di Sergio Caserta
Ancora a Fosca. Anni Ottanta, Milano da bere e socialisti al potere: comincia il “grande cambiamento”. Dall’Italia pasoliniana e un po’ paesana degli anni Sessanta e Settanta, l’Italia delle tute blu, del divorzio e della rivoluzione culturale, la buona TV di Nanni Loy che con candid camera, ficcava lucidamente l’occhio nei nostri difetti, dopo i giorni bui del terrorismo, del sequestro Moro, della grande sconfitta alla Fiat, arrivano dall’Oceano e dalla Manica sull’onda delle rivoluzioni reazionarie di Ronald Ragan e Margareth Tacther una nuova società molto più individualistica, edonista e consumista, da Hippie a Yuppie, cambia radicalmente il costume.
Un giovane che voleva arrivare, doveva essere spregiudicato, aggressivo, cinico e così man mano la solidarietà cedeva il passo a “cazzi miei, cazzi tuoi”, il potere una cosa per conquistare uno status economico e sociale, basta con l’eguaglianza, viva le differenze e soprattutto viva me! Man mano cambiava l’abbigliamento, l’atteggiamento anche in chi non veniva dalle “upper classes”, la società si modernizzava, si robottizzava, si computerizzava, ma soprattutto s’incattiviva, è in quel periodo, non a caso che cominciava la televisione commerciale auspice un costruttore milanese.
Anche noi militanti della sinistra, compagni del 68 del 77 sentivamo di dover cambiare un po, essere più “manageriali” più on time, più elegantucci, più borghesucci, insomma quel profumo di successo e di conquista del potere “piccolo o microscopico” che fosse, c’inebriava, soprattutto piaceva che gli stipendi crescessero e a molti poc’importava che le casse dell’azienda dimagrissero, vogliamo “tutto e subito” il grido era quello.
Com’è facile abituarsi al lusso, conquistare finalmente la vetta, fare soldi, comprare la casa, poi la seconda, usare la macchina dell’azienda senza tanti scrupoli, chiudere un occhio se le cose non vanno per il verso giusto, basta con “lacci e lacciuoli”, dicevano i profeti del “nuovo che avanza”, intanto si montavano gli scenari di cartapesta per creare la grande illusione, così su un palco di Padova, cadeva l’ultimo grande segretario comunista, ormai un po sbeffeggiato (anche dai suoi) come un ferrovecchio che aveva detto “attenti c’è una questione morale”, nessuno veramente l’ aveva ascoltato, tutti intenti a godersi con occhi sognanti un long drink a via Montenapoleone.