di Giaime Garzia
Non ha atteso che ci fosse un governo o che si incasellassero i nomi dei novelli parlamentari nelle commissioni della diciassettesima legislatura. Però Paolo Bolognesi, il presidente dell’Associazione vittime della strage alla stazione di Bologna neo eletto alla Camera dei deputati, aveva dichiarato che a Roma ci sarebbe andato anche per quello. E così, a poco più di 10 giorni dalla prima seduta del parlamento, ha presentato una proposta di legge per introdurre il reato di depistaggio nell’ordinamento italiano.
Certo, al momento si tratta di un atto più simbolico che legislativo, dato che il passaggio alla discussione della proposta è subordinato a nomine che ancora non ci sono. Ma Bolognesi, che ha espresso la sua volontà di far parte della commissione Difesa, è passato all’azione ponendosi come primo firmatario e con lui ci sono altri eletti in Emilia Romagna, tra cui Andrea De Maria e Carlo Galli. La proposta, dunque, entrando più nel dettaglio, è quella di un nuovo articolo nel codice penale, il 372 bis. Se il 372, già esistente, punisce per falsa testimonianza chiunque “deponendo come testimone innanzi all’autorità giudiziaria, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte” (e in questo caso la pena va da 2 a 6 anni di reclusione), il successivo articolo, se venisse approvato, si concentrerebbe sui pubblici ufficiali e sulle loro condotte.
Più nello specifico, il reato di depistaggio si configurerebbe nel caso di inchieste sull’eversione dell’ordine costituzione, sulle stragi e sul traffico di armi, di materiale nucleare, chimico e biologico. Nel caso in cui la magistratura dovesse in proposito ricevere da parte del pubblico ufficiale incaricato degli accertamenti informazioni false o parziali oppure rilevasse che documenti sono stati sottratti o ne sono stati prodotti di fasulli, per l’autore del reato, una volta condannato, si aprirebbero le porte del carcere per un periodo variabile dai 6 ai 10 anni.
Guardando agli anni precedenti, nella storia del parlamento italiano non è la prima volta che viene avanzata una proposta del genere. Già il 7 dicembre 2000, nel corso della tredicesima legislatura, i deputati Valter Bielli, Antonio Attili, Michele Cappella, Raffaello Vignali, Francesco Aloisio, Roberto Sciacca e Piero Ruzzante si erano mossi nella stessa direzione. Erano i tempi in cui si stava prendendo in esame la riforma dei servizi segreti e del segreto di Stato, riforma giunta solo nel 2007, e si scriveva allora: “Dalla strage di piazza Fontana in poi, le omissioni, le bugie e la distruzione di documenti hanno impedito che si potesse giungere alla scoperta dei responsabili materiali e morali degli attentati che hanno devastato il Paese fino al 1993”.
La fine di quella legislatura, di lì a qualche mese (si votò per le politiche il 13 maggio 2001), aveva tuttavia impedito che l’iter di quella proposta di legge facesse il suo corso. Nel caso del documento di Bolognesi, invece, prima che venga discusso occorrerà attendere ancora un po’ di tempo, almeno fino alla composizione delle commissioni Affari costituzionali e Difesa, che si occupa anche dei servizi segreti. “Non ho voluto aspettare che tutti gli organismi istituzionali fossero completati”, dice il parlamentare eletto come indipendente nelle liste del Pd, “perché certi argomenti sono da discutere fin da subito, almeno a livello di opinione pubblica”.
E aggiunge: “Nel prossimo futuro spero di far parte della commissione Difesa perché sarà utile lavorare sul funzionamento degli apparati di intelligence. Per quanto riguarda la proposta sul reato di depistaggio, invece, farò di tutto perché questa volta l’articolo del codice venga introdotto. È ora di mettere fine ai depistaggi impuniti che hanno attraversato la nostra storia recente. Ed è anche ora che si renda più difficile il ripetersi di crimini del genere”.