Il futuro del Manifesto: una proposta per prossimi 40 anni

18 Novembre 2012 /

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Foto di Carlo Traina
Foto di Carlo Traina
il circolo del manifesto di Trieste “Raffaele Dovenna”
Dopo la partecipata assemblea di Roma del 4 novembre è possibile fare il punto su alcune questioni che riguardano il futuro del giornale, e quindi definire il ruolo che in questa fase i circoli, i lettori, la sinistra diffusa, o quella che c’è ancora, sono chiamati, secondo noi ad assumere. Il primo dato è la consapevolezza della gravità della crisi: nonostante gli sforzi sin qui prodotti dopo nove mesi di gestione controllata del giornale, causa l’insolvenza della coop editrice, col 1 gennaio 2013 il manifesto sarà messo in vendita. E nel perdurare delle difficoltà economiche, continuerà il ridimensionamento occupazionale.
Per evitare che il nostro giornale chiuda, e la sua testata passi a estranei quindi, non abbiamo tanto tempo davanti a noi ed una soluzione va trovata necessariamente. Noi pensiamo che serva una grande cooperativa, una impresa collettiva di compagni e compagne per salvare la testata rilevandone la proprietà.
Nell’assemblea di Roma c’erano trecento compagni e compagne che si sono dichiarati a stragrande maggioranza per una nuova impresa che tenga assieme in un progetto di rifondazione condiviso, giornale lettori, redattori e collaboratori e che hanno optato per un progetto cooperativo, di proprietà collettiva del giornale nominando col voto un comitato di dieci persone che dovranno essere garanti e responsabili della praticabilità di questa opzione.

Non c’è dubbio che su questa soluzione non pochi sono i dubbi che si sono manifestati, però l’esempio della TAZ berlinese (Tages Allgemeine Zeitung), con i dovuti adattamenti alla nostra realtà è un obiettivo che può essere ragionevolmente perseguito, quindi dovremmo muoverci in tal senso. Facciamo leva sull’ottimismo della volontà.
Noi sappiamo che 40 anni fa il manifesto nacque con 60 milioni di sottoscrizione ed il lavoro volontario. In redazione c’erano solo 15 compagni/e e 12 corrispondenti, non c’erano garanzie né certezze per il futuro, ma se allora si riuscì in quell’impresa, non fu per miracolistiche casualità, ma per intelligenze lungimiranti e capacità predittive e progettuali, gli strumenti necessari ancora oggi, anzi più che mai indispensabili quando la crisi del neoliberismo, la cui crisi è strutturale e senza sbocchi, offre inusitate possibilità ad una rilettura critica dei suoi meccanismi di dominio e di controllo e di (de)legittimazione del suo potere, per una fuoruscita dal sistema.
In questo disegno si inserisce il tentativo che vogliamo compiere. Noi siamo consapevoli che la salvezza ed il rilancio del manifesto passano non solo attraverso l’ennesima campagna di mobilitazione per la sopravvivenza, che pure è fondamentale, e che faremo, ma anche e soprattutto da un rinnovato lavoro di contatto e di confronto aperto con i lettori, le forze politiche di sinistra, le associazioni, i movimenti e le altre realtà sociali.
Noi sosteniamo quindi la proposta di promuovere – con quanti di noi ne condividano la finalità – una larga e capillare campagna di raccolta fondi per avere le risorse da investire a tal scopo e, nella nostra realtà, rafforzando gli strumenti che abbiamo oggi a disposizione. ( Il circolo, il blog, l’archivio che stiamo costruendo).
Il dibattito che apparentemente divide chi si interroga su cosa sia oggi il giornale o di chi esso sia, è importante ma non dirimente, semmai noi poniamo la domanda “perché”. Cioè, per che cosa sia importante la sua presenza sul terreno dell’informazione e su quello strategico della politica, e perché il manifesto non debba sottrarsi ad una adeguata rivisitazione della sua “forma originale della politica”, non per anacronistici revisionismi ma per più efficaci coordinate interpretative ed analitiche della critica reale, non disgiunte dal puntuale aggiornamento sulle nuove domande che la fase politica sta imponendo a tutti noi.
È vero come ha scritto qualcuno, che c’è una scia di macerie che ingombra il terreno su cui ci siamo incamminati, ma, usando tale metafora, non dobbiamo dimenticarci che anche questo fa parte del lavoro che ci aspetta. Il manifesto che vogliamo dovrà poter contare su una rinnovata volontà collettiva per tornare ad essere il lievito di un movimento reale capace di mutare lo stato di cose presenti e ritornare ad essere punto di riferimento e laboratorio politico per la sinistra, la sua unità, l’alternativa.
Noi riteniamo che vi siano, oggi, le condizioni sufficienti, e ancora tanto entusiasmo, per impegnarsi in questa direzione.

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