di Sergio Caserta
Come nel bel film di Elia Kazhan “Un tram che si chiama desiderio”, la bionda Vivian Leigh, sbarcando a New Orleans per raggiungere “i campi elisi”, sale sul tram “Desire”, così i pendolari di Modena sognano di poter continuare a usare il loro “Gigetto” con soddisfazione. Purtroppo non sarà facile.
Gigetto è un trenino che collega Modena a Sassuolo, linea ferroviaria antica fu realizzata nel 1881, quando l’industria automobilistica non regnava sovrana. Oggi, ancora ogni giorno, percorre la linea attraversando tutti i principali centri della provincia, campagne e aree industriali, in poco più di venti minuti.
Un servizio essenziale che collega i quattro poli sanitari: il policlinico di Modena, Villa Igea, il nuovo ospedale civile S. Agostino Estense di Baggiovara e quello di Sassuolo, circa tremila utenti giornalieri, quando le corse non sono soppresse. Il servizio è gestito dalla Fer Ferrovie Emilia-Romagna, in capo alla Regione. Qui cominciano i problemi: negli ultimi anni i tagli alle corse e la scarsa manutenzione hanno peggiorato il servizio che, se fosse mantenuto in efficienza, vedrebbe crescere gli utenti, invece si pensa a una sua soppressione.
Non è un mistero: la provincia di Modena ha reso esplicito il disegno di sostituire il treno gradualmente con servizi di autobus, perché su quelle aree sono previsti servizi “innovativi”, forse un nuovo treno moderno. Non è da escludere invece che si voglia, tanto per cambiare, edificare sulle aree che si libererebbero con la soppressione del treno.
I pendolari, utenti del trenino, non intendono per nessuna ragione rinunciare a un servizio che considerano utile e ora indispensabile con l’aggravarsi della crisi economica che rende sempre più necessario risparmiare anche sui trasporti, cosi si sono organizzati e hanno aperto una pagina Facebook “salviamo Gigetto” che in pochi giorni ha raggiunto oltre tremilacinquecento sostenitori ma la mobilitazione non resterà solo virtuale.
Si sono mossi anche quelli che hanno altre intenzioni, creando un sito alternativo “rottamiamo Gigetto” ma sono fermi a poco più di duecento adesioni, probabilmente è un tipo di contro-campagna che non può fare proseliti perché si propone un obiettivo non gradito dalla comunità, ma tant’è.
Sullo sfondo c’è la gestione dei servizi ferroviari locali, oggi sottoposta come molte altre attività alla prova delle “privatizzazioni”, su cui il Governo delle “larghe intese” ma anche la Regione intendono marciare per comprimere la spesa pubblica. La politica di tagli non si rivolge agli sprechi veri, ai mega-progetti come la famigerata TAV Torino Lione, dal costo fantasmagorico di 35 miliardi di euro (al netto degli incrementi futuri) e dall’indiscussa inutilità come si affannano inutilmente a gridare i Valsusini e tutti i tecnici indipendenti. Così come non si può rinunciare agli F35 e alle spese militari, giammai.
Si tagliano invece servizi fondamentali per i cittadini, quelli che veramente servono ogni giorno, perché è più facile così scaricare le spese sui singoli, e chi se ne frega ! Non siamo proprio più un “belpaese” se mai lo siamo stati veramente, certo non dal punto di vista dell’indirizzo politico-istituzionale.
Siamo stati tra i primi Paesi al mondo, ad aver costruito ferrovie; avevamo, in parte abbiamo ancora, una rete ferroviaria locale che potrebbe ridiventare strategica per i trasporti locali, creando risparmio per le famiglie e sviluppo, invece la sopprimiamo per moltiplicare all’infinito nastri di cemento su cui far correre auto e camion, che furbi.
Questo articolo è stato pubblicato sul blog di Sergio Caserta per il sito del Fatto Quotidiano