Aboubakar, il sindacalista nuova voce della sinistra: "Contro un governo disumano"

13 Giugno 2018 /

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di Alessia Arcolaci
«La chiusura dei porti italiani alla nave Aquarius dimostra che abbiamo toccato il fondo della disumanizzazione». Addirittura? «Il contratto di governo, quello che vuole dare priorità ai bambini italiani negli asili, si basa esso stesso sulla discriminazione».
Aboubakar Soumahoro ha 38 anni, è italo-ivoriano, nato in una grande famiglia allargata, «dove alcuni hanno la carta d’identità italiana e altri quella ivoriana». È il sindacalista in prima linea per difendere i diritti dei braccianti e per fare chiarezza sull’omicidio di Soumalya Sacko. Dopo la sua partecipazione al programma de La7 Propaganda Live, è diventato una star dei social, venendo invocato da molti come «il leader che al Partito Democratico manca». «Ma il mio impegno è di politica sindacale», si schermisce lui. «Io ho già il mio partito ed è quello dei braccianti, gli schiavi delle campagne, donne e uomini di qualsiasi provenienza. Lavoriamo per dare dignità a tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro nazionalità».
Com’è iniziato il suo impegno nell’attivismo?
«Sono diventato attivista dopo essere stato sfruttato. Ho studiato per capire la ragione alla base di questo fenomeno».

Si è laureato in sociologia.
«Sì, all’università Federico II di Napoli. Al nostro ministro del Lavoro nessuno ha chiesto se è laureato. Io sono un sindacalista e me l’hanno già chiesto alcune volte».
Prima, anche lei lavorava come bracciante?
«Mi sono trovato a lavorare nelle campagne, andavo nelle piazze ad aspettare il padrone di turno. Questo è stato il mio inizio. Mi fermavo ai semafori e aspettavo. Un giorno ero in campagna, un giorno scaricavo camion, un giorno facevo il muratore. Così, dall’alba al tramonto. La pacchia non è mai esistita per me e per tanti altri».
In quegli anni aveva conosciuto Sacko?
«L’avevo incontrato due anni fa nella piana di Gioia Tauro dove avevamo iniziato il percorso di sindacalizzazione per spiegare ai braccianti, con uno sportello itinerante, i loro diritti in ambito lavorativo: le ore di lavoro, la paga, il riconoscimento delle giornate effettivamente lavorate».
La famiglia di Sacko è arrivata in Italia.
«Sì. Oggi la nostra prima richiesta è stabilire tutta la verità riguardo il crimine che ha ucciso il nostro compagno. Ha lasciato una bimba di cinque anni e una compagna che chiedono il ritorno della salma in Mali. Per questo abbiamo avviato una raccolta fondi».
Questo articolo è stato pubblicato da Vanity Fair il 12 giugno 2018

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