di Maria Mantello
No a qualunque forma di erogazione dei fondi pubblici agli asili comunali privati. Questo il risultato del Referendum propositivo che si è svolto a Bologna il 26 maggio 2013. E che ha avuto l’altissimo merito di rimettere al centro il problema del vulnus all’art. 33 della Costituzione, che stabilisce: «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». Una dicitura inequivocabile, quel “senza oneri per lo Stato”, perché la scuola dello Stato è organo costituzionale. Perché la scuola statale è bene comune.
L’opzione A, stop al finanziamento statale delle scuole private, ha ottenuto il 59% (50.517 preferenze), mentre la B, continuare in questa concessione, ha ottenuto il 41% di voti (35.160 preferenze). Per i finanziamenti si erano schierati Curia vaticana, Pdl e Lega Nord e PD, a cui appartiene il Sindaco di Bologna, che durante la campagna referendaria ha addirittura dichiarato che comunque i fondi alle private non sarebbero stati fatti mancare dal Comune, indipendentemente dal risultato del referendum.
Non c’è stata grande partecipazione al voto: 85.934 cittadini pari al 28.71 % degli aventi diritto. Nascono meno bambini e forse i bolognesi non ritengono che quello della scuola d’infanzia sia tra i problemi emergenti. Ma il tentativo di sminuire la vittoria pienamente democratica di questo referendum è davvero intollerabile, soprattutto quando viene dalla forza politica che governa, ad esempio in Sicilia, con un consenso minimo, visto che alle ultime elezioni di quella Regione le astensioni sono state del 50%.
«La scuola pubblica ha vinto il referendum – ha dichiarato Articolo 33, che lo ha promosso il referendum di domenica – nonostante una larga alleanza di forze politiche ed economiche abbia sostenuto l’opzione B con tutto il proprio peso. I cittadini, invece, hanno colto lo spirito democratico e propositivo di questo appuntamento e hanno difeso la scuola pubblica con il proprio impegno e la propria partecipazione, per rilanciarla come una priorità della politica. Un risultato del quale l’Amministrazione dovrà tenere conto, a partire dal Consiglio comunale che entro tre mesi ha l’obbligo di deliberare in merito. Bologna non ci sta a lasciare fuori qualcuno dalla scuola pubblica e si riprende il suo ruolo di avanguardia, lanciando un messaggio al Paese: la scuola di tutti, laica e gratuita è un bene comune e deve rimanere un diritto come sancito dalla nostra Costituzione».
Con questa scuola bene comune, il Pd, ci spiace sottolinearlo – da quando con Luigi Berlinguer al Ministero dell’Istruzione ha introdotto il “sistema paritario integrato” – ha aperto un solco drammatico con la Costituzione e il Paese. A partire dalla scuola ha tradito la politica di tutela e incremento dei beni comuni.
Il Pd oggi, tranne qualche eccezione, sembra sempre più essere una strana sintesi doroteo-craxiana. Sembra aver smarrito i valori di libertà e giustizia, e schiacciato nel mortifero abbraccio con clericali e reazionari, neppure si rende conto che l’unica spinta progressista che sembrerebbe essergli rimasta è l’avanzare inesorabile della sua sindrome suicida.
Questo articolo è stato pubblicato da Micromega Online il 27 maggio 2013