Generazioni a confronto: quando essere disoccupato è motivo di vergogna

12 Agosto 2013 /

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Principessa precaria - Foto di Marcella Tambuscio
Principessa precaria - Foto di Marcella Tambuscio
di Fosca Ranieri
Torniamo indietro con la memoria che non guasta mai. Vi avevo detto che non ero così esuberante e sfavillante, infatti fino a qualche mese fa, non avevo nessun tipo di occupazione e passavo giornate intere blindata in casa. La frase che mia madre mi ripeteva spesso era: “Hai un sacco di tempo libero, perché non lo sfrutti? Perché non fai dello sport? Perché non fai delle cose che ti piacciono?”
Io mi sentivo una merda, una fallita. Mi alzavo la mattina e sapevo che avrei fatto le stesse cose per tutto il giorno, per tutti i giorni a venire. Ecco la mia ex giornata tipo: sveglia alle 9.30, massimo 10 per non sentirmi in colpa. Caffè, sigaretta, cagata e poi computer alla ricerca di lavoro fino alle 12.30. Dresscode: pigiami strappati con orsetti e cuoricini.
Qui debbo confessarvi la mia ossessione per gli annunci di lavoro online. Sì perché è una staffetta contro il tempo, se leggi l’annuncio e rispondi prima degli altri, puoi garantirti l’opportunità di venire selezionato per tutti quei lavori last minute. Oppure trovi l’offerta che fa proprio per te, il lavoro quello fico che stai aspettando da mesi e poi ti accorgi che ci sono state 1200 visualizzazioni e il tuo cv diventa un sasso in mezzo a tanti altri.
Io stavo davanti al pc ore e ore a ricaricare la pagina, a iscrivermi alle offerte più disparate dalla segretaria alla babysitter, dalla promoter alla cameriera; ed ero convinta che la mia teoria sull’arrivare prima battendo tutti sul tempo fosse vincente. In realtà ero diventata dipendente dai motori di ricerca per lavoro, ancora oggi ne faccio uso, ma mi limito a massimo due controllate al giorno, non di più, lo giuro.

Oltre a questa fantastica attività passavo molto tempo a guardare tutti i programmi spazzatura, ma con un criterio comunque selettivo per giustificare tutte quelle ore perse a guardare donne in abiti da sposa o frociazze (da ribadire, io adoro le finocchie) che ti comprano i vestiti. Che altro facevo? A momenti alterni full immersion di lettura, ogni tanto un caffè con l’umanità.
Casa mia era diventata la mia prigione e alla stesso tempo il mio guscio, mi nascondevo da quegli incontri con vecchie conoscenze che dopo averti raccontato tutti i loro fasti ti chiedono “e adesso che fai di bello?” E tu sorridi a denti stretti e gli rispondi alla Nanni Moretti che fai cose, vedi gente. Quando in realtà magari non mettevi piede fuori di casa da una settimana e lui è il primo stronzo che conosci che vedi per strada.
Quindi se posso darvi un consiglio, se vi capita di rivedere qualcuno che non vedete da molto tempo, non usate la frase e adesso che fai di bello. Per cortesia limitatevi al tutto bene, o che si dice, o il classico come stai. E soprattutto ricordatevi che è pieno di disoccupati che si vergognano di dirvelo.

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