L’Unione Europea vis-à-vis Ucraina e Gaza: due pesi, due misure

14 Ottobre 2014 /

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di Serafina Lombardo
La netta presa di posizione sui combattimenti e sul disastro aereo in Ucraina accompagnata dall’imbarazzante silenzio sugli avvenimenti nella Striscia di Gaza sono stati i momenti più importanti dell’ultimo Consiglio Affari Esteri dell’Unione Europea che si è tenuto il 22 Luglio scorso a Bruxelles.
Il 22 luglio scorso si è tenuto il Consiglio Affari Esteri dell’Unione Europa, che riunisce i 28 ministri degli esteri degli stati membri. Il tema principale della discussione ha riguardato la situazione ucraina ed il disastro del volo malese Mh17, a proposito del quale il Consiglio Europeo ha unanimemente espresso dure accuse nei confronti della Russia e dei separatisti ucraini.
È stato infatti dichiarato che sarà essenziale “assicurare il pieno accesso immediato, sicuro e protetto al sito e alla zona circostante, tra cui un corridoio di sicurezza vitale, al fine di procedere con l’identificazione delle vittime, nonché a recuperare i resti prevedendo un rapido, professionale e dignitoso rimpatrio delle vittime. L’UE si aspetta che tutti gli attori coinvolti preservino il luogo dell’incidente, astenendosi dal distruggere, spostare rottami, attrezzature, detriti o oggetti personali”.

Riguardo al ruolo della Russia, invece, il Consiglio ha esortato “la Federazione a utilizzare attivamente la sua influenza sui gruppi armati illegali, al fine di raggiungere accesso immediato, sicuro e protetto al sito, la piena cooperazione con il lavoro di recupero dei resti e dei possedimenti e la piena cooperazione con l’indagine indipendente, compreso il libero accesso al sito dell’abbattimento per tutto il tempo necessario per le indagini.”
L’UE, inoltre, ha invitato la Russia a fermare il crescente flusso di armi, attrezzature e militanti attraverso il confine. Come estrema ratio, l’UE ha ampliato le misure restrittive verso gli individui o enti che forniscono attivamente sostegno materiale o finanziario, o beneficiano i decisori russi responsabili per l’annessione della Crimea o la destabilizzazione della Est dell’Ucraina, e ha adottato ulteriori misure per limitare il commercio e gli investimenti in Crimea e a Sebastopoli.
Contrariamente alla situazione in Ucraina, il conflitto israelo-palestinese è stato affrontato dal Consiglio Europeo con molto imbarazzo. Si tratta di una delle questioni di politica estera più spinose per le 28 diplomazie europee, su cui l’Unione Europea non è ancora riuscita a formulare una posizione comune. Durante il Consiglio Europeo, infatti, non ci sono stati segnali di alcuna presa di posizione da parte dell’Unione Europea o di possibili soluzioni comuni da presentare al governo di Netanyahu o ad Hamas. Mentre Stati Uniti ed Egitto sono attivi nell’area mediorientale, di Unione europea non c’è traccia.
Il problema, per l’Unione Europea, è dare una giustificazione al silenzio sull’Operazione Protective Edge (così in inglese, mentre in ebraico ed arabo si chiama Operazione Scogliera solida), che insanguina da circa un mese la Striscia di Gaza. Sebbene il Consiglio abbia espresso evidente preoccupazione per le continue violenze e la cecità da ambo i lati verso le richieste di un ‘cessate il fuoco’ provenienti dalle Nazioni Unite, l’unica decisione presa ha riguardato l’appoggio ad Egitto e Stati Uniti nella continuazione del processo di mediazione tra le parti.
La soluzione proposta dall’Unione rimane legata all’esistenza di due entità statali – Israele ed il territorio palestinese – difficile però da accettare dalle parti in conflitto. Il Consiglio ha poi ricordato che una soluzione duratura al conflitto deve essere raggiunta sulla base “delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, i principi di Madrid compresi gli accordi precedentemente raggiunti dalle parti e dell’iniziativa di pace araba, con lo Stato di Israele e con Stato indipendente della Palestina che sia uno, democratico, contiguo, sovrano e autosufficiente”. Su questa base, l’UE è disposta a lavorare, in collaborazione con Stati Uniti ed altri partner, ad una iniziativa per rilanciare i negoziati di pace.
È poi stato reiterato che “l’UE riconoscerà modifiche ai confini precedenti al 1967, anche per quanto riguarda Gerusalemme, solo se concordato tra le parti. La conservazione della fattibilità della soluzione dei due stati deve restare una priorità. (…) l’UE chiede a Israele di fermare l’espansione degli insediamenti, compresi quelli a Gerusalemme Est, in particolare in aree sensibili come Har Homa, Givat Hamatos, che minaccia gravemente la soluzione dei due Stati; di porre fine alla violenza dei coloni, al peggioramento delle condizioni di vita dei palestinesi nell’Area C, a demolizioni, sgomberi e trasferimenti forzati, che aumentano le tensioni.”
Gaza è una città costiera del Mediterraneo Orientale; mare che lambisce anche i confini dell’Unione Europea. È lo stesso mare dove le politiche migratorie sono affondate perché non sostenute da tutti gli stati membri. Gaza, rispetto al disastro ucraino, sembra ancora molto lontana.
Questo articolo è stato pubblicato su Fornofilia.it il 2 ottobre 2014.

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