Valutiamo, sempre valutiamo, fortissimamente valutiamo

11 Settembre 2014 /

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Leibniz, Spinoza, Cartesio
Leibniz, Spinoza, Cartesio
di Maurizio Matteuzzi
Certo oggi, soprattutto dalla gestione renziana, si fa una notevole fatica a capire che cosa sia di origine e volontà berlusconiano e che cosa sia invece il valore aggiunto del partito democratico. E non mi azzardo ad usare termini come “destra” e “sinistra”, per non suscitare il solito inutile vespaio. E poi “sinistra” non si usa neanche più; nella mia città c’è un cantiere, c’è un passaggio obbligato, e c’è un cartello: “pedoni a destra”. Ho avuto la curiosità di rifare il tragitto in senso contrario, tanto per vedere scritto “sinistra”. Ebbene, c’era scritto: “pedoni sul lato opposto”. Vabbe’.
Comunque sia, l’esplosione di un vero e proprio delirio valutativo è ora ben consolidata, e universalmente condivisa, qualsiasi sia stato il padre, che, come recita l’adagio, non è certo. E se facessimo la prova del DNA, be’, temo fortemente che verrebbero uguali. La madre invece è certa, ma temo non sia ammesso il turpiloquio che mi servirebbe.
È in ogni caso scoppiata la bolla valutativa. Sul piano dell’università, valutiamo gli atenei, valutiamo le strutture interne, i dipartimenti, i dottorati, i professori…; adesso abbiamo la VQR, l’ANVUR, l’accreditamento dei corsi di studio, e così via. Lo stesso è stato annunciato, con i soliti toni epocali (sono almeno dieci anni che i nostri politici fanno esclusivamente cose epocali, mai niente di normale) anche per la scuola. Meritocrazia, cavolo.

Noterò in parentesi che vi sono alcune categorie che sfuggono alla regola: per esempio, i politici che hanno fatto la regola. Ve l’immaginate dovere valutare, che so, la Gelmini per dirne una a caso?
Ma, dato che alla “bolla valutativa” ci siamo dentro, varrà forse la pena di fare qualche considerazione generale. Non che manchi letteratura, su questo tema, anzi, siamo letteralmente subissati. Ma si tratta prevalentemente di analisi tecniche, come ad esempio quelle, spesso pregevoli, di roars e dei suoi autori. Viceversa, io qui vorrei mettermi da un punto di vista, mi sia consentito, più generale, o, sia venia all’audacia, filosofico.
A chi abbia fatto studi di filosofia, a proposito della valutazione, non può non venire naturale il concetto di giudizio, e la sterminata letteratura su di esso. Ma, se dobbiamo scegliere un luogo solo, e certo dobbiamo, dato lo spazio, non possiamo non privilegiare la Urteilskraft. Vediamo in sintesi, ovviamente estrema, cosa dice Kant.

  • Ci sono giudizi “determinanti”. Sono quelli che rispondono a un codice. La loro applicazione è algoritmica, o deterministica. Il codice dice: non puoi fare x, tu fai x, sei sanzionabile;
  • C’è poi il giudizio “riflettente”. Non esiste un codice. Ad esempio, il giudizio estetico. Il giudizio deve essere quindi “autonomo”, non “eteronomo”, non prende norma dall’esterno. Decidi se una cosa è “bella” guardando la cosa, non un manuale. Con la complicazione che i “vizi” de “i vizi e le virtù” di Giotto sono belli perché sono brutti… Ma lasciam stare;
  • Il giudizio “teleologico”, o rispetto alla finalità, che conferisce il senso alla cosa. Estremamente utile nella ricerca scientifica, per Kant; qui possiamo prescinderne.

Adesso la domanda è: che giudizio si può dare sull’insegnamento di un professore? Determinante? Sì, certo, per alcuni minimi tratti: numero di ore, ad esempio. Poi, come facciamo se in cattedra c’è Leopardi?
Ma forse gli amici scienziati non gradiscono l’approccio, e allora prendiamo la via della matematica. Qui dirò cose banali per gli addetti ai lavori, cui chiedo pazienza. Una misurazione presuppone uno “spazio metrico”. Entro il quale, cioè, si possa definire il concetto di “distanza”. Si devono dare quindi le seguenti condizioni, detta D la distanza:

D(x, y) >= 0;
D(x, y) = 0 comporta che x = y;
D(x, y) = D(y, x);

Deve valere poi la disuguaglianza triangolare:

D(x, y) =< (D(x, z) + D(z, y).

Adesso giochiamo un po’. Che distanza c’è tra Leibniz e Spinoza? La distanza tra Locke e Kant è comunque maggiore che la somma tra la distanza tra Locke e Fichte, e quella tra Fichte e Kant?
Ora che ci siamo fatti quattro risate (intendiamoci, potevamo mettere i nomi di alcuni colleghi anziché di monumenti della cultura, sarebbe stato lo stesso), vogliamo parlare seriamente? Quanto vale, come si misura il teorema di Goedel, o la teoria della relatività? Fare calcoli, mediane, h-index e cavolate simili in uno spazio non metrico ha lo stesso senso che chiedersi se è più pesante il piombo o più dolce lo zucchero. Fate pure, è roba da politici: uno scienziato non si presterebbe mai a simili buffonate.
Questo articolo è stato pubblicato su Inchiesta Online il 9 settembre 2014

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