Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 17 aprile 2025 è diventato pienamente operativo il Nuovo Accordo Stato Regioni (d’ora in avanti, ASR), a sostituire (finalmente) quello precedente scaduto nel 2021, e con l’approvazione più volte slittata (l’ultima volta nel novembre 2024).
Un esame approfondito del testo (184 pagine), con l’inevitabile confronto con l’ASR precedente, è ovviamente impossibile su questa rubrica, per motivi di tempo, spazio, e tecnicalità specialistiche.
Mi limito a dire che di un rinnovo ce n’era bisogno e con urgenza, posto che il precedente ASR risaliva la 2011 e, visti i tempi di gestazione, era pensato per il mondo del lavoro e della produzione di ormai un ventennio fa; mondi che nel frattempo sono mutati, anche radicalmente, per organizzazione, nuova divisione mondiale del lavoro e catene del valore globali, con connessi fattori geopolitici, e infine tecnologie, tra le quali l’AI è solo l’innovazione più dirompente. E forse anche per questi motivi il nuovo ASR ha avuto lunga e travagliata gestazione, con inevitabili compromessi tra petizioni di principio, soluzioni concrete, nuove problematiche emergenti, divergenti interessi delle parti interessate. E se tutti gli studi confermano che infortuni e malattie professionali sono originati da comportamenti sbagliati, formazione ed addestramento sono indispensabili per apprendere, attuare, progettare quelli corretti. Ma non bastano: i comportamenti corretti si tengono se la concreta organizzazione del lavoro, in tutte i suoi aspetti, lo rende possibile, non li ostacola ma anzi li esige e li favorisce. Ed è constatazione banale, come tante volte si è scritto su questa rubrica e non solo commentando infortuni collettivi, o meglio le stragi, come Brandizzo, Firenze, Casteldaccia, Suviana, Calenzano, come troppo spesso ancora le esigenze produttive si rivelino nei fatti prevalenti su quelle di sicurezza, documenti, procedure, SGSL/MOG ed attestati formativi pur presenti a parte: perché non si fanno cose con le sole parole e con le carte/i files.
Tornando al nuovo ASR, c’è chi parla di intervento chirurgico sul vecchio, nel senso che l’impianto non è stato rivoluzionato (il TU 81/2008 sulla sicurezza sul lavoro è sempre lì …); ma si è cercato di intervenire su alcune pecche più evidenti del sistema. Di seguito una sintesi degli interventi migliorativi più significativi:
Un primo aspetto, trasversale all’ASR, è che la formazione obbligatoria non può più consistere in moduli standard a seconda dei destinatari distinti solo per posizione nell’organizzazione (cioè il lavoratore, il preposto, il dirigente, il datore di lavoro, gli addetti all’emergenza, ecc.) ma va costruita sulla base della valutazione dei rischi, del settore di appartenenza, se possibile per gruppi omogenei di lavoratori, con attenzione alle mansioni e dei rischi reali; e le conoscenze e le procedure servono a individuare, soppesare e gestire i rischi durante il lavoro. Di qui tutta una serie di innovazioni vere e proprie:
- Formazione obbligatoria per tutti i datori di lavoro di 16 ore e aggiornamento quinquennale di 5 ore.
- Regolamentato l’obbligo già in vigore della formazione aggiuntiva, (6 ore) per datore di lavoro e dirigente dell’impresa affidataria nei cantieri mobili o temporanei, mentre nel corso per il preposto dovrà essere trattato l’argomento cantieri se esercita la sua funzione in tale contesto.
- Individuazione di durata minima e modalità della formazione obbligatoria finalmente vincolata alla valutazione dei rischi specifici, al settore di appartenenza, alla particolarità della mansione.
- Formazione per i preposti (cioè coloro che sovrintendono all’attività lavorativa, garantendo che le attività siano eseguite in sicurezza e che siano rispettate le direttive impartite dal datore di lavoro o dal dirigente, quali ad esempio un capocantiere, il responsabile di una unità produttiva, un caporeparto) riformata in senso rigoroso: 12 ore obbligatorie esclusivamente in presenza, con aggiornamento biennale di almeno 5 ore.
- Verifica finale obbligatoria per tutti i percorsi formativi, accompagnata da strumenti sistematici di verifica dell’efficacia durante lo svolgimento delle attività lavorative: checklist, osservazione diretta, questionari, analisi di near miss, andamento infortunistico (è accertato ormai che questo rappresenta tuttora uno dei punti più critici degli attuali obblighi)
- Rafforzati i requisiti dei docenti e della progettazione formativa, con attenzione a gruppi omogenei per mansioni e contesto produttivo (altro elemento di massima criticità).
- Per la prima volta è regolata sistematicamente la formazione negli ambienti confinati e sospetti di inquinamento, altro elemento critico troppo a lungo lasciato all’autonomia interpretativa degli operatori di settore (vedasi, da ultimo, i casi di Casteldaccia e Suviana).
- Ampliata e meglio regolata la formazione sulle attrezzature di lavoro.
Vi sono poi tre ulteriori elementi positivi:
Finalmente (viene da dire) è esplicitamente riconosciuta la validità di videoconferenze sincrone e dell’e-learning asincrono (strumenti fortemente incentivati dal lockdown e prima timidamente ammessi), purché rigorosamente progettati, documentati e tracciabili. Che poi la cultura tecnologica diffusa nel nostro paese, anche nelle Pubbliche Amministrazioni, non sia il massimo, è altro discorso.
Lotta ai falsi attestati. I falsi attestati sono spesso una vera e propria piaga, con rilasci operati da soggetti con qualificazione fantasma e posti magari in altre regioni, dove magari i lavoratori neppure si erano recati nelle date dell’asserita formazione, e senza aver mai neppure visto i lavoratori, senza nessun controllo non dirò sulla validità del contenuto, ma neppure sui requisiti formali della procedura di rilascio, davvero attestati usa e getta che non valevano neppure la carta su cui erano scritti (se ne sono riscontrati anche in alcuni degli infortuni collettivi ricordati sopra). Il nuovo ASR rafforza la tracciabilità della formazione, con obbligatoria documentazione di presenza, contenuti, metodologie, strumenti e risultati delle verifiche, allo scopo impedendo la riproduzione industriale di attestati “usa e getta” (perché sussistono vere e proprie industrie illegali della formazione…)
Infine, ancora finalmente si distingue chiaramente Un ulteriore punto meritorio è la distinzione chiara tra soggetti “istituzionali” (quali, ad esempio, gli enti vigilanti), quelli variamente “accreditati” e “altri soggetti” formatori, con possibilità – sotto certe condizioni che si vogliono rigorose – di formazione interna da parte del datore di lavoro stesso. Peraltro, per questi “altri soggetti” la disciplina rimane incompleta: mancano il provvedimento attuativo e il repertorio nazionale previsto dall’Accordo stesso, e proprio laddove ce ne sarebbe maggior necessità. E che a tutt’oggi non esista un censimento unico dei soggetti che possono erogare questo tipo di formazione (obbligatoria almeno dal 1994 ….) può far sorridere o piangere; e aggiungo, a latere, che tale censimento l’aveva (diremmo a buon mercato, trattandosi di norma già approvata e solo da attuare concretamente) promesso la Presidente del Consiglio nell’incontro con parti sociali dell’8 maggio, come parte di una serie di interventi in materia di sicurezza sul lavoro finanziati con ulteriori risorse dal bilancio INAIL (cfr. i precedenti articoli degli scorsi 18 maggio e 01 giugno); attendiamo. Osservo peraltro che non risulta che l’apposito Tavolo tecnico, ad oltre un mese da quella riunione, si sia almeno insediato.
Senza sottovalutare l’importanza delle innovazioni, sono evidenti due cose:
- Efficacia interna del nuovo Accordo – Tra gli addetti ai lavori si dice che la qualità della formazione resta spesso inversamente proporzionale alla quantità di attestati emessi. Per assicurare almeno la qualità interna servono in primo luogo controlli veri, mirati, incentrati sulla qualità, non solo sulla modulistica; e non si può non sottolineare che il personale di vigilanza (ASL, INL, enti appositi delle regioni a statuto speciale) continua a diminuire, ed una banca nazionale di accessi ed esiti resta materia di convegni, interviste, articoli, dichiarazioni ai media. Ma servirebbe soprattutto, quindi, una responsabilizzazione diffusa: il lavoratore che pretende formazione vera, il preposto che segnala carenze, il datore di lavoro che investe davvero e non si limita, magari anche spontaneamente, a mettere a posto le carte ed avere i giusti attestati. Perché anche con le nuove più stringenti norme la possibilità di rispettarle solo sulla carta, confidando sulla scarsa probabilità di un controllo, rimane: e è problema che vale per qualsiasi tipo di norma, e particolarmente qui in Italia ove la cultura delle regole è, diciamo, scarsa e l’adesione spontanea alle stesse decisamente a migliorare.
- Efficacia esterna – Ci vorrà tempo perché il nuovo ASR sia messo in pratica ed abbia effetti. Particolarmente difficile da misurare è l’efficacia esterna, cioè quanto una migliore formazione migliori effettivamente i livelli di sicurezza, con quindi minori indici di frequenza e gravità di eventi dannosi almeno attesi. Ma variazioni positive e/o negative possono vedere molti altri fattori concomitanti, non necessariamente positivi: ad esempio, la delocalizzazione all’estero di certe attività più rischiose, tipicamente di certe produzioni industriali non particolarmente specializzate o rischiose/inquinanti, o la loro cessazione con nuova occupazione almeno parzialmente sostitutiva nel terziario: qui certo diminuisce il rischio, in quanto trasferito altrove e magari sostituito, ma non è la gestione della sicurezza che migliora. Anzi, magari peggiora se le delocalizzazioni avvengono in paesi diciamo più laschi rispetto all’anglofona triade HSE – Health Safety Environment, cioè Salute Sicurezza e Ambiente.
Lasciando a chi legge, se nella propria vita è, oppure è stato, persona da formare a prevenzione e sicurezza sul lavoro, o ancora se chi la formazione la impartisce, una valutazione su come queste innovazioni quando a regime migliorino/abbiano migliorato la propria formazione, nel prossimo articolo parleremo invece di quegli aspetti del nuovo ASR 2025 che presentano aspetti problematici e/o lasciano zone di incertezza o vere e proprie lacune.