Generazioni a confronto: fare la cameriera oggi, colei che serve, voce del verbo servire

26 Agosto 2013 /

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Principessa precaria - Foto di Marcella Tambuscio
Principessa precaria - Foto di Marcella Tambuscio
di Fosca Ranieri
Parliamo invece di lavoro e di quello che al momento mi impegna più tempo.
Fare la cameriera non è per nulla semplice, non tanto per il continuo sgambettio tra comande e cucina, ma perché la cameriera serve ed etimologicamente servire deriva da essere schiavo. Chi si presenta da te infatti pretende un servizio, e paga per questo.
Non ho mai avuto una buona manualità e ogni volta che mi capita di portare qualcosa, prego di non farlo cadere o di non fare danni. Quello che mi capita più sovente è servire il caffè con la mano leggermente tremante oppure di rischiare di far scivolare le posate quando prendo i piatti.
Tutto questo mi imbarazza, perché provo un forte senso di disagio ma soprattutto di inadeguatezza nel mostrarmi così impacciata.
Non ho ancora imparato a portare più di due piatti per volta e non rispetto mai per principio da bevitrice la tacca che segna le caraffe, in compenso per ovviare alla mia goffaggine sfodero ai volti più simpatici un vasto campionario di battute e freddure. Fare ridere le persone è così gratificante.
Inoltre c’è una grande varietà di situazioni: ti capita di vedere coppie che festeggiano il loro anniversario e vederli mangiare l’uno dal piatto dell’altro, bambini che ti sorridono, personaggi solitari che mangiano fissando il vuoto, colleghi di lavoro che si rilassano, combriccole di uomini alla “Amici miei” o di donne alla “Sex and the city”.
E quando sono italiani ammetto che ascolto le loro conversazioni, in modo invisibile entro dentro le loro vite e ne colgo piccoli frammenti, dai loro gesti intuisco parti velate dei loro caratteri. Al primo sguardo riesci ad intuire se il cliente è della tipologia gentile e carino oppure rognoso ed esigente.
Spesso poi succede che per vari motivi ci siano dei ritardi, ogni cliente indipendentemente dalla nazionalità adotta sempre la stessa tattica, comincia a fissarti e tu ti senti questo sguardo incollato che ti segue in ogni movimento. Purtroppo fissare il cameriere non fa velocizzare la cucina.
Poi, alla fine del servizio, ogni tanto capita la mancia (che non va direttamente nelle mie tasche ma finisce in un barattolo e poi diviso tra tutto il personale). La mancia è una sensazione stranissima.
Praticata principalmente dagli stranieri, e non molto avvezza tra gli italiani, quando qualcuno ti lascia sul tavolo dei soldi inizialmente ti senti soddisfatto, perché vuol dire che hanno rispetto per il tuo lavoro e sono rimasti contenti del “servizio”. Poi dal momento in cui prendo quei soldi, avverto come un senso di pudore, mischiato al ricordo di mio nonno che mi dava i soldini per comprarmi “la pizzetta”. Ma alla fine non posso che essere contenta.
Un caffè macchiato? Glielo porto subito.

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