Generazioni a confronto: le tipologie urbane in una città di tradizione universitaria

20 Agosto 2013 /

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di Sergio Caserta
Cara Fosca, la bolognesità è molto diversa dalla napoletanitudine, lo si comprende dalla desinenza: la prima è grassa e assertiva “tà” la nostra è malinconica “tudine”. Che poi deriva da Torino e Udine, sai che allegria, questa passamela è una sciocchezza caldagostana. Pero’ i tipi bolognesi che descrivi gironzolano nel quadrilatero Belle Arti, verdi, Petroni, Zamboni e dintorni.
Se ci spostiamo verso l’esterno della T e c’avventuriamo oltre il cerchio magico delle mura i tipi e le tipe cambiano. Alla Bolognina ho visto cose che voi umani…. All’edicola di piazza de l’Unità gli anziani ex operai hanno tutti la laurea in economia e scienze della comunicazione, anche i cani parlano di politica, i cinesi sviluppano  la esse petroniana e l’umanità è un caleidoscopio di buone maniere, nella bolognina vecchia lo vedi bene com’era la vecchia città, ma dalle parti dell’XM24, li si vede che le cose stanno rapidamente cambiando ma non si sa se in meglio.
Nella palestra del mio quartiere i tipi palestrati, tutti tatuati, sono veramente tristi,  loro stanno bene ma completamente rasati, senza un pelo, i corpi levigati dal sudore e dall’olio aromatico anti puzza, sembrano manichini, e le ragazze palestrate? Oddio non saprei da dove afferrarle, bicipiti, tricpliti, quadricipiti, addominali pazzeschi, sollevamento pesi, poi tutti in sauna a sputare sudore, io con i miei poveri flaccidi muscoletti, sembro uscito dal sanatorio.

Poi beh ci sono i compagni e le compagne, i “sinistrorsi” quelli sempre contro, gli eterni “77settini, quelli che il PCI era la digos, ma poi sotto sotto ci guadagno lavorando con i democratici, furbi mamma mia come sono furbi, tutti più o meno “piazzati” anche si trascinano addosso quell’aria di eterni casinisti, sono contro ma dentro il sistema, in questa città fanno da cornice al tran tran delle cose che alla fine vanno sempre allo stesso modo perchè “una piccola città è un bastardo posto”.
E infine ci sono loro, gli arrivati, “gli affluenti” direbbe il mio amico sociologo, quelli che stanno nei giri importanti degli affari e della politica, che stanno un passo sotto dei salotti buoni ma un po li frequentano, quelli con la puzza sotto il naso, che criticano tutto ma poi sgomitano per una poltroncina in un consiglio d”amministrazione, sono professionisti, consulenti ( ma non volontari delle cause impossibili come il sottoscritto), sono quelli che all’università hanno fatto un po meglio ma non più di tanto, però hanno le entrature,in genere sono paladini dei più forti, quelli che saltano sempre sul carro mdei vincenti, oddio adesso con la crisi stanno anche loro un po in ristrettezze, la coperta si è ridotta un bel po, però in una città curiale e burocratica, un incarico, un posticino lo riescono sempre a rimediare anche se sostanzialmente valgono un c..è il prezzo che il potere paga ai suoi servitori fedeli, consenzienti di sempre. Non esistono solo a Bologna, sono una specie diffusa ma qui hanno prloiferato nel sottobosco del potere rosso che più rosso non si può.
Ecco non è certo tutta la bolognesità, questa carica di bonomia condita da un bel po di cinismo, mancano i cari anziani dei centri sociali, mancano gli immigrati integrati e non, mancano i tanti piccoli imprenditori che si sbattono per non affondare e mancano le elites vere, quelle non le frequento e non ne posso parlare ma assicuro che ci sono.

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