di Leonardo Tancredi
Le persone senza dimora in Italia sono 47.648 (0,2% della popolazione), è il dato che emerge da una ricerca sulla condizione delle persone che vivono in povertà estrema condotta dall’Istat in convenzione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, la Federazione degli organismi per le persone senza dimora (fio.PSD) e la Caritas. Chiunque conosca il fenomeno sa che fornire un dato preciso sulle presenze di senza dimora è impossibile, anche in questo caso, infatti, si tratta di una stima basata sul numero di persone che nei mesi di novembre e dicembre 2011 ha utilizzato un servizio di mensa o accoglienza notturna (370 mense e 434 dormitori) nei 158 comuni presi a campione. L’approssimazione è buona, al 95% il numero è compreso tra 43.425 e 51.872.
Elementi significativi emergono dallo scorporo dei dati: il 59% dei senza dimora è straniero; il 61% ha perso un lavoro stabile; il 63% ha vissuto in una casa. L’età media è 49,9 anni per gli italiani, 36,9 per gli stranieri. Questi numeri ci danno una prima impressione della povertà estrema frutto dell’attuale situazione sociale ed economica. Casa e lavoro sono parte del passato, spesso prossimo, di tante persone che oggi vivono in strada e che hanno subito inaspettate deviazioni dal loro percorso di “normalità”.
La migrazione in Italia genera esclusione, se è vero che la maggioranza dei senza dimora sono migranti (soprattutto rumeni, marocchini e tunisini) e che la loro condizione di poveri è meno strutturale (sei mesi di permanenza media in strada contro i 4 anni degli italiani). I dati sulle donne non si discostano di molto: sono solo il 13% del totale, il 43% italiane, le straniere vengono soprattutto dall’Est, Bulgaria, Romania, Polonia, Ucraina.
“Obbiettivo dell’Istituto è aiutare il Paese a rendersi conto dei propri punti di forza e di debolezza – dice Enrico Giovannini, presidente dell’Istat – adesso ci aspettiamo risposte istituzionali”. Fa eco don Francesco Soddu, direttore della Caritas italiana. “Dopo la fase conoscitiva deve venire l’impegno concreto. Se guardiamo i tempi di permanenza in strada e la rilevanza del lavoro non possiamo pensare che il problema sia superabile in breve tempo, per i giovani e per gli anziani le occasioni di impiego sono sempre minori. È ora di andare oltre gli interventi spot”.
Nonostante Milano e Roma – rispettivamente 13.115 e 7.827 – rappresentino il 44% delle presenze, il fenomeno non può più dirsi metropolitano. I senza dimora sono 1000 a Bologna, 1900 a Firenze, 900 a Napoli, 3829 a Palermo. “Ormai sono presenze strutturali in tante piccole città italiane – commenta Paolo Pezzana, presidente della fio.PSD. I dati sulla famiglia e l’istruzione danno un ulteriore contributo all’analisi: il 59,5% dei senza dimora intervistati vede nella separazione dal coniuge la causa del suo tracollo; il 43% degli homeless stranieri ha almeno un diploma di scuola superiore (il 9,3 è laureato), contro il 23% degli italiani.
“Questi dati demoliscono alcuni stereotipi – continua Pezzana – non sono pochi i senza dimora in Italia, lo 0,2% è lo stesso dato di molti altri Paesi; i clochard non esistono più, se sono mai esistiti, nessuno lo fa per scelta, ma ci sono delle cause; noi operatori dobbiamo capire che chi è in strada conserva abilità che gli consentirebbero di riavere una casa e un lavoro con un supporto leggero e che non sono sempre necessari lunghi percorsi di reinclusione”.
Nella giornata di presentazione della ricerca il presidente della fio.PSD ha sollecitato il governo sulle politiche di contrasto alla povertà assoluta, spingendo sul reddito minimo di cittadinanza, sull’housing e i lavori di pubblica utilità. Maria Cecila Guerra, sottosegretario alle Politiche Sociali, nella lettura dei dati ha messo a fuoco lavoro e migrazione, piegandoli però alle misure dell’esecutivo. I migranti, secondo la rappresentante del governo, non sono solo giovani arrivati in cerca di lavoro, ma familiari ricongiunti e seconde generazione.
“Esiste già un ampio bacino di immigrati disoccupati, per questo non abbiamo intenzione di emettere un nuovo decreto flussi”. L’Italia è il solo paese insieme alla Grecia a non avere politiche di contrasto alla povertà, Guerra ha annunciato una nuova social card, finanziata in parte da fondi regionali, che si accompagnerà a pratiche di assistenza attive e verrà sperimentata in 12 città con più di 250 mila abitanti. Che incidenza avranno queste misure sul panorama appena descritto? Nel 2008 il parlamento europeo ha preso l’impegno solenne a porre fine alla povertà entro il 2015, dopo quattro anni quella previsione sfiora il ridicolo.