di Noemi Pulvirenti
Che la cultura, sia un bene ormai non più di competenza pubblica ma privata è risaputo. Infatti, la maggior parte dei servizi di guardiania o book shopping sono ormai di appannaggio di cooperative e ditte, ma che cosa succede se si pubblica un bando di gara che appalta anche i servizi didattici?
È ciò che succede a Bologna. Il 7 aprile, è stata pubblicato un disciplinare che prevede un bando di gara sia per i servizi di guardiania, book shopping e sala che per i servizi didattici, per i quali, s’intende l’inventario, la biblioteca, l’organizzazione di mostre ed eventi, la comunicazione e il trasporto di opere. I musei coinvolti da questo disciplinare sono quelli comunali, ossia: il Museo Civico Archeologico, il Museo Internazionale e Biblioteca della Musica, il Museo del Patrimonio Industriale, il Museo Morandi, il Museo per la Memoria di Ustica, il Museo Medievale, il Museo del Risorgimento e il Museo per la Memoria di Ustica.
Nessuna ricognizione interna per verificare l’esistenza di figure in grado di ricoprire questi ruoli, e quindi sorge spontaneo chiedersi: perché? Si parla di risparmi, ma senza considerare che questo bando (della durata dal 2014 al 2017) potrebbe mettere a repentaglio 112 posti di lavoro, di persone che lavorano nel pubblico da anni e che contribuiscono a rendere fruibile ai cittadini la vita non facile dei musei, colpiti dalla crisi e spesso senza i fondi necessari per poter restaurare le proprie opere.
Lo Stato, impersonato dal Comune resta proprietario, per ora, dei beni museali, mentre ne affida la gestione a privati: come garantirà la qualità dei servizi, l’impegno di collaboratori qualificati e soprattutto motivati, essenziale per fornire agli utenti un’assistenza idonea, basta pensare alla fruizione dei musei da parte delle scuole. Quale cura sarà garantita dell’immenso patrimonio pubblico, se la logica di chi vincerà l’appalto sarà magari soprattutto quella di “stare nei costi”? Come verrà scelto il personale da queste aziende?
I dipendenti comunali hanno iniziato ufficialmente la loro protesta il 1 giugno con la manifestazione in Certosa chiamata “Mi rivolto nella tomba”, a cui è seguita la creazione di una pagina facebook e la petizione online PubblicaMenteMusei su Change, che ha raggiunto 1000 firme in pochissimi giorni.
Dopo l’appuntamento in Certosa del 1 giugno, i Lavoratori Autorganizzati dell’Istituzione Bologna Musei replicano. Avrà luogo giovedì 19 giugno alle ore 17 “Storie di Piazza” in occasione della giornata di Sciopero del Pubblico Impiego, nel cuore della città, in Piazza Maggiore, per un racconto collettivo di vicende che, in epoche diverse, hanno avuto luogo nella piazza e nei suoi dintorni. Momenti importanti per la storia di Bologna e per la costituzione del suo patrimonio culturale.