Il Manifesto di Trieste 1975-1977: creare una diversa informazione per una diversa cultura / 1

11 Maggio 2013 /

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Il Manifesto di Trieste 1975-1977
Il Manifesto di Trieste 1975-1977

di Marino Calcinari, il circolo del manifesto di Trieste “Raffaele Dovenna”
L’esperienza del manifesto di Trieste nacque e si consumò nell’arco temporale del biennio1975- 1976, due anni e mezzo in cui l’Italia di allora, sotto la duplice spinta, di una crisi politica ed economica da un lato, e da una diffusa combattività sociale dall’altro, che proseguiva l’onda lunga delle lotte operaie e studentesche del ’68- ’69, pareva dovesse svoltare a sinistra per porre all’ordine del giorno, nell’agenda politica del paese, una alternativa di governo e di sistema.
Ma per Trieste, come molti ricorderanno, quelli furono gli anni del Trattato di Osimo, della ripresa ideologica e squadristica del neofascismo locale,delle prime avvisaglie della crisi economica che dopo avere chiuso la cantieristica a fine anni’60, iniziava ad accanirsi sui vari comparti del settore manifatturiero in area Ezit.
Certo, furono anche, però, gli anni della demanicomializzazione dell’OPP, dell’autogestione del Gozzi, della costituzione del Comitato di quartiere di San Sabba, della nascita di un movimento femminista di massa, della ripresa della contestazione studentesca e giovanile, di democrazia diffusa e pratiche sociali autogestite, fenomeni anche minoritari ma non impopolari, insomma, che esprimevano una diffusa volontà di cambiamento ed una aperta rivendicazione di maggior democrazia nella società.
Il manifesto di Trieste nacque con l’aspirazione di dare voce a quelle esigenze, che erano espressione di orientamenti diffusi nei ceti popolari e proletari della città, di riportare, e tradurre, la fondatezza delle molteplici istanze rivendicative in piattaforme di lotta, proponendosi non tanto come un foglio di partito, quanto, sul modello del manifesto “quotidiano comunista”, come un giornale che fosse la”coscienza di classe” del movimento operaio e democratico, uno strumento cioè di conoscenza oltre che di informazione, e di lavoro, per favorire l’accelerazione di un processo generale di ricomposizione politica della sinistra e di unità nella lotta, del movimento operaio.

Il primo numero vide la luce nel giugno 1975, e, in sintonia con il buon esito dell’avvenuta unificazione tra il PdUp ed il Manifesto, che di fatto aveva sancito la nascita del Partito di Unità Proletaria per il Comunismo, si scrisse nella testata, in alto a sinistra, “unità proletaria per il comunismo” ricalcando la scelta compiuta a livello nazionale che aveva modificato la dicitura iniziale del 1971, ed utilizzando, anche qui, per la grafica, la stessa tipologia di caratteri di stampa del quotidiano nazionale.
Si voleva rendere concretamente visibile, più che evidente, una filiazione ideologica ed effettiva, del foglio di Via Tomacelli. Con un grande titolo di testa che anticipava i contenuti delle pagine successive:

Come il 12 maggio diciamo no alla DC e al suo sistema di potere.
Anche con il voto poniamo le basi per una alternativa di sinistra.

Scrivemmo però, sempre in prima pagina, in fondo alla prima colonna di sinistra “A cura della Federazione di Trieste del Partito di Unità Proletaria per il Comunismo” ed in quella successiva “Supplemento a ‘il manifesto’ anno V n° 122 del 1 giugno 1975. Dir. Resp. V. Parlato”. Era nostra intenzione, infatti dare continuità e soprattutto garantire la regolarità, ai sensi di legge allora vigenti, a quella prima prova di stampa. Non penso di sbagliare se attribuisco a Franco Quadrifoglio il merito, ed in gran parte con l’onore anche l’onere, di aver determinato, al termine di una discussione collettiva,l’inizio di quella avventura editoriale.
La definisco tale perché si lavorava con molto entusiasmo e poche risorse, non eravamo giornalisti professionisti ed i nostri “reportage”, che sortivano da inchieste ed indagini sui luoghi di lavoro e nei quartieri, privilegiavano il taglio, e la chiave di lettura, politico- ideologica degli avvenimenti; i singoli articoli privilegiavano quindi l’indagine sociale seguita dalla denuncia politica e da proposte che avanzavamo come espressione e parte di un movimento di massa piu’largo, molteplice,segnato da piu’articolazioni culturali e piu’orientamenti politici o di aoppartenenza.
Inoltre di quella esperienza ricordo come non mancassero problemi di natura tecnico organizzativa, economici e le moltissime, a volte interminabili discussioni di redazione su cosa e quanto stampare delle notizie che riuscivamo a raccogliere e che intendevamo approfondire, per offrire ai lettori ed ai nostri interlocutori politici, elementi di discussione e di dibattito politico.

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