Cari compagne/i TUTTI del manifesto,
vi scrivo direttamente nella consapevolezza che questa lettera non verrebbe pubblicata sul (nostro) vostro giornale.
Voglio esprimere il mio profondo rammarico per l’editoriale odierno di Norma e Mastrandrea.
Rammarico perché per l’ennesima volta si è persa l’occasione per fare chiarezza sulla reale situazione del giornale e sulla sua possibile vicina sorte, edulcorando la realtà ad uso degli inconsapevoli lettori.
Oggi la direzione improvvisamente si appropria di quello che i circoli sostengono da mesi, ignorati. Il giornale è nostro, noi lo facciamo e voi ci dite se vi piace, ci veniva detto, altro che bene comune. Nessuna ristrutturazione, tutti dentro, quando chi evidenziava che con il numero di copie vendute già 35 tra giornalisti e poligrafici sarebbe stato un grande successo, veniva tacciato come nemico dei lavoratori. Della proprietà collettiva neppure parlarne, la testata è della cooperativa, e a chi diceva che alla fine il manifesto se lo sarebbe comprato un borghese illuminato (ben che vada) veniva sempre opposto un «questo mai».
Ed ora eccoci qua; il giornale a dicembre, o forse anche prima, passerà ad un ignoto compratore (come si chiama è un segreto affidato a pochi), che è lo stesso che pone in 25 il numero massimo di giornalisti e poligrafici, perché i conti li sa fare. Ma questo non avete il coraggio di dirlo, potreste perdere ancora consensi e lettori.
Ma un nuovo manifesto ha bisogno innanzitutto di una linea, un ‘idea editoriale da trasformar in progetto attorno a una volontà politica, e di un gruppo coeso, pure nelle differenze di opinioni, che lo metta in pratica. Ma di questo non c’è traccia da molto tempo in questo giornale, che come voi stessi almeno avete il coraggio di ammettere non dibatte più da anni; e la liquidazione coatta ne è la conseguenza, non la causa. Certo vi dannate per farlo uscire, ma perché e per chi?
Avete chiuso non solo il dibattito interno ma anche quello esterno, facendo cadere nel silenzio qualsiasi sollecitazione, stimolo, provocazione, proposta, come gli ultimi documenti del circolo di Padova e di Bologna. (sì avevate in mente di farlo ma più avanti, quando assumono un latro significato). Improvvisamente tutti d’accordo anche con Rossanda a cui non avete degnato nemmeno una risposta, che mi pare abbia tuttavia una pessima opinione di « che cos’è il manifesto» oggi.
Se veramente foste stati convinti che il manifesto non è solo di chi lo fa, (ma non è vero) tutta la storia di questo giornale da febbraio, quando è passato in liquidazione coatta, avrebbe avuto un altro corso, coinvolgendo migliaia di lettori e sostenitori, collaboratori, soci vecchi e nuovi.
L’assemblea del 4 novembre, concessa dopo mesi di pressione ed ormai tardiva, la si voleva come punto alto di discussione tra redattori, collaboratori, lettori-sotenitori, sulla sostanza e sul futuro di questo giornale, anche per aprire una ipotesi di proprietà collettiva, unica evoluzione proprietaria in linea con la sua storia, non come rito per la comunicazione unilaterale dell’esito stabilito per questo giornale.
«Nessuna di queste componenti può scegliere da sola la direzione di marcia»; lo avete già fatto.
Mauro Chiodarelli per il circolo di Bologna
Giuliana Beltrame per il circolo di Padova
Lorenzo Carletti per il circolo di Piestrasanta
Marco Ligas per il manifesto sardo