di Claudio Cossu
Dicevo, qualche giorno addietro, in occasione di un incidente mortale sul lavoro, all’Ilva di Taranto, di non trovare le parole, quelle giuste e appropriate locuzioni che servono a esprimere sentimenti di amarezza, di dolore ma anche di rabbia, quali reazione giustificata a situazioni di iniquità e sfruttamento. Le cercavo nel labirinto della mia mente, del mio essere più intimo e profondo, come un grido urlato nella notte, inutilmente, senza trovarle. Ma ora, dopo sole due settimane, apprendo di ben ulteriori quattro morti, vittime del lavoro a Rovigo, presso una ditta che si occupa del trattamento dei rifiuti speciali, la Co. Im. Po. di Adria, in provincia, appunto, di Rovigo.
E rimango fulminato dalla notizia, muoio anch’io con le mie speranze, il mio credo in un mondo migliore e senza più queste orribili tragedie nei luoghi di lavoro, tragedie che un Paese che si ritiene civile non dovrebbe ammettere, non dovrebbe neppure contemplare nel suo bilancio quotidiano, nel suo iter che solo tutela e sicurezza dovrebbe assicurare a chi vive di lavoro e sudore. Ma forse le parole non servono, divengono inutili, rischiano di precipitare nella più squallida banalità, di fronte a questo ennesimo dramma di morti che si accumulano, morti operaie, nell’infinitesimo incidente mortale sul luogo di lavoro, prima all’Ilva di Taranto, avvenuto il 5 settembre 2014, e ora a Rovigo con altre, sopraggiunte quattro morti di gente che voleva solo lavorare, procurarsi il giusto sostentamento e di diritto, per la vita propria e dei loro familiari.
Ancora una volta i partiti e i due rami del parlamento appaiono esistere in una galassia a se stante, lontano mille miglia dalla gente e soprattutto dai lavoratori, da chi ancora riesce a lavorare e nel lavoro trova, peraltro, la morte, relativo alto prezzo di quello che è divenuto quasi un privilegio. Inesorabilmente. Le vittime sono morte a causa delle inalazioni di acido solforico causato da una cisterna. Gli operai caduti, avrebbero tentato di soccorrere un compagno di lavoro che per primo si era sentito male e che in seguito è deceduto, dopo uno sversamento di acido solforico avvenuto mentre stava pulendo un’autocisterna.
Queste – anche se è stato aperto un fascicolo dalla procura della Repubblica – sono vittime della trascuratezza e dell’approssimazione, della carenza di vigilanza e sicurezza sui lughi di lavoro. E soprattutto di assenza di una politica di prevenzione. Ritengo che, in luogo di meditare di togliere diritti al lavoro, ora il Governo, di fronte alle Camere, dovrebbe dimostrare di avere un vero “Piano di Prevenzione per il Lavoro” e illustrare quali siano veramente gli enti preposti alla sicurezza nei luoghi di lavoro, in cosa consista la Vigilanza e quali ispezioni vengano effettuate ,in concreto, sui luoghi di lavoro.
Uno Stato di diritto deve tutelare, in via pregiudiziale, i propri cittadini, soprattutto quando sono nei luoghi di lavoro. Forse L’INAIL ci dirà, nell’annuale relazione di consueta competenza, che gli incidenti sul lavoro registrano una netta diminuzione, nel contesto – anche – dell’attuale crisi economica. Ma l’INAIL guarda gli aspetti infortunistici sotto il profilo, anche, delle malattie contratte sul lavoro, delle pratiche burocratiche aperte per l’indennizzo nei confronti dei dipendenti per incidenti lavorativi, ed è, in buona sostanza, un istituto assicurativo, e non ha certo specifica competenza sull’igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Comunque, come sopra accennato, nel 2012 le vittime sul lavoro sono state 790 (settecentonovanta) – ha riferito tempo addietro l’INAIL – con una diminuzione che sfiora il 30% rispetto al 2008 (1.110 casi di morte) – fonte: “La Stampa” del 10 luglio 2013, che riporta i dati presentati alla Camera dal Presidente dell’Istituto, Massimo De Felice – e le denunce di infortuni (denunce, da verificarsi dunque) 745.000 (744.916 per l’esattezza) con un asserito calo del 6 % rispetto al 2011 e del 27 % sul 2008. ” Prosegue il trend decrescente ! ” C’è proprio da rassicurarsi…
I decessi sono stati, inoltre, 1.583 nel 2012, il 27% in meno rispetto all’anno 2008. Ma ancora si muore di lavoro, come ieri e come sarà ancora, se non si provvede in maniera adeguata. Anche se Marina Sereni, Vicepresidente della Camera, abbia ammesso che ” troppe sono ancora le difficoltà “. Una vera e concreta politica di prevenzione, questa la prima mossa per una reale riforma del lavoro, per un vero “Jobs act ” utile nei confronti dei lavoratori e del Paese.