di Lorenzo Carletti
Nella città del presidente del consiglio da ieri non si parla né di governo né di minacciate dimissioni dei parlamentari Pdl: il tema del giorno è lo sfratto dell’ex Colorificio. Perché infinela sentenza è arrivata e, dopo l’intervento accorato di Paolo Maddalena (ex vicepresidente della Corte
Costituzionale) e di Stefano Rodotà, nessuno si aspettava che fosse così dura: il tribunale di Pisa ha disposto il sequestro immediato dell’ex Colorificio, occupato 11 mesi fa dalla cittadinanza con l’obiettivo di toglierlo dal degrado e restituire a un’ampia zona della città – abbandonata da 8 anni – la sua funzione di “area produttiva e di servizi” contro l’ennesimo progetto speculativo.
L’area, infatti, si trova a pochissima distanza dalla torre pendente e proprio qui aveva deciso d’insediarsi la variegata comunità del progetto Rebeldìa, ribattezzatasi Municipio dei Beni Comuni perché divenuta sempre più ampia. Il progetto Rebeldìa affonda le sue radici nel 2003, nell’occupazione di alcuni locali abbandonati e poi di altri ancora, dati in concessione temporanea dall’Università di Pisa. Qualcuno ha detto che, come un novello Re Mida, qualsiasi cosa Rebeldía tocchi questa si trasforma in oro, difatti l’Università ha recuperato quegli spazi e ne ha
fatto dei poli didattici.
Nel 2006 si era comunque giunti a un accordo con Università, Comune, Provincia e Diritto allo Studio, ottenendo in concessione gli ex depositi CPT vicino alla Stazione centrale. Quartiere difficile, ma qui Rebeldía è letteralmente esploso: la rete si è allargata fino a oltre 30 associazioni, sono nati un cinema e una biblioteca permanenti, la più grande palestra di arrampicata indoor della regione, una scuola d’italiano per migranti ove circolavano centinaia di studenti, un punto distribuzione dei GAS (Gruppi di Acquisto Solidale) e tanto altro ancora. Un mondo in espansione, variegato e riconosciuto da migliaia di cittadini.
Poi i soliti interessi speculativi hanno spinto il Comune a realizzarvi un grosso deposito di autobus, con servizi e attività commerciali. Nel gennaio 2011 si è arrivati alla stipula di un protocollo d’intesa con Università, Comune, Provincia e Diritto allo Studio, che prevedeva il trasferimento di Rebeldía in ex magazzini comunali, ma il Comune non ha rispettato i patti e Rebeldía è rimasto senza sede.
Non si poteva aspettare ed è maturata così l’idea di cambiare passo e rivendicare l’uso degli spazi sociali come beni comuni e diritti inalienabili della società, non solo nei confronti delle amministrazioni pubbliche che dismettono senza tregua il loro patrimonio immobiliare, ma anche dei privati. Dopo un grande corteo cittadino, il 20 ottobre 2012 il Municipio dei Beni Comuni ha restitutito alla città l’Ex Colorificio Toscano, abbandonato nel 2008 dall’attuale proprietà, la multinazionale J Colors.
Le attività sono riprese con entusiasmo, come hanno avuto modo di constatare le centinaia di persone – tra cui persino l’allenatore del Pisa – che nell’ultimo fine settimana attraversato l’ex Colorificio per il mercato contadino, per le gare d’arrampicata, per visitare i laboratori d’artigianato e d’arte, la ciclofficina, la radio, l’aggeggificio per i bambini, per sentire i concerti, per seguire la presentazione dell’ultimo libro di Loris Campetti, i dibattiti sui beni comuni con Tonino Perna e Guido Viale. Non è un caso che il Consiglio d’Europa qualche giorno fa abbia scelto il Colorificio come esperienza paradigmatica di buone pratiche e come esempio di condivisione.
Se ne accorgono in tanti. Tranne i proprietari che, dopo aver abbandonato le attività, vogliono arrivare a costruire in quell’area, e tranne quel giudice e, purtroppo, la politica (compresa quella Sinistra Ecologia e Libertà che, da quando è entrata in giunta con il Pd, ha dimenticato il tanto caro Rebeldìa). Niente di nuovo. Adesso si tratta di rilanciare e difendere l’aggeggificio, la palestra d’arrampicata indoor, la mensa, le aule, la biblioteca, le radio, lo spazio concerti, perché sono un bene comune, della maggioranza della città. Almeno del suo 99%.