di Valentino Parlato
Karol, dopo una dolorosa malattia, ci ha lasciato. Dopo quella di Lucio Magri un’altra perdita gravissima, direi incolmabile. Karol per me, ma per molti di noi del manifesto, è stato più che un maestro, direi un dirigente politico e culturale.
Di Karol è stata d’altronde l’unica firma, insieme a quella di Luigi Pintor, che presentava il giornale, del primo numero del manifesto il 28 aprile 1971 in una corrispondenza «dalla prima base rossa di Mao» e con quello che chiamavamo il sommarione: «Nelle risaie del Kiangsi a colloquio con i contadini sulla guerra indocinese e i rapporti con l’America».
Ricco di una straordinaria esperienza formatasi già nel corso della seconda guerra mondiale e della sua vita di intellettuale militante tra la Polonia, l’Urss e la Francia, ripeto, è stato un maestro di politica e anche di vita. Ho cominciato a conoscerlo attraverso i suoi scritti sul Nouvel Observateur ma poi quando è venuto a Roma avendo sposato Rossana Rossanda il rapporto era pressoché quotidiano. Scriveva per il manifesto ma anche ci aiutava nella nostra scrittura. La sua cultura e la sua esperienza internazionale erano straordinari. Karol conosceva il mondo. Era stato a Cuba, aveva incontrato Fidel Castro che successivamente non esitò a criticare.
Viaggiò in Cina ai tempi della Rivoluzione culturale per analizzare e raccontare il complesso processo in corso. I suoi articoli facevano crescere la diffusione del giornale poiché posso dire senza falso orgoglio che il nostro piccolo manifesto di appena 4 poi 8 pagine era uno dei pochi nel panorama italiano a dar conto della situazione internazionale. Nel 1994 il manifesto raggiunse la vetta delle 50.000 copie quotidiane. Se oggi, per ricordarlo e soprattutto per farci ricordare quel che questo giornale è stato, pubblicassimo tutti gli articoli che Karol ha scritto per il manifesto, ne verrebbe un libro di straordinario interesse sul quale riflettere per trarre dal passato, come insegnava Karol, propositi per il futuro in questa tremenda crisi che ci colpisce.
Karol studiava bene come solo sanno studiare le persone impegnate nella vita, nella cultura, nella politica non per primeggiare ma per agire, per tentare di cambiare questo nostro crudele mondo. È una giornata assai triste ma può essere uno stimolo a leggere o rileggere i suoi scritti e i suoi libri da La Polonia da Pilsduski a Gomulka allo straordinario Solik, la sua biografia, non priva di umorismo, che scorre lungo il tratto più drammatico dalla storia d’Europa, di lui, giovane polacco coinvolto nella seconda guerra mondiale che combatte nell’armata rossa poi attraversa l’Unione sovietica dalla Siberia alla Crimea.
Non ho parole per esprimere a Rossana Rossanda, che ero andato a trovare a Parigi appena mercoledì, tutto il mio affetto. E voglio rinnovare in questa dolorosa circostanza la volontà, che spero di non tradire, di proseguire insieme a lei nel suo impegno.
Questo articolo è stato pubblicato su il manifesto il 10 aprile 2014