di Angelica Erta
Si aggrava la crisi del settore metalmeccanico con il ricorso agli ammortizzatori sociali che registra un nuovo picco nella nostra provincia. Debacle di tante aziende del polo produttivo che vede crescere del 26% l’utilizzo degli ammortizzatori nel trimestre agosto-ottobre, con un numero di lavoratori che tocca quota 16.500 (erano 13.000 a fine luglio) in un comparto che occupa in tutto 60.000 addetti. “Sono dati che vanno oltre il pessimismo delle aspettative” – esordisce il segretario della Fiom Giordano Fiorani. “Stiamo tornando ai livelli drammatici del 2010, ma dalle istituzioni non giungono risposte all’altezza della situazione”.
Scorporando i dati si evidenzia un aumento della cassa integrazione ordinaria del 43%, con la punta attuale di 9600 lavoratori per 294 aziende (a luglio erano 6700 in 230 aziende). In controtendenza il dato della cassa straordinaria, ma attenzione a leggere la diminuzione del 14% (da 2500 a 2200 lavoratori). Secondo Fiorani è un segnale del parossismo della crisi, “con la cassa che non si rinnova per l’interruzione delle attività. Niente lavoro, si chiude”. Secondo i dati congiunti di Teorema e del tribunale sarebbero 130 le aziende metalmeccaniche fallite a Bologna fra il 2008 e il 2011, e il dato è probabilmente sottostimato.
Nessuno spiraglio di tregua nemmeno nel 2013 con 13 nuovi fallimenti. I lavoratori in mobilità ad oggi sono 3823, con un incremento del 2,5% fra luglio e ottobre. Per il segretario Fiom “siamo prossimi al punto di rottura”. Il ricorso a contratti di solidarietà cresce dell’8%, da 26 a 28 aziende, per un totale di 2000 lavoratori. Ma “sono ancora troppo pochi. Le aziende dovrebbero sedersi al tavolo e fare di più per tamponare l’emergenza, senza insistere con pregiudizi e resistenze”.
Nel 2012 termina la possibilità di ricorrere alla mobilità per 343 lavoratori, in un quadro in cui la mancata ripresa e l’allungamento dell’età pensionabile fa dire, quasi per automatismo, che si tratta di nuovi disoccupati. Nei primi mesi del 2013 si troveranno nelle stesse condizioni altri 305 lavoratori. Un’emorragia di posti di lavoro per cui il segretario della Cgil chiede risposte immediate, rilanciando l’uso dei contratti di solidarietà espansivi.
Il contratto di solidarietà espansivo prevede che le aziende in attivo, con una buona tenuta del fatturato, si facciano carico dei lavoratori in eccesso da parte di altre aziende; una redistribuzione del lavoro per cui nuove assunzioni verrebbero coperte dalla diminuzione delle ore del personale esistente. In tempi di individualismo esasperato la proposta sa di utopia, ma occorre tener conto che il tessuto produttivo è fatto di indotto e di connessioni fra imprese, per cui, alla lunga, lo stillicidio di fallimenti rischia di avere ripercussioni negative, nessuno escluso. “Se esiste un ruolo ed una responsabilità sociale dell’impresa nei confronti del territorio – incalza Fiorani – è il momento di dimostrarlo”.
Al presidente di Unindustria Bologna, Maurizio Marchesini, che si era espresso di recente criticando l’utilizzo dei contratti espansivi – “i lavoratori non sono pacchi postali” – le parole tornano indietro come un boomerang. “Ricordo al presidente che i lavoratori non sono pacchi nemmeno quando vengono licenziati – dice Fiorani, rivolgendosi al numero uno degli industriali bolognesi. “Molte imprese – prosegue il segretario – stanno andando verso un riallineamento lineare dell’occupazione al mercato, al calo del fatturato scatta il licenziamento, anche laddove si potrebbero sfruttare gli ammortizzatori sociali. Se la linea sarà questa anche in futuro gli imprenditori potrebbero non entrare più nelle loro aziende”.
Alla Ceam sono 90 gli esuberi dichiarati. Situazione simile alla Saeco, in cui chiude lo stabilimento di Gaggio Montano e la razionalizzazione mette a casa 70 lavoratori, per l’80% donne. In questo caso lo spazio per l’utilizzo degli ammortizzatori è davvero ampio, dato che finora – continua Fiorani – si è fatto solo un uso marginale della c.i.o. “Licenziare alla Saeco è una precisa scelta aziendale”. “Per la Bredamenarinibus, azienda del gruppo Finmeccanica, il territorio di Bologna non esiste. La partecipazione pubblica la colloca in un territorio neutro? – si domanda il segretario della Fiom. “Se invece di rinnovare il parco macchine rivolgendosi alla francese Irisbus il Comune avesse dirottato le commesse sulla Bredamenarini, da sempre sinonimo di qualità, forse ora non ci troveremmo con 290 persone in c.i.s. Ma con il Comune non è facile nemmeno fissare un incontro”.