dell’Associazione di volontariato in cammino verso
Siamo un’associazione di volontariato formata da familiari, pazienti e operatori per persone segnate dal disagio mentale. Siamo nati nel 1999. Il nostro territorio è nella pianura bolognese e una volta al mese ci troviamo in assemblea per discutere progetti e prospettive. Facciamo parte dell’Unasam. Perché chiediamo parola?
I tagli a cui è stata sottoposta la sanità dai diversi governi che si sono succeduti negli anni hanno indotto le Regioni, i direttori generali e i dirigenti dei vari dipartimenti a procedere a riorganizzazioni del settore finalizzate al risparmio. Ed ecco allora che abbiamo assistito a privatizzazioni, esternalizzazioni, chiusure di servizi e accorpamenti.
Tutto ciò è avvenuto anche nel dipartimento di salute mentale (Dsm) con alcune specifiche azioni nella riabilitazione indirizzando i tagli anche nei progetti socio-sanitari interni al progetto terapeutico personalizzato, sviluppatisi negli ultimi 20 anni come interventi di sostegno alla cura per salvaguardare la dignità della persona e garantire un avvicinamento alla socialità e all’inclusione.
Ad esempio la riorganizzazione delle cosiddette “borse lavoro” nei fatti hanno significato una diminuzione sia numerica che economica creando in alcuni casi ulteriore impoverimento dei familiari, oltre a difficoltà nostre a gestire situazioni sempre più deteriorate. Questa situazione ci ha spinti a prendere posizione pubblica in riferimento a un’ulteriore riorganizzazione nel settore “riabilitazione” e nell’assemblea tenuta dello scorso 14 febbraio abbiamo deciso di pubblicare alcune nostre considerazioni.
Il Dsm di Bologna ha emesso un bando, a fine dicembre 2013, per una gara d’appalto al massimo ribasso per 7 milioni e 213 mila euro, iva esclusa, per un biennio (3.606.513 euro-anno). Il tuto sarà destinato a 700 budget da utilizzare in progetti personalizzati riabilitativi di salute mentale (definiti congiuntamente Dsm-appaltatore). Cosa si finanzia? Soluzione abitative, socializzazione e inserimento lavorativo, tutte attività considerate di interesse sanitario.
In pratica si tratta di un affidamento a soggetti giuridicamente privati che non hanno come mission la “cura” del 10% circa degli utenti in cura al Dsm, cioè di quelli con patologie medio-gravi (utenti dei servizi sanitari in gravi difficoltà a fare valere i propri diritti in materia di cure sanitarie). Di fatto siamo di fronte a un processo di privatizzazione in psichiatria su vasta scala e in modo organizzato.
I tagli e le riorganizzazioni già attuate hanno generato a nostro avviso (ma noi lo abbiamo anche patito sulla pelle) guasti profondi: centri di salute mentale sottodimensionati, strutture e comunità spesso inadeguate, costrette a ridurre il personale o ad avvalersi di personale sempre meno qualificato. Immaginiamo quindi una gara al ribasso quali ulteriori danni possa causare. Il primo segnale di questo processo è iniziato nel periodo 1995-2002 in forme disorganizzate con la costituzione delle comunità psichiatriche (in genere srl con l’obiettivo di guadagno in tale tipo di attività); anche in questo caso un numero considerevole di utenti dei servizi psichiatrici è stato affidato a queste strutture.
Ora si cambia, da quanto si è capito le comunità hanno prodotto cronicità, aumento dei costi per il sistema sanitario e, in alcuni casi, interventi della magistratura. Sarebbe necessario, dopo circa quarant’anni di psichiatria sul territorio, approfondire come si è arrivati a tale situazione. Da quanto si è intuita (la Regione e i Dsm potrebbero dare i dati in forme più precise) la psichiatria territoriale, dopo la fattiva chiusura dei manicomi in Emilia Romagna, ha prodotti risultati positivi per circa un terzo degli utenti, per un altro terzo i risultati non sono stati soddisfacenti e per l’ultimo terzo i risultati sono stati completamente negativi. Quindi su questi pazienti si è proceduto con un aumento dei farmaci psichiatrici, inseriti poi con alterne vicende nelle comunità e ora oggetto dell’intervento del bando sopra detto.
Lo stesso progetto dovrebbe essere sottoposto a verifica, ovviamente in forme aggregate, e non dovrebbe essere utilizzato a giustificazione di cure non appropriate utilizzate in periodi precedenti. È noto, supportato da dati scientifici, che un uso prolungato degli psicofarmaci produce danni irreparabili alle persone che sono oggetto di trattamenti. Dunque è necessario che siano definiti indicatori di risultato rispetto alle cure psichiatriche e protocolli nell’utilizzo degli psicofarmaci affinché siano utilizzati il minimo indispensabile.
Infine è necessario aprire una discussione tra tutte le parti interessate per capire, sulla base dell’esperienza svolta, quali sono gli interventi psichiatrici da abbandonare perché inutili e dannosi e quali sono da sviluppare in quanto hanno dato esito positivo. Vorremmo inoltre sottolineare che l’Associazione si è posta verso le istituzioni ed i servizi non in maniera conflittuale, ma con modalità interlocutorie e in alcune situazioni di vera e propria collaborazione. Siamo tuttora disponibili alla collaborazione, vorremmo però che fosse colto il senso del nostro prendere parola e il sentimento di solitudine che spesso ci coglie.