Violenza sulle donne: aspettando il 25 novembre (e il cambiamento del mondo)

22 Settembre 2014 /

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Violenza sulle donne - Immagine dell'Anpi
Violenza sulle donne - Immagine dell'Anpi
di Nunzia Catena
C’è una guerra al mondo che non ha mai fine, né tregue, né pronti organismi di pace che si attivano perché cessi. È la guerra degli uomini contro le donne; la guerra più estesa in tutto il mondo; essa si manifesta con molte varianti, ma nessuna di queste, lo sappiamo, esclude la violenza fisica, prima di tutto, e psicologica.
È talmente presente il fenomeno della violenza alle donne da parte degli uomini (fonti ufficiali informano che il 70% delle donne ne è vittima), talmente brutale, che diventa difficile non generalizzare parlandone, per cui perdonerete il plurale “uomini” usato onnicomprensivamente, anche se, ovviamente, parte del mondo maschile è esclusa da questa generalizzazione.
Non sappiamo se in certi stati occidentali sono state veramente le difficoltà economiche a far riacutizzare la possessiva violenza maschile (non dimentichiamo che il delitto d’onore in Italia, per fare un esempio, non è un passato così lontano), o piuttosto il cambiamento della vita imposto con ritmi e aspettative sociali più alti (a cui forse le donne sanno rispondere meglio), o qualcos’altro che negli ultimi trent’anni è più sottilmente legato a fattori quali non aver svolto un ruolo educativo con le generazioni, inteso come educazione al rispetto, non solo delle donne, ma dell’ambiente, del pensiero altrui, delle istituzioni, ecc.. Oppure è sempre, ed ancora, in occidente come nei paesi “in via di sviluppo”, l’incapacità primordiale a considerare la donna come essere uguale all’uomo, e con gli stessi diritti, a scatenare violenze di ogni specie.

Comunque sia, dovunque si viva, troviamo tanti “dio” del male, che senza pietà, ed in assenza di un benché minimo senso morale, si considerano legittimati ad usare violenza contro le donne. E questo è l’altro punto decisamente dolente: la legittimazione e la giustificazione che, spesso, c’è da parte di Stati e Governi della odiosa violenza verso le donne.
E allora ben venga l’istituzione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne decisa dall’Onu per il 25 novembre. Mi chiedo, però, se questa decisione dell ‘ONU significhi solo voler essere azione di sensibilizzazione al problema, comunque sempre necessaria, oppure, che ogni 25 novembre deve essere l’occasione per chiedere ai Paesi del mondo di rendere conto di quanto e cosa fanno per chiudere questo debito nei confronti della propria cittadinanza femminile, e così tutelare più di metà degli umani del pianeta.
Non so, di certo le Autorità dell’Onu e di altre Istituzioni internazionali, per contrastare il fenomeno della violenza alle donne, hanno messo a disposizione cospicui fondi di denaro di cui i Paesi devono dare riscontro sul loro uso. Intanto possiamo anche noi fare un piccolo bilancio di cosa è successo in questo anno dal 25 novembre scorso. Personalmente ho registrato, a Bologna, molte iniziative messe in campo
(sicuramente qualcuna mi sarà sfuggita mentre altre sono già meritoriamente in essere da anni, prima della decisione dell’Onu) e voglio riportarvele velocemente. Chiarisco che non è un elenco né cronologico, né di importanza, ed esclude altre proposte, magari collegate, ma non specifiche sul tema violenza:

  • Video prodotto dalle studentesse e dagli studenti del Liceo Minghetti (con l’Associazione Progetto Alice);
  • Festival sulla violenza alle donne (a cura della Casa delle Donne);
  • Legge quadro della regione E.R. contro gli spot sessisti;
  • Seminari specifici a cura di: Associazione Giuriste e Associazione Maschile/Plurale;
  • Seminari sugli Studi di Genere a Lingue nell’ambito dell’omonimo Dottorato Europeo;
  • Lo sciopero delle donne promosso anche dai sindacati;
  • Corso di studi specifico alla Scuola di Lettere e Filosofia.

Non possiamo dire ora se nel futuro anche il 25 novembre subirà una trasformazione più commerciale e sarà risucchiato in una specie di abitudinario otto marzo (l’anno scorso ho già visto spille, nastri rossi, adesivi, eccetera. E ho visto, con orrore, un paio di negozi in centro a Bologna, di cui non faccio nomi, che hanno offerto alle donne sconti in occasione del 25 novembre ! Dichiarando che erano sconti a sostegno della campagna contro la violenza sulle donne, quindi nessun equivoco, solo pessimo gusto e offuscamento della mente nel promuovere questo tipo di messaggio, cioè la compensazione materiale a fronte di un così grave problema. Della serie: se gli uomini vi picchiano,vi stuprano, vi riducono psicologicamente in niente, noi vi consoliamo con un acquisto scontato ! Si sa,avranno pensato, un paio nuovo di scarpe, o un vestito, o….., non risolve, ma aiuta !! anche a vendere….), ma di certo il corso di studio promosso dalla Scuola di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna ha il merito di distinguersi da tutte le altre iniziative per il suo sguardo lungo e per il suo tratto distintivo di educazione civica, oltre che di formazione vera e propria.
E proprio per questo motivo sono andata all’apertura del corso; successivamente, dopo l’ultima lezione, ho incontrato le due responsabili del corso, la professoressa Annarita Angelini e la professoressa Valeria Babini, che mi hanno cortesemente concesso un’ intervista su questa loro prima esperienza, della quale vi rendo un breve sunto.
Parte 2° – L’INTERVISTA
Il numero 38 di via Zamboni ci ricorda che siamo nel cuore della zona universitaria di Bologna e che siamo nella Facoltà (Scuola) di Lettere e Filosofia dove, il 25 novembre 2013, giornata contro la violenza sulle donne, si è aperto un vero corso di studio proprio su questo tema. Tra l’altro il primo in Italia, se nessuno mi contraddice. Incontro la prof.ssa Angelini e la professoressa Babini, ideatrici e curatrici del corso di studio, alle quali chiedo di raccontare com’è andata.
Intanto, spiegano, non si è trattato di una serie di seminari tenuti all’università a completamento o a latere dello studio di una materia, ma di un vero e proprio percorso formativo autonomo che ha seguito i canoni accademici dei tempi(iniziato simbolicamente il 25 novembre, ha chiuso le lezioni il 28 maggio) e dei crediti.
La partecipazione degli studenti è stata davvero alta (più di duecento studenti di media a lezione), anche di studenti inizialmente non iscritti al corso che si sono avvicinati successivamente per l’interesse suscitato. Interesse che si è esteso pure a cittadini o gruppi di cittadini che volevano partecipare agli incontri; alla fine il numero di richieste era tale che è stato deciso di registrare le lezioni e di divulgarle su You Tube, in modo da renderle accessibili a tutti il più possibile.
Naturalmente le docenze erano di altissimo livello, con nomi di prestigio, e ciò a contribuito a darne risonanza, ma l’affluenza non è mai stata ridotta su nessun incontro. I docenti con le competenze necessarie, riferiscono le professoresse Angelini e Babini, erano quasi tutti esterni all’Università di Bologna, perché su tale filone di studio è difficile perfino a Bologna trovare tutta l’expertise richiesta. A dimostrazione che della violenza sulle donne non c’è mai stato poi un gran lavoro di analisi e ricerca. Quindi sono stati chiamati a raccolta giuristi, sociologi, psicologi, storici, operatori di centri antiviolenza, giornalisti, perfino attori, e anche docenti stranieri, per uno studio comparativo; sono stati proiettati film, commentati articoli di giornali e recitati testi, insomma un’operazione complessa, tenuta insieme dal filo dell’insegnamento.
Le curatrici, inoltre, dichiarano che hanno registrato che l’importanza di questo nuovo percorso di studio non si è vista solamente nella sua trasmissione di conoscenze teoriche, ma anche nella pratica, ovvero, è servito ad aprire discussioni approfondite fra gli studenti e a tracciare posizioni personali precise, segno di una presa di coscienza reale delle difficili situazioni in cui si possono trovare le donne, ma anche a far istituire un bando con una borsa di studio di 2.000 euro per progetti su “Come contrastare la violenza di genere”. La borsa di studio, per la quale la domanda scade proprio a settembre, è destinata ad un lavoro da svolgere in coppia (studenti di entrambi i sessi) ed è rivolta solo a coloro che hanno seguito il corso.
Le professoresse Angelini e Babini dichiarano che anche per l’anno accademico 2014/15 verrà istituito lo stesso corso, pur con tutte le difficoltà economiche già riscontrate l’anno scorso (le Università hanno sempre meno fondi) e che ci sono ancora, anche se uno sponsor privato si è fatto avanti. Nel nuovo programma di studio ci saranno alcune differenze, e sicuramente più attenzione sui temi delle “Identità di genere” e all’indagine sulla “Psicologia della Violenza”.
Visto il successo e le richieste probabilmente si cercherà di registrare le lezioni, forse in diretta, e di regalare poi le registrazioni a chi ne fa richiesta, alle scuole, in particolare. Ma si cercherà anche di coinvolgere i media nel trasmettere il messaggio contro la violenza, nel far parlare di diritti umani, di non minimizzare i fatti di violenza contro le donne, quando accadono.
L’obiettivo in fondo non è solo quello di sensibilizzare, ma di aiutare le persone a capirsi, a scavare le ragioni della violenza sulle donne. Ho chiesto quale fosse stata la lezione che aveva riscosso maggiore successo e la risposta è stata che era quella sull’Incapacità di Amare. Non è poi forse il vero problema dell’umanità?

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