Se il debito è mio me lo gestisco io: verso il Forum della finanza pubblica di Firenze

29 Marzo 2013 /

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di Alessandra Fava
“Se il debito è nostro riappropriamocene. Vogliamo gestirlo. Che ci spieghino da che cosa è generato”: Marco Bersani, tra i fondatori di Attac Italia, prende la questione di petto. Lo fa con la solita passione e informazione scientifica che contraddistingue da sempre le sue battaglie e ne lancia una nuova: quella per una finanza pubblica a partire da un audit popolare. Se ne discuterà il 13 aprile al Forum nazionale per una nuova finanza pubblica e sociale promossa da una rete di associazioni, a Firenze. Bersani ha parlato per un paio d’ore al circolo Zenzero di Arci, a Genova. Abbiamo trasformato il suo intervento in domande e risposte.
Iniziamo dall’attualità e dalla crisi di Cipro, che lettura dai?
“Noi continuiamo a dare fiducia a un modello economico che dimostra talmente tante inefficienze da pensare di abbandonarlo. I dieci milioni a Cipro per l’Europa sono un inezia e invece il sistema va nel panico. Conviene ricordare che la Bce ha dato mille miliardi alle banche con tassi dell’1 per cento. È che il messaggio che passa anche in Italia è un po’: facciamo i bravi per mitigare la rabbia e la collera degli dei antichi quando siamo di fronte a esponenziali differenze sociali con un pianeta diviso in due dove le uniche cose che circolano liberamente sono I capitali finanziari. La finanza che fa dodici volte il Pil mondiale è fuori controllo. E quindi in discussione ora c’è la democrazia in sè. Perché se vi devo espropriare di tutto, non vi devo lasciarvi margini di protesta”.

Torniamo alla battaglia del referendum dell’acqua. Molti oggi sono delusi. Si è ottenuto poco, dicono. Che cosa ne pensi?
“Quel referendum è stato importantissimo: abbiamo detto che non crediamo piu all’autoregolamentazione del mercato e che ci sono beni comuni, naturali e sociali indisponibili al mercato. È che ci distraggono con argomenti shock come quello del debito pubblico, per convincere la gente alla rassegnazione individuale e collettiva, in modo da continuare politiche di privatizzazione. Insomma vi spavento e voi accettate che si continui con politiche di privatizzazione”.
In effetti la paura fa novanta. Dopo Cipro ora si teme per Malta, per l’Italia e per la Spagna, per i paesi dove la ricchezza concentrata nelle banche è da tre a venti volte il Pil…
“Si cerca di far passare il concetto che le popolazioni mediterranee sono scialacquone e devono espiare, d’altra parte da noi il tema del peccato va sempre fortissimo. Per cui adesso ci dicono che la spesa pubblica è alle stelle e nessuno dice che abbiamo chiuso 18 anni in avanzo di bilancio primario, cioe in attivo. Siamo in deficit per gli interessi da pagare. E allora perché non congeliamo gli interessi? Il blocco degli interessi non è neanche una novità assoluta: abbiamo bloccato i pagamenti quattro volte dall’unità a oggi e d’altra parte la Germania non ha pagato i debiti della seconda guerra mondiale. E vorrei anche sottollineare che la spesa pubblica è aumentata anche in Germania e Francia negli ultimi vent’anni, fra 5 e 10 punti. Ma le entrate sono state inferiori dai 12 ai 20 punti. Gli sprechi ci sono e vanno corretti, ma mancano le entrate. E l’evasione fiscale è una scelta di politica economica: serve per attirare capitali”.
Come uscire dal meccanismo, ti faccio paura e tu accetti i tagli?
“Come col referendum abbiamo introdotto la tutela dei beni comuni, ora dobbiamo decostruire l’ideologia sul debito pubblico e il concetto che i soldi non ci sono. Abbiamo risorse per 9 mila miliardi di ricchezza privata e 2 mila miliardi di debito pubblico. Non so se rendo l’idea, e invece qui ci dicono che non ci sono soldi e con questa scusa, stanno demolendo gli enti locali. L’obiettivo è l’annullamento degli enti locali, presidio di democrazia. E poi discutiamo a chi va pagato e a chi no, ‘sto debito. Solo il 13 per cento è relativo ai creditori, per il resto è un debito con le banche, quindi io come cittadino ho un debito nei confronti di chi ha provocato la crisi. Discutiamone. Se il debito è di tutti, allora discutiamone. Non è vero che i soldi non ci sono. Chiediamo una riforma della Cassa depositi e prestiti, torniamo al ruolo primario della Cassa depositi e prestiti che era nata per finanziare gli enti locali ed è diventata una spa con fondazioni bancarie e ora presta a tassi di mercato. Rinazionalizziamo il sistema bancario, cominciamo a dire che i soldi ci sono, sono nostri e vogliamo decidere come usarli. Lanceremo questa proposta a Firenze il 13 aprile, una nuova campagna per una nuova finanza pubblica”.
Questa intervista è stata pubblicata su Manifestiamo.eu

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