I lavoratori ne sono perfettamente consci, i sindacati anche. I nove operai e tecnici che ho intervistato raccontano lo spogliamento progressivo delle attività interne, l’arrivo di lavoratori a ore che cercano di fare il loro mestiere a volte senza le attrezzature adeguate. Il libro analizza anche dieci anni di bilanci, la suddivisione dei dividenti ai soci (per lo più lo stato) le mancate scelte industriali dei governi, i pochi fondi per la ricerca e anche le scelte aziendali e di management come gli investimenti non redditizi in derivati, fino all’acquisizione di Vard, ex Stx-Otv, prima Aker, all’inizio dell’anno: un’operazione fatta in sordina che ha portato il controllo di un’azienda internazionale, grande quanto la Fincantieri italiana.
Oggi agli otto siti tra Adriatico e Tirreno e le aziende consorelle negli Stati uniti e in Brasile di Fincantieri, si aggiungono uffici e cantieri in Vietnam, Romania, Norvegia e Brasile. La Vard pone interrogativi (è quotata a Singapore e opera in diversi continenti), ma anche prospettive: la progettazione di una nave da perforazioni sottomarine con elica retraibile capace di arrivare alla profondità di 50 mila piedi, contro i 40 mila delle navi ora disponibili sul mercato, potrebbe aprire delle prospettive di lavoro per i cantieri italiani.
È una sfida importante quella della cantieristica, un pezzo di industria italiana, nazionale, statale, pubblica. Quindi di tutti i cittadini, alla quale non possiamo rinunciare. E il tema è particolarmente d’attualità visti i continui progetti di scorporo, privatizzazioni e cessioni a cui stiamo assistendo in Finmeccanica, Ansaldo, per non parlare di Telecom.