di Sergio Caserta
Alla fine sono sul treno, col fiatone, arrivato per un soffio, un’avventura da infarto tra le 7.05 e le 7.38, orario di Italo in partenza per Roma. Esco di casa alle 7.03, in perfetto orario per il bus, vedo il 91 in anticipo che si ferma e apre le porte, 25 metri corro ma davanti a me si chiudono inesorabilmente, l’autista parla con una ragazza, il semaforo proprio davanti alla fermata Pontelungo è rosso, lui fa uno scarto e si riferma, gli chiedo di aprire la porta, mi guarda con gli occhi persi nel nulla, gli grido mostrando l’orologio che ho il treno, niente, scatta il verde e riparte, gli mando un sonoro vaffanculo.
Be’, arriva subito il 13, poco male le 7.08 con un cambio ce la faccio abbondantemente, senonché squilla il telefono della giovane autista, è la centrale, lei aveva segnalato un guasto a una delle porte d’uscita e si ferma, le danno le istruzioni, apre e chiude manualmente la porta uno due trevolte ma la maledetta non si riapre, alla fine si rassegnano e si riparte,alle 7,20 arriviamo alla fermata Saffi, mancano 18 minuti. Le mie pulsazioni aumentano, meno male che a quest’ora il servizio è al massimo dell’efficienza (illusione), arriva il 36, va dritto in stazione, salgo e c’è un autista pacioso, molto pacioso perché alla fermata successiva spegne i motori: “Sono in anticipo di tre minuti”.
L’imploro che ho il treno, gli dico dei precedenti e di questa maledetta corsa a ostacoli, mi risponde comprensivo ma lui se arriva 5 minuti prima e lo vede un ispettore, prende la multa. Ma sono tutti stressati o soffro di allucinazioni? Mi dice sempre serafico che lui arriva a Pietramellara alle 7.38, bing. Ho perso il treno. Ok, altro viaggio se lo trovo, altro biglietto, arrivo tardi, ma quale cattiva sorte mi perseguita? Ipertensione ormai fuori controllo.
Scarrozziamo come in un’amena gita scolastica e ho perso le speranze, quando come dal nulla, in san Felice si materializza un 91, guidato da una vaporosa bionda, sogno. Son desto? Scendo e risalgo, sono le 7.32 quando svoltiamo su via Marconi e le chiedo: “Ce la potremmo fare alle 7.38?”
“Dipende dai semafori”, la laconica risposta, ma ecco che il vento del destino si mette a soffiare nella direzione giusta in questa Odissea urbana, i semafori si bloccano sul verde, 7.34 siamo a Piazza dei Martiri, veleggiamo per via Amendola (il buon vecchio Giovanni da lassù mi protegge) e in fondo il verde del semaforo, all’incrocio con via Pietramellara si allunga, mormoro la preghiera dell’autista, lei con le cuffie guida assorta e assume le sembianze di Minerva, dea della saggezza, un altro rosso davanti alla stazione. “È finita!” ma è un minuto, alle 7.37 mi apre le porte a Medaglie d’Oro, con un balzo da centometrista entro nell’atrio e quasi travolgo due signore sulle scale, risalgo al binario 4, Italo è lì, mi accoglie impeccabile in divisa rigata rossa, lo steward di Montezemolo e Della Valle: “È quello per Roma?” chiedo con il cuore che mi schizza via.
“Sì, signore, ha il biglietto?” “Certo e questa è proprio la mia carrozza”, mi accascio, ancora vivo, non ci posso credere, ma l’ATC-TPER sta in salute? E come si preoccupa della salute mentale dei suoi dipendenti? O Roma o morte.