Pier Paolo Pasolini è un autore inafferrabile: amato ed odiato, durante la sua vita ha intessuto amicizie e ha saputo suscitare odi profondi sia nella gioventù comunista sia in quella fascista. Questo è sintomo di un pensiero estremamente complesso, che non può essere incasellato in schemi precostituiti.
Parlando del poeta e grande artista nato a Bologna il 5 marzo 1922, esordisce così Gianni Borgna in occasione della presentazione del suo saggio Una lunga incomprensione. Pasolini tra destra e sinistra (editore Vallecchi, 2010) alla Libreria della Festa dell’Unità del Parco Nord.
Questo libro è stato scritto a quattro mani da un autore di sinistra, io stesso, e da uno di destra, Adalberto Baldoni. Anche se con opinioni politiche molto diverse, entrambi siamo accomunati da una cosa: un amore viscerale per Pasolini.
Il libro indaga così il rapporto di questo intellettuale con la destra e con la sinistra italiana, e unisce la testimonianza storica all’esperienza autobiografica di due autori che lo avevano conosciuto in prima persona, interiorizzando il suo pensiero in maniera differente, secondo la cultura di cui essi stessi facevano parte.
Afferma Matteo Marchesini, critico letterario:
A mio parere, il tema centrale non è però Pasolini, ma Roma. Una città dalle mille sfaccettature, pronta ad accogliere impulsi e stimoli di ogni tipo, che recepisce il pensiero pasoliniano in tutta la sua complessità. Da destra e da sinistra, la gioventù romana viene molto influenzata dalle apparizioni e dai discorsi di Pasolini, o per ripudiarlo o per osannarlo. Questo libro ne è testimonianza.
Ecco che il testo ripercorre le vicende più emblematiche della sua esistenza, dal processo per la pubblicazione del suo primo romanzo, Ragazzi di vita, alla prima cinematografica di Accattone, dove è stata lanciata vernice nera sullo schermo per oscurare la pellicola, fino alle aggressioni fisiche e alla tragica morte, avvenuta nella notte tra l’1 e il 2 novembre 1975. Da sempre, Pasolini è stato poeta perseguitato in quanto diverso: perché comunista, perché omosessuale, perché portatore di una verità scomoda.
Trasferendosi dal Friuli a Roma, Pasolini ha operato un riadattamento di se stesso: la sua vita privata ormai non poteva più essere nascosta. Allora, decise di mettere in mostra sempre più se stesso senza schermi, di vivere sempre dentro alla verità, di darsi in pasto al pubblico. E’ questo che lo ha reso unico: anche la parola poetica, tradizionalmente connessa all’intimo, diventa per lui parola pubblica, dunque politica. I due poli estremi degli istinti e della razionalità si uniscono: le scintille che ne vengono fuori rappresentano l’unicità dell’opera pasoliniana. Conclude Marco Antonio Bazzocchi, docente di letteratura italiana contemporanea all’Università di Bologna:
Pasolini è un intellettuale amorfo, con tanti volti. Di lui, non si possono dare definizioni statiche. Il libro di Borgna e Baldoni rievoca benissimo la realtà di quegli anni: una realtà fatta di tante sfumature, non semplificabile attraverso stereotipi.