I precari: un problema che si è diffuso come un'epidemia

6 Maggio 2014 /

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di Marino Magno, circolo del Manifesto di Avellino
La precarietà nel nostro Paese, ma anche in tanti paesi d’Europa, è l’elemento che accomuna una parte sempre più grande di popolazione. Da noi si potrebbe quasi dire che è l’elemento che “unifica” davvero tutta l’Italia, anche se l’accentuazione della precarietà nel nostro Mezzogiorno è sotto gli occhi di tutti.
Possiamo quindi dire, anche alla luce dei dati snocciolati nella recente relazione di Maurizio Landini al congresso della Fiom – 26 milioni di disoccupati e 43 milioni di poveri in Europa -, che il grande problema della precarietà abbraccia ormai tutta l’Europa e costituisce, oltre che un dramma, un’occasione di “unificazione” politico-sociale per i popoli europei.
Dunque comincia a diventare imperativo categorico intervenire sulla precarietà non solo in Italia ma anche in Europa. In riferimento, ad esempio, al reddito minimo di inserimento, siamo gli unici in Europa a non averlo, pur non mancando disegni di legge, a partire da quelli di SEL, Pd e M5S. Addirittura, pur essendo stata approvata all’unanimità alla Camera una mozione presentata da Sinistra Ecologia e Libertà, abbiamo assistito a un paradosso tipicamente italiano: dopo, non è successo nulla.

E, ovviamente, pur presentando una “quattordicesima” (coperture permettendo) in busta paga e proposte devastanti come il contratto a termine e l’apprendistato, un accenno al problema non esiste neppure tra le molte enunciazioni di Matteo Renzi. Invece sulla precarietà è davvero urgente e necessaria una grande svolta.
Lo sforzo da fare, insomma, è costruire un’aggregazione forte fra soggetti deboli, mettendo al centro della lotta l’abbattimento delle sperequazioni fino a superare una volta per tutte le disuguaglianze che sono il risultato disastroso dell’attuale situazione sociale e politica. Tra l’altro, non dimentichiamolo, sono gli economisti di vario orientamento politico a ricordarci che la crisi del ’29 fu il risultato di forti disuguaglianze sociali.
Dopo la sciagurata abolizione del Ministero della coesione territoriale da parte dell’attuale governo, la scelta di introdurre il reddito minimo garantito anche da noi, rappresenterebbe una inversione di tendenza: una riduzione del divario nord-sud (Avellino sarebbe molto meno lontana da Bologna, per intenderci), oltre a risultati sul terreno della legalità e della riduzione del lavoro nero.
Una significativa redistribuzione della ricchezza che aumenterebbe il livello di civiltà nel nostro paese.

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