«È finita: ci arresteranno e ci giustizieranno. E tutto per la Shell». Ken Saro-Wiwa, scrittore nigeriano e attivista ambientalista e per i diritti del popolo Ogoni, condannato a morte, sarà graziato dal presidente nigeriano Bola Tinubu. Graziato 30 anni dopo essere stato giustiziato, per impiccagione, con altri otto compagni di lotta del Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni (Mosop), il 10 novembre 1995.
KENULE BEESON SARO-WIWA, detto Ken, è stato l’esponente di maggior rilievo della cultura Ogoni, uno degli intellettuali più importanti dell’Africa post-coloniale: nato nel Dahomey dell’Africa coloniale francese, oggi Repubblica del Benin, è stato scrittore e drammaturgo, poeta e attivista, funzionario statale ed editore, facendosi negli anni Ottanta e Novanta paladino nonviolento della battaglia per l’autodeterminazione del popolo Ogoni, opponendosi in particolare alla distruzione dell’ecosistema nel vastissimo Delta del Niger, una regione della Nigeria di 70.000 chilometri quadrati chiamata anche Oil Rivers perché qui, prima che arrivassero le multinazionali del petrolio, si produceva olio di palma.
Una battaglia sin qui vana: oggi, nel delta si producono più di 2 milioni di barili di petrolio al giorno. Un’attività che ha coinvolto tutte le più grandi compagnie petrolifere del mondo, le quali oggi stanno vendendo i loro cosiddetti assett onshore per concentrarsi sull’estrazione di gas offshore, che hanno contribuito a devastare l’ambiente e a distruggere intere comunità.
TINUBU, parlando all’Assemblea nazionale nigeriana giovedì 12 giugno 2025, ha annunciato la grazia per Saro-Wiwa e i suoi compagni del Mosop e conferito a tutti loro l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine del Niger, uno dei riconoscimenti più prestigiosi esistenti in Nigeria.
Saro-Wiwa e il Mosop, a metà degli anni Novanta, criticarono apertamente e pubblicamente la giunta militare e il suo leader, Sani Abacha, per non avere fatto rispettare le normative sulle compagnie petrolifere e per la tutela dell’ambiente, divenendo protagonisti di un processo sommario in un tribunale militare, terminato il quale finirono su una forca in una caserma di Port Hancourt.
La famiglia di Ken Saro Wiwa si è detta contenta della decisione presidenziale: secondo una dichiarazione firmata dalla figlia Noo Saro-Wiwa, scrittrice britannico-nigeriana, «vogliamo credere che il conferimento di queste onorificenze nazionali simboleggi l’innocenza di questi eroi e rafforzi ulteriormente la visione globale secondo cui la sentenza emessa quasi 30 anni fa era errata e la loro esecuzione considerata un omicidio giudiziario». Poi Noo Saro Wiwa ha reiterato le accuse contro Shell per le «devastazioni ambientali» causate nel Delta del Niger: la compagnia danese ha avviato un’operazione di disinvestimento delle sue attività onshore in questa regione nel 2024: 263 pozzi petroliferi, 56 pozzi di gas, 3.173 chilometri di oleodotti, per un valore complessivo stimato in 2,4 miliardi di dollari.
NEL MARZO 2022, un tribunale olandese ha respinto una causa contro Shell intentata da quattro vedove degli attivisti giustiziati nel 1995, tra cui proprio la vedova Saro-Wiwa: la compagnia danese è stata accusata di aver prodotto documenti falsi e corrotto testimoni per risultare estranea da ogni coinvolgimento nelle attività di inquinamento e corruzione, ma ha versato 15,5 milioni di dollari a un gruppo di famiglie di attivisti, inclusa la famiglia di Saro Wiwa, nell’ambito di un accordo siglato nel 2009, in cui Shell nega qualsiasi responsabilità.
Chiedendo «una revisione del procedimento giudiziario che ha portato a questa sentenza errata, che ha causato una perdita così colossale alla nostra famiglia, al popolo Ogoni e ai nigeriani», Noo Saro-Wiwa ha detto che la grazia presidenziale per il padre è «una cosa giusta».
Ma non tutti hanno applaudito la decisione del presidente nigeriano: «Non si può perdonare qualcuno che non ha commesso alcun reato: chiediamo la totale assoluzione» ha detto alla stampa nigeriana Celestine Akpobari, coordinatrice dell’Ogoni Solidarity Forum, e anche il noto ambientalista nigeriano Nnimmo Bassey, che è direttore della fondazione Health of Mother Earth, si è detto scettico: «Ken Saro-Wiwa e gli altri meritano di essere onorati, ma in un momento in cui il governo è disperato e vuole aumentare la produzione di petrolio, mentre l’inquinamento continua incessante, la decisione è inopportuna».
BASSEY INFATTI TEME, con il processo di riassegnazione delle licenze petrolifere in corso, una possibile riapertura dei pozzi petroliferi nell’Ogoniland, «una mossa che significherebbe ballare sulle tombe» di attivisti come Ken Saro-Wiwa: «L’assoluzione è l’azione politica che chiediamo al governo per porre fine al genocidio ambientale e agli altri crimini commessi contro il popolo Ogoni» ha detto l’ambientalista ai giornali nigeriani.
Timori concreti: per la Nigeria, il Paese più popoloso dell’Africa, ancora oggi ricava dal petrolio oltre il 90% dei proventi delle esportazioni e circa due terzi delle entrate governative. È un’economia ancora troppo dipendente dagli idrocarburi, che se hanno il pregio di portare valuta estera hanno lo svantaggio di metterla a budget, quella valuta estera, per bonificare un territorio vastissimo e avvelenato.
LA DEVASTAZIONE DEL DELTA del Niger, causata dall’attività petrolifera e da quelle accessorie, compreso il furto di petrolio dagli oleodotti che produce sversamenti continui, è stata associata alle compagnie petrolifere da studi delle Nazioni Unite, di organizzazioni non-governative e numerose inchieste giornalistiche, così come la diseguale distribuzione dei proventi petroliferi, che hanno causato, e causano ancora, scontri tra le popolazioni locali e guerre politiche.
Gli Ogoni non sono gli unici a rivendicare i loro diritti: ci sono gli Ogale e i Bille, che sono riusciti ad aprire un processo contro Shell l’anno scorso all’Alta Corte di Londra, e, più in generale, il delta del Niger ospita il 25% della popolazione nigeriana, 56 milioni di persone circa che vivono in un territorio deturpato, divenuto pericoloso e mai bonificato. Un territorio che, come la memoria di Ken Saro-Wiwa, dovrebbe fare da monito per l’umanità.
Questo articolo è stato pubblicato su il manifesto il 6 luglio 2025