di Giaime Garzia
Sì, in Emilia Romagna il centrosinistra ha tenuto. O, almeno, ha perso meno che altrove. Ma da festeggiare c’è ben poco, per non dire nulla, per due ragioni. La prima: da un lato emerge l’innegabile exploit del Movimento 5 Stelle, tenuto a battesimo a Bologna e che ben prima che altrove ha usato la tradizione da “laboratorio” della più rossa delle terre italiane. Si veda l’ingresso in Regione dei consiglieri Andrea Defranceschi e Giovanni Favia (quest’ultimo poi espulso dall’orbita di Grillo e caduto – c’è chi dice definitivamente, ma si vedrà più avanti – candidandosi per Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia) e il caso Parma, con la giunta Pizzarotti che raccoglie un’eredità pesantissima (e deficitaria) di un scellerato governo cittadino di centrodestra. Il secondo motivo è la frammentazione della sinistra, cannibalizzata oltre che dal M5S anche dalla divisione registrata con il passaggio di diversi esponenti alla formazione – sconfitta – dell’ex procuratore aggiunto di Palermo.
Il Partito Democratico, dopo le primarie per il premier ma soprattutto per la designazione dei candidati al parlamento, sembrava avere meno di due mesi fa un vantaggio che avrebbe potuto giocarsi senza difficoltà alle politiche di questo fine settimana. Eppure, anche nella sua roccaforte, è riuscito a perdere posizioni. Se infatti il risultato elettorale delle politiche fa registrare un 40% alla Camera e un 42% al Senato, la retrocessione è netta: rispetto alle consultazioni del 2008, il dato si attesta circa a -10%. Ancor peggio per le formazioni collegate al partito di Bersani.
Cos’è successo? Non potendo negare che le boutade di Silvio Berlusconi gli hanno fatto recuperare posizioni, rimane il discorso che certe questioni non sono state affrontate o risolte nei termini che a sinistra ci si attenderebbe. Solo a Bologna il soffocamento di realtà come Bartleby o Atlantide non si è giocato nella “solita” dinamica dello sgombero di un centro sociale. Il soffocamento, nel loro caso e in altri, è stato molto più ampio e non ha nulla a che fare con l’ordine pubblico perché a essere zittita è stata la cultura nella sua accezione più ampia che non trova nemmeno spazi, senza contare l’assenza costante di fondi e risorse.
Emergenza Nord Africa, piano freddo, grandi opere volute fortemente, inceneritori, finanziamenti per la ricostruzione post terremoto. Questi sono solo alcuni dei temi a cui nemmeno il sistema Emilia Romagna ha risposto accogliendo le esigenze dei cittadini. O se l’ha fatto, è stato solo in parte. E adesso, mentre i voti di sinistra passano altrove sempre meno per protesta e sempre più per scelta consapevole, già stamattina avrebbe dovuto iniziare un dibattito (di cui si registra l’assordante assenza) tra le forze di sinistra e tra quelle progressiste o riformiste. Perché si perde pur vincendo sulle percentuali? Questo è un quesito non più rimandabile perché la governabilità del Paese è un’urgenza e la situazione sociale deve tornare in testa a quella che gli addetti ai lavori chiamano l’agenda setting.