A sostegno dello Sciopero Generale del 12 e a testimonianza dell’opera di Salvatore D’Albergo per la difesa integrale e l’autentico significato dell’articolo 18
Il 4 ottobre scorso è improvvisamente morto Salvatore D’Albergo. Diciamo improvvisamente, perché proprio la sera precedente alcuni di noi avevano commentato con lui al telefono la pubblicazione di una sua nota sulla fase politico-sociale su “il manifesto” del 2 novembre 2014. Salvatore ha avuto un rilevante ruolo culturale e politico, da “uomo sociale” quale era, uomo della Costituente, dirigente politico-intellettuale per l’emancipazione dei lavoratori e l’affermazione del potere e del diritto “dal basso”, fondato sulla democrazia organizzata e di base. L’abbiamo apprezzato non solo per la sua elaborazione, sempre corroborata da una militanza cristallina, ma anche perché sapeva valorizzare la dialettica tra posizioni come promotrice di nuova conoscenza. Nel giorno precedente la sua scomparsa aveva stilato la nota che segue sul valore e il significato particolare dell’Articolo 18, che noi stessi, primi firmatari, gli abbiamo chiesto per rilanciare “collettivamente” i contenuti dell’articolo a due firme: “L’impresa, il lavoro e il cuneo dell’articolo 18” (Il Manifesto 2 ottobre 2014). Considerata la completa convergenza e condivisione dei contenuti, abbiamo chiesto a il manifesto di pubblicarla “post mortem”, con la sua firma – ovviamente – e con quelle che seguono in ordine alfabetico a testimonianza di un patrimonio che vorremmo conservare. Chi condivide e desidera aderire a questa iniziativa, che presuppone una continuità, invii una mail a angelo-ruggeri@alice.it.
L’impresa, il lavoro e il cuneo dell’articolo 18
Al di là delle incertezze e dei funambolismi delle centrali sindacali esitanti a far valere la linea politica culturale della massa dei lavoratori, esistono gruppi combattivi che non si limitano ad una difesa di facciata e corporativa dell’articolo 18, ma sono consapevoli del salto di qualità verificatosi nel passaggio degli anni 60-70 mediante il rafforzamento garantista della posizione dei lavoratori in fabbrica tramite il ruolo assegnato alla magistratura come potere statale, autonomo e interdipendente.
Gli scriventi insistono particolarmente sul ruolo decisivo che il permanere dell’articolo 18 assumerebbe, al di là delle effettive occasioni per le quali l’intervento è stato determinante, per fronteggiare con strumenti vincolanti il dispotismo del padronato d’impresa ansioso di decidere in proprio e in via esclusiva sulla vita dei lavoratori e sulla disponibilità e qualità della loro prestazione.
E questo nonostante l’articolo 1 e l’articolo 4 della Costituzione, la cui revisione attualmente in corso punta ad attaccare tutti i valori economico-sociali della Carta e le Leggi che la attuano e che qualificano la Repubblica in nome del lavoro, donde il nesso col tentativo di ripristinare anche formalmente il dispotismo in fabbrica.
Di fronte a tutto ciò appare oltremodo inaccettabile ed oltraggioso verso la Costituzione l’atteggiamento del Presidente del Consiglio che non ha esitato a attaccare pubblicamente (in una trasmissione serale TV) la magistratura, specificatamente irridendo proprio il potere democratico di reintegro assegnato al magistrato. Potere trasferito al giudice dal Parlamento per conto dello stato – e non certo sfuggito all’estremismo ideologico del conservatorismo renziano ispirato a quello berlusconiano – sicché la svolta politica e culturale, dopo le lotte di fine anni ’60, è stata rappresentata in Italia dall’obbligo di reintegro dei lavoratori licenziati senza giusta causa, altrimenti abbandonati alla mercé del padronato e della dirigenza burocratica dell’impresa.
A prescindere dalla posizione della destra sociale sull’articolo 18, di fronte all’arroganza e all’antidemocratico attacco alla magistratura – coadiuvato anche dagli illegittimi interventi del capo dello stato – è indispensabile insistere sull’autentico significato di valore costituzionale dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, stimolando anche le associazioni dei magistrati a non tacere sul ruolo spesso inespresso della magistratura, garante della continuità del diritto di lavorare. Diritto inteso come responsabilità sociale fatta valere dal “terzo potere” dello stato, contro il sistema delle imprese e il dispotismo padronale in fabbrica, negli uffici, nei servizi. Dispotismo che revisionando la Costituzione e i suoi valori sociali, si vuole ripristinare, proprio abolendo la centralità della magistratura e negando di conseguenza il potere e non solo il diritto di chi lavora.
Il significato dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è nella natura ed origine della norma: le lotte operaie “liberando” la Costituzione da 20 anni di “blocco” imposto dai conservatori, hanno permesso la sua attuazione in tutti i campi (lavoro, sanità, ruolo delle Regioni, ecc.).
La norma, quindi, è espressione “di potere” e “di lotta”. Enfatizzarla soltanto come manifestazione di “civiltà o “diritti”, impedisce ai lavoratori di prendere coscienza genuinamente di classe, che l’articolo 18 – non a caso datato al 1970 – è stato introdotto per esprimere la convergenza dei principi sociali, su cui si fonda l’autonomia sindacale, col ruolo politico democratico del legislatore. Volto a coniugare i principi sociali e politici che caratterizzano la Costituzione italiana con i suoi Principi Fondamentali.
Sicché, è proprio come conseguenza della sua revisione che si tenta di rilegittimare anche formalmente l’arbitrarietà dell’impresa, esorcizzata dai principi costituzionali. Infatti, in questa fase dominata dall’equivoco concetto di “globalizzazione” dell’economia, si vuol far perdere di vista alla classe operaia che l’impresa rimane comunque e innanzitutto un istituto di potere a livello nazionale. Come dimostra (anche) la preoccupazione della stessa Confindustria e dei suoi alleati di abolire l’articolo 18.
In realtà in base a questa norma, il potere ordinatorio della magistratura di rimuovere i licenziamenti illegittimi diventa lo strumento di prolungamento del potere sindacale al livello politico, mediante la connessione tra due poteri statali, come il potere legislativo (Legge 300 del 70, S. d. Lavoratori) e il potere giurisdizionale di ordinare all’impresa il reintegro del lavoratore e di condannarla al risarcimento del danno illegittimamente da lui subito.
Come si vede, l’articolo 18 interferisce, in una prospettiva democratica oggi arrestatasi, sia con il diritto dell’impresa sia con il diritto del lavoro e sia con il diritto sindacale: cosa che sfugge se ci si limita ad una difesa dei “diritti” dei lavoratori che è resa vana nel (e dal ) misconoscere che l’articolo 18 coinvolge i poteri dello stato, del sindacato e dell’impresa, per riequilibrare il mercato – a favore dei lavoratori come corpo sociale e nei diritti che ne derivano – mediante il riconoscimento istituzionale della forza di pressione congiunta dei poteri democratici dello Stato e del sindacato.
Occorre quindi che non solo i partiti ma anche il sindacato – e qui il pensiero va a quella parte di sindacato che mostra una maggiore criticità e volontà di lotta – ponga la massima attenzione al “rovesciamento” in corso della forma di governo parlamentare e ad una legge elettorale a favore del proporzionale integrale, se si vuole che la rappresentanza sindacale possa ancora e come all’epoca dell’emanazione dello Statuto dei lavoratori, svolgere il ruolo assegnatogli dall’articolo 39 della Costituzione.
Salvatore d’Albergo (presidente del Movimento Nazionale Antifascista per la Difesa e il Rilancio della Costituzione e del Centro culturale “Il Lavoratore”), Agostinelli Mario, Agostini Alessandra, Agostini Gigi, Angelini Francesca, Astengo Franco, Baiocchi Paola, Bardelli Beatrice, Barrucci Paolo, Besostri C. Felice, Bianchetti Filippo, Bigli Enrico, Bucci Gaetano, Caggiati Giovanni, Calamida Franco, Capecchi Vittorio, Carrosio Giovanni, Catone Andrea, Chiellini Giovanni, Chirico Domenico, Ciampi Angelo, Cini Gabriele,Cipolla Nicola, Confortini Mario, Cremaschi Giorgio, D’Angelo Tommaso, De Fiores Claudio, De Luca Giuseppe, De Simone Rosanna, Flamigni Sergio, Fugazza Marisa, Gavagna Carla, Giannangeli Ugo, Gioiello Vittorio, Gjergji Iside, Hobel Alexander, Kammerer Peter, Lucchesi Paolo, Marchetto Gianni, Marsocci Paola, Martignoni Gian Marco, Menapace Lidia, Molinari Emilio, Montella Andrea, Mordenti Raul, Moroni Loris, Navarra Alfonso, Orivoli Nello; Pagani Elio, Papetti Francesco, Piccin Gregorio, Piro Antonio, Ravasio Bruno, Rinaldini Tiziano, Roggeri Arianna, Ruggeri Angelo, Salvi Marinella, Sani Antonia, Schettino Francesco, Simonetti Raffaele, Tamburini Marco, Tasselli Gianni, Sanpietro Tiziana, Tomba Massimiliano, Turci Gianfranco, Turelli Antonio, Veicoli Alessandra, Zanotelli Alex, Zardetto Rina