando, carezzando, con lo sguardo, quella Madonna: “Nel Vangelo Cristo dice ‘alzati e cammina’… ma io ascolto questa donna, che mi dice, ‘fermati… e rifletti…”
Onore al regista, Filippo Vendemmiati, quello di “È stato morto un ragazzo”, su Federico Aldovrandi per intenderci, (e alla Tomato Doc&Film, con il suo gruppo di agguerriti eccellenti collaboratori), che da tempo percorre vie di storie di cui molti non vorrebbero sentir parlare: gente dimenticata in carcere… un ragazzo morto dopo una notte che incontrò la polizia…
Da questa settimana “Meno male è lunedì” è in sala a Bologna, proseguirà poi il suo viaggio in Emilia e in altre città italiane. Suggerisco di andare a vedere… e se non trovate nelle sale della grande distribuzione, cercate seguendo i percorsi (in cineclub, associazioni culturali…) del nuovo modo di fare cinema e inchieste… ne vedrete delle belle…
Questo articolo è stato pubblicato sul sito Remo contro il 18 gennaio 2015