di Marino Magno, Circolo del Manifesto di Avellino
Scusatemi se scomodo Karl Marx e Friedrich Engels ma è solo per dire che da tempo ormai uno spettro si aggira nelle stanze del Manifesto: quello della censura. Forse ci siamo fidati più del necessario della direzione del giornale (pur se posso rivendicare, come Circolo di Avellino, di averne chiesto le dimissioni molto tempo fa), protesa a portare avanti un proprio disegno, più che a dare risposte ai lettori e ai sostenitori del giornale.
L’ultimo atto consumato in ordine di tempo risale all’assemblea dei circoli del 4 novembre a Roma. Un’assemblea molto partecipata e con numerosi interventi. Due giorni dopo, però, ritroviamo sul giornale un resoconto del tutto anomalo: l’introduzione dei compagni della direzione e un breve trafiletto (cioè quasi nulla) del dibattito.
Può un giornale come il Manifesto, con le tradizioni politiche e culturali che conosciamo, praticare una censura da anni Cinquanta, al solo fine di umiliare tanti militanti che nel corso degli anni hanno contribuito a tenerlo in piedi?
Un atteggiamento molto grave in un momento di serie difficoltà finanziarie, oltre che politiche, del giornale. Si può rilanciare una testata in questo modo, tenuto conto anche del difficile momento che vive la stampa quotidiana nel suo insieme (perdita di copie, eccetera)? Infine, la direzione del giornale può trattare i suoi lettori, sostenitori e militanti dei Circoli peggio dei sudditi del Marchese del Grillo nella Roma papalina?