Imola: c'è chi sfratta e chi si infratta (per non vedere)

13 Dicembre 2013 /

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di Leggi la notizia
“È muffa questa?” chiede X a me e al fotografo. “Certo” rispondiamo. Insiste: “Voi fareste vivere due bambini piccoli qui dentro?”. Scuotiamo la testa. “Il rappresentante del padrone di casa, la Curia, dice che questa casa è a posto. Non ci sono lavori da fare dice lui e oggi vogliono sfrattarci”. X è un immigrato. Non scriverò il suo nome per una sorta di “par condicio” visto che il rappresentante del padrone di casa (la Curia appunto) e l’ufficiale giudiziario (una donna) non mi hanno voluto dire i loro anche se hanno voluto che io mi “qualificassi”.
Tutto inizia alle 8 del 10 dicembre, uno dei giorni più freddi dell’anno e – guarda il caso – la giornata nella quale si ricordano i diritti umani (e nel pomeriggio a Imola un po’ di persone dedicheranno un corteo con tamburi e letture ad Emergency e alla memoria di Nelson Mandela). Sono davanti al Duomo, al numero 4 della piazza omonima, proprio di fronte alla più imponente Chiesa di una città che può vantare molti papi ma anche anarchici, socialisti, partigiani. Con Marco – il fotografo – faccio un giro nella casa di X. Ci mostra un foglio del servizio sanitario: protocollo 40449 del 12 ottobre 2011, due anni fa dunque. In sintesi: “Visto il sopralluogo risulta anti-igienico”. Eppure qui abitano X, la moglie, una bambina di 5 anni e un bimbo appena nato.
Dietro la porta d’ingresso muffa e nero. Una delle finestre non è solo umida: addirittura è bagnata come se piovesse. Una stanzetta sembra a posto ma il resto appare da rifare, a partire dalla stanza da letto e ancor più dal gabinetto.

“Sono qui dal 2009, prima con mia sorella e poi da solo” racconta X: “ho un lavoro, sono in regola ma non ho abbastanza soldi per trovare un alloggio con i prezzi di Imola. E poi molti non affittano a stranieri, si sa”. “Perché lo sfratto?” chiedo a X. “Non hanno voluto fare i lavori e io detto che se non sistemavano la casa non pagavo 373 euri al mese per un buco simile”. Da qui lo sfratto.
Continuiamo a parlare aspettando l’ufficiale giudiziario che oggi, si prevede, arriverà con le forze dell’ordine. Prima dell’ordine costituito però arriva la solidarietà. Qualche attivista di Asia (associazione inquilini e abitanti) del sindacato Usb è venuto da Bologna e poi, alla spicciolata, ecco una ventina di ragazze e ragazzi della Brigata 36 di Imola, una sorta di centro sociale che ha sede in via Riccione e che ha convocato questo picchetto con un comunicato.
Sull’uscio del portone anche un quintetto di immigrati in appoggio a X. “La vostra famiglia è nelle liste per gli alloggi popolari?” chiedo a X. “Sì, al numero 343” risponde. C’è una verità a Imola nota ma di solito taciuta: il Comune ha molte case vuote ma sostiene di non avere i soldi per sistemarle. Alcune associazioni – a esempio Trama di terre – da tempo insistono che il Comune potrebbe fare un patto con le famiglie sfrattate concordando con loro i lavori (in cambio di uno sgravo sull’affitto) in alloggi popolari come si fa in altre città. Risposta non pervenuta.
Federico Orlandini della Usb di Bologna racconta che, freddo o no, a Bologna si sfratta: il Comune non è razzista, italiani o stranieri si cacciano tutti i colpevoli di “morosità” – parola che forse significa “povertà” – ma questo pare non interessare le amministrazioni né sotto le Due torri né qui a Imola.
Ed ecco l’ufficiale giudiziario accompagnato da un po’ di “giacche blu” della polizia e da un funzionario della Digos. Dopo che mi sono qualificato come giornalista mi dice che le dispiace di questo picchetto, dei fotografi. “Non è mica una storia di cowboy e indiani” sostiene: “con i cattivi da una parte e i buoni dall’altra”. Chissà se nella sua visione del mondo i cow boy erano i buoni.
Fa il suo dovere – o così sostiene – l’ufficiale giudiziario però è molto netta anche su giudizi che tecnicamente non le competerebbero. “C’è un po’ di umidità in casa perché non aprono mai le finestre”. E ancora: “Colpa sua se vuole stare qui, se si preoccupasse dei figli andrebbe altrove”. Insiste: “Non scrivete il mio nome, non fotografatemi”. E quanto allo sfratto: “È lui che deve farci una proposta”. Poi: “E’ uno che fa il furbo, finge di non capire l’italiano”.
Parte un comizio: “Qui a Imola non si mette nessuno per strada”. Obietto che mi risulta il contrario. Insiste l’ufficiale (o ufficialessa che dir si voglia): “Mettiamo la donna e i bambini in un alloggio d’emergenza per qualche giorno e lui si fa ospitare, poi vedremo”. Chiedo se è giusto separare un padre dai figli e azzardo che forse il Comune dovrebbe dare qualche garanzia in più sui tempi. Alla fine l’ufficiale si arrabbia anche con me e se ne va.
Però la mobilitazione ha sortito i suoi effetti. Si discute, si tratta. Intanto alcuni immigrati si avvicinano e mi dicono: “Ci credono ignoranti ma noi sappiamo che le leggi italiane non consentono di buttare i bambini in strada come vogliono far qui. E poi siamo uniti”.
L’ufficiale giudiziario fa qualche telefonata, forse anche all’assessora, Barbara La Buono. Ma io sono stato etichettato come un giornalista “cattivo” e non vengo ammesso a sentire.
Verrò poi a sapere da Orlandini (della Usb) che lo sfratto è rinviato a fine gennaio e che nel frattempo si cercherà una soluzione. Una decisione che non entusiasma ragazze e ragazzi di Brigata 36 che, nel pomeriggio, lanceranno in rete un comunicato critico. Su un punto di certo hanno ragione: davanti alla crisi e ad amministrazioni locali e nazionali prive della volontà di bloccare gli sfratti e predisporre fondi a sostegno delle politiche abitative, sempre più persone perderanno i diritti basilari.
I comunicati
Martedì 10 dicembre alle ore 8.00 gli attivisti di AS.I.A. USB e del centro sociale Brigata 36 saranno a Imola, in piazza del Duomo 4, per bloccare uno sfratto per morosità. Questo problema, dilagante in tutta Italia, colpisce ogni anno centinaia di migliaia di famiglie, che, colpite dalla perdita del lavoro, dal rincaro delle tariffe, dalla privatizzazione dei servizi non riescono più a sostenere un affitto. La legge sul mercato degli affitti, unita all’inadeguatezza delle politiche abitative che le Amministrazioni Locali possono mettere a disposizione, porta tantissime persone a vivere in una situazione di precarietà abitativa, fatta da strutture dei servizi sociali, ospitalità da conoscenti, nuclei famigliari costretti a dividersi.
Ma durante questi mesi abbiamo provato a cambiare la rotta. Il 18 e il 19 ottobre a Roma, il 29 e 30 novembre con manifestazioni in tante città d’Italia, abbiamo richiesto al Governo e alle Amministrazioni Locali il blocco degli sfratti e l’utilizzo di fondi a sostegno delle politiche abitative.
In piazza del Duomo martedì 10 dicembre un nucleo familiare subirà uno sfratto: con l’Amministrazione Comunale impossibilitata a trovare soluzioni, ci opporremmo all’esecuzione dello stesso.
Troppa gente senza casa, troppe case senza gente.
Per noi è ora di dire basta.
di AS.I.A. Usb e Brigata 36
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Stamattina, 10 dicembre 2013, il C.S.A. Brigata 36 e il sindacato AS.I.A.-U.S.B. con il supporto del Network Antagonista Imolese, dell’Associazione Trama di Terre e di altre persone sentitesi coinvolte, hanno presidiato davanti all’abitazione di una famiglia sotto sfratto in Piazza del Duomo, 4. L’abitazione, di proprietà della Diocesi di Imola, è in condizioni malsane, con le pareti completamente annerite dalla muffa. Anche se siamo stupiti/e che la Diocesi alloggi le persone in case del genere, comprendiamo perfettamente che molte famiglie accettino simili condizioni pur di non rimanere senza un tetto.
Il picchetto era finalizzato ad evitare l’esecuzione dello sfratto che, grazie alla presenza di una ventina di persone solidali, è stato rinviato a fine gennaio.
Naturalmente l’obiettivo di noi presenti non era il rinvio: quello che vogliamo è far sì che la famiglia abbia una soluzione abitativa non precaria, dignitosa, senza che il loro nucleo familiare venga necessariamente diviso.
La soluzione prospettata dalle istituzioni è, come sempre la medesima, ossia sistemare per un periodo limitato madre e bambini presso una struttura e lasciare il padre abbandonato a se stesso.
Ci chiediamo perché delle persone debbano ritrovarsi in mezzo alla strada oppure sballottate tra una struttura e l’altra quando a Imola ci sono più di cento case comunali sfitte, vuote e pronte per essere abitate.
La questione abitativa è pressante, infatti, anche nel nostro comune, la chiusura di numerose aziende, la crisi economica e l’aumento degli affitti in seguito alla liberalizzazione degli stessi, ha messo in ginocchio moltissime persone. Recentemente l’ACER ha costruito in zona Montericco una palazzina con alloggi popolari e nel totale silenzio e disinteresse dell’amministrazione comunale, ne ha messi in vendita una parte. Dunque è più importante lucrare sui diritti fondamentali delle persone, come quello all’abitare, piuttosto che garantire che tutti/e abbiano un tetto sulla testa.
Se la crisi economica rende la nostra vita sempre più difficile, le istituzioni la distruggono letteralmente: davanti ad amministrazioni locali e nazionali prive della volontà stessa di bloccare gli sfratti e predisporre fondi a sostegno delle politiche abitative, saremo sempre più persone a perdere i nostri diritti basilari.
Ci stiamo organizzando per schierarci a fianco di chi è minacciato/a dagli sfratti con ogni metodo di lotta, rivolgendoci direttamente all’amministrazione comunale affinché si assuma la responsabilità che il proprio ruolo le impone.
C.S.A. Brigata 36.
Questo articolo è stato pubblicato da Leggi la notizia lo scorso 12 dicembre

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