Lo scorso 9 aprile ricorreva il primo anniversario della strage sul lavoro alla centrale ENEL di Bargi di Suviana, (Bo): 7 vittime provocate da un’esplosione verificatasi durante lavori di manutenzione straordinaria e successivo allagamento dei livelli inferiori della struttura, posti al di sotto della superficie dell’adiacente bacino artificiale (si veda l’articolo qui pubblicato il 14 aprile 2024). E, beffardamente se non fosse tragico, lo stesso 09 aprile di quest’anno, a poche decine di chilometri di distanza, sulla Tangenziale di Bologna, un operaio addetto alla manutenzione moriva investito da un furgone mentre, alle 6 del mattino, stava smontando il cantiere stesso (a proposito di cause e circostanze degli infortuni, e di sfruttamento del lavoro: da quanto tempo lavoravano, e in che condizioni, con che tempi, la vittima nel cantiere e il conducente nel furgone?).
Tornando a Suviana, alla vigilia dell’anniversario, nella vicina località di Castiglione dei Pepoli, la Camera del Lavoro della CGIL di Bologna ha organizzato una specifica iniziativa (LOCANDINA QUI) per commemorare l’evento. Non è facile dare conto di un dibattito ricco ed articolato, con interventi che, anche quando opera di semplici delegati/RLS (Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza) hanno dimostrato un livello di consapevolezza e preparazione (e pragmatismo …) che, ahinoi, latita drammaticamente colà dove si prendono le decisioni politiche in materia, oggi costantemente viziate da pregiudizi ideologici (“Non disturbare chi fa”, Giorgia Meloni dixit, ne è una mirabile sintesi). Chi avrà la pazienza di leggere fino alla fine questo resoconto avrà un quadro vivido della realtà, e potrà riflettere sul perdurante, e complessivamente ancora insoddisfacente, “stato dell’arte” per quel che riguarda la sicurezza del lavoro e sul lavoro.
Prima però converrà fare il punto sullo stato delle indagini, in base a quanto riportano gli organi di stampa e come riassunto nel suo intervento dall’avvocato Sabattini, componente del collegio che rappresenta le organizzazioni sindacali confederali (costituitesi parti civili) al relativo processo penale. Ebbene, le indagini sono ferme, ed anzi alquanto arretrate: cause e responsabilità dell’incidente non sono ancora accertate e il procedimento penale è quindi tuttora a carico di ignoti. Ciò rallenta ulteriormente le indagini, perché non vi sono indagati che, sia pure nel proprio interesse, possano fornire ulteriori elementi di prova; qualche notizia di stampa, aggiungo, dà peraltro come imminente le imputazioni nominative. Come mai questa situazione, che TUTTI gli interventi hanno stigmatizzato chiedendo una accelerazione? In estrema sintesi, la zona ove si è verificata l’esplosione è tuttora sott’acqua (quella penetrata nell’impianto dal bacino adiacente, e lì rimasta una volta riparata la falla esterna provocata dall’esplosione), in cinque piani sotterranei, dal meno sei al meno dieci, mentre i primi cinque sovrastanti sono stati liberati e “sono calpestabili”. Tale acqua però è inquinata (si parla di ben 139 sostanze diverse) e secondo l’ARPA Emilia Romagna (Agenzia Regionale Protezione Ambientale) dovrebbe essere rimossa (con le dovute cautele), depurata e poi in qualche modo smaltita. Sotto quell’acqua starebbero elementi di prova decisivi, compresi gli apparati informatici del cosiddetto sistema SCADA, indispensabili al collegio dei periti nominati pochi giorni l’incidente per ricostruire l’accaduto. Non è detto però che detti apparati, una volta recuperati, siano ancora in grado di funzionare, o forse lo sono solo in condizioni analoghe a quelle del sito pur allegato (?!) difficili da replicare, oppure ancora comunque è dubbio possano fornire dopo tanto tempo informazioni sull’accaduto. In ogni caso, riferiva già tempo fa un altro membro del collegio di difesa, l’avvocato Bordoni “deve intervenire un ausiliario che abbia le competenze necessarie per verificare quella componente e verificarne la tenuta di fronte alla possibilità di clonarla sul piano forense-informatico”. Sta di fatto che lo svuotamento va a rilento, e l’ARPA non consente ai sommozzatori dei VV.FF. (cui dobbiamo un anno fa le operazioni difficilissime e delicate per tamponare le conseguenze dell’evento) di immergersi e procedere …
Passiamo agli Interventi.
Michele Bulgarelli, segretario Camera del lavoro di Bologna – A Suviana c’erano lavorazioni in appalti e subappalti a cascata senza limiti, limiti che invece andrebbero fissati per legge sul modello, ad esempio, del Protocollo di Bologna sui lavori per il tram, anziché lasciare la scelta alla stazione appaltante. E’ indispensabile in ogni caso rafforzare la responsabilità dell’appaltante, come da uno dei 4 referendum proposti dalla CGIL . Tre sono le emergenze:
- Precarietà generalizzata e presenza di lavoratori stranieri più fragili e ricattabili per il necessario rinnovo del permesso di soggiorno (si veda ancora ancora il referendum di giugno sull’acquisizione della cittadinanza).
- Rischio climatico: l’ordinanza della regione ER che blocca il lavoro quando le temperature raggiungono i 32°, valevole solo per edilizia e agricoltura, va estesa a tutti i settori, perché analoghi limiti quando pur stabiliti dai contratti collettivi non coprono tutti i lavoratori. Analogamente quando precipitazioni abbondanti e allerte meteo i riders non devono lavorare, punto e basta.
- Necessità di RLS di sito: sempre più spesso in grandi strutture produttive (a Bologna Aeroporto, CAB, Interporto) opera una pluralità di aziende applicanti contratti collettivi diversi e con RLS/RLST diversi se mai esistenti. Il loro coordinamento non basta, occorre istituire gli RLS di sito, figura che pur prevista dal TU 81 vede mancare il DM apposito (dal 2008 !!) e quindi può venir istituita solo contrattualmente.
Impietoso il confronto con la Germania, ove i morti sul lavoro all’anno sono circa 300, e non gli oltre mille che peraltro incompletamente censisce l’assicurazione INAIL per i propri assicurati, gli altri sono conteggiati da soggetti volenterosi privati quali l’Osservatorio di Soricelli. (E qui, aggiungo, precisato che i sistemi assicurativi italiano e tedesco sono diversi e i dati quindi non del tutto confrontabili, perché non proporre, anzi istituire, un osservatorio pubblico, quindi autorevole/ufficiale, all’interno del SINP – Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione – per tutti gli infortuni mortali?) In ogni caso, concludeva Bulgarelli, bisogna quindi scioperare sempre e costituirsi sempre parte civile!!
Pisani FILTCEM, delegato dell’ENEL – Nessuno ricorda che lo scorso anno, quando accadde l’incidente a Suviana, all’interno di ENEL era aperta una vertenza proprio contro le esternalizzazioni e per maggiore sicurezza sul lavoro. Infatti, la manutenzione ordinaria è ormai abbandonata, le relative professionalità si perdono per mancata sostituzione, si fa solo quella straordinaria affidata all’esterno, magari con ex pensionati come consulenti (tali erano due delle vittime di Suviana). Attenzione, gli appalti non sono tutti uguali, se troppo spesso sono sinonimo di precarietà, contratti pirata, formazione non eseguita, non era il caso di Suviana, dove erano in corso lavorazioni altamente specializzate. Ma troppo spesso anche in questi casi i rischi da interferenza, e relativo DUVRI, sono analizzati e gestiti solo sulla carta, ma non bastano (aggiungo: ci vollero giorni agli organi di vigilanza per individuare tutte le ditte operanti in quel cantiere, tanto era chiaro chi faceva che cosa, quindi si può immaginare quale fosse il coordinamento…).
De Filippo di RFI (Rete Ferroviaria Italiana) – Anche in RFI le manutenzioni sono ormai pressoché tutte esternalizzate (con quali effetti si vede, aggiungo, si pensi ai mortali a Brandizzo o San Giorgio in Piano oppure le continue interruzioni anche sulla linee AV); la pressione non solo a risparmiare tempi e costi, ma ad eludere le stesse norme di sicurezza, è sempre più forte. Non può bastare la formazione minima prescritta, ma occorre una reale cultura della sicurezza (ah !!, non posso non rinviare al mio articolo dello scorso 06 aprile), che confligge con il profitto finché questo resta, come oggi, il valore dominante. Il Codice degli appalti scarica le responsabilità per la violazione delle norme sui lavoratori, quando questi ultimi non sono nelle condizioni di poterne esigere il rispetto. Esempi? Le nuove norme sugli appalti RFI da gennaio 2024 prevedono sì presidi h 24, ma a parità di personale già scarso e con un agente unico alla guida dei mezzi aziendali; non ci sono limiti alla lunghezza degli spostamenti, le norme su rischio calore e allerte meteo non sono applicate, complici la fretta (anche di spendere i fondi PNRR), non sono applicati i meccanismi di Stop Working Autority (cioè l’autorità, formalizzata, che ha ciascun lavoratore, indipendentemente da posizione, anzianità e ruolo, di interrompere il lavoro quando ritiene non sia svolto in sicurezza) presenti ad esempio in protocolli stipulati da ENI o Società Autostrade.
Germana Grillini FILCAMS (Commercio e ristorazione), lavora in un supermercato COOP – E’ diffusa l’idea che il commercio sia un settore a basso rischio; invece è particolarmente esposto al rischio calore (anche interno, si pensi alle cucine), nonché a tutti i rischi psicosociali aggravati da una ricerca esasperata della produttività: precarietà, contatto con l’utenza, orari lavorativi non standard, saturazione del territorio e relativo problema dei trasporti; tutto ciò aumenta e rende più frequente che altrove lo stress lavoro correlato. Agli insufficienti controlli degli organi di vigilanza si deve reagire con formazioni specifica e ripetuta, anche per gli RLS, e più mirata, un esempio è il vademecum per gli RLS e soprattutto per gli RLST, qui certo più diffusi vista la dimensione delle aziende attive.
Avvocato Sabattini – Oltre al riassunto della situazione, sostiene, (fondatamente a mio modesto parere) che negli appalti giuridicamente l’appaltante resta comunque sempre responsabile, la valutazione del rischio è materia non delegabile ai sensi del TU 81 e ciò vale anche in caso di appalti.
Cumanaro Vasile, delegato e RLS della Panigal SCARL (oggi impegnata nella costruzione delle linee del tram a Bologna) – Testimonianza toccante non solo per l’italiano talvolta faticoso (ma non più di quello di tanti italianissimi politici …). Chi lavora ha paura, non solo per le regole di sicurezza disapplicate: per la formazione scarsa o mancante, la fatica, gli orari lunghi ed il lavoro nei festivi, il cottimo, la fretta, la precarietà, la concorrenza del lavoro nero (le politiche sull’immigrazione creano forzatamente illegalità e lavoratori senza diritti) o della catena di appalti e subappalti magari con contratti pirata. Soprattutto le imprese monetizzano ormai la sicurezza e perseguono non il minor rischio, ma un rischio accettabile (accettabile per chi è domanda retorica, aggiungo io). E ciò anche se nei cantieri per il tram l’attenzione alla sicurezza è alta (ad esempio, riunioni trimestrali, sopralluoghi, sorveglianza sanitaria).
Sergio Lo Giudice, delegato al lavoro Comune e città metropolitana di Bologna – Riassume in breve i progetti su sicurezza e legalità nel lavoro che il suo ente porta avanti ormai da tempo: Logistica Etica (cui progressivamente aderiscono non solo le associazioni di categoria firmatarie all’inizio, ma le singole aziende), la Carta e Tavolo Metropolitane per la sicurezza, il Protocollo sulle infrastrutture per la mobilità con il suo apprezzabile divieto di appalti a cascata e meccanismi allargati di Stop Work Autority, specifici protocolli nelle strutture partecipate (Aeroporto, CAB, Interporto) per l’agibilità degli RLS e di futuri RLS di sito, la costituzione di parte civile nel processo su Suviana in quanto “ogni infortunio è una lesione dell’identità e dei valori della comunità locale”. Iniziative lodevoli, ma necessariamente parziali.
Martina Orlandi, delegata FLAI (Federazione Lavoratori Agro Industria) della Coop Avola – Nel settore agroalimentare le condizioni di lavoro e di sicurezza sono difficili, i rischi da cambiamento climatico più alti, più forte che altrove la concorrenza sleale del lavoro grigio o in nero, specie degli stranieri, ricattabili e oggetto di spesso anche di comportamenti criminali, come il povero Satnam Singh (si veda l’articolo del 30 giugno 2024) ove nel processo per la sua morte la FLAI si è costituita parte civile.
Simone Selmi segretario generale FIOM CGIL Bologna – Ricorda che, sugli 11 infortuni mortali nel settore metalmeccanico nel 2024 a Bologna, 9 hanno riguardato lavoratori degli appalti, e di elevata professionalità, a smentire una certa vulgata che dipinge appalti e subappalti confinati nelle attività ad alta intensità di manodopera e bassa qualificazione. Dopo il COVID (e nonostante i relativi alti profitti…) le imprese hanno disinvestito sulla gestione delle RU e sulle tematiche HSE (Health Safety Enviroment, cioè salute sicurezza e ambiente), quindi infortuni, malattie professionali e danni permanenti sono più numerosi. E’ essenziale ripristinare la responsabilità solidale degli appaltanti, specie dei capofila della catena, come chiede il referendum CGIL; e tale responsabilità non è solo civile e/o penale, ma, attenzione, sociale. I contratti aziendali di II livello devono focalizzarsi maggiormente sulla sicurezza; e ciò pur nella consapevolezza che pretendere/denunciare è difficile, specie ove funziona il ricatto occupazionale, e ancor più in aree, come quella appenninica bolognese, ove la deindustrializzazione prosegue (ultima caso la Saga Coffee di Gaggio Montano) e il problema diventa non solo occupazionale, ma sociale.
Mirca Franchi RLS Università di Bologna – Anche all’UNIBO vi è ampio ricorso a molteplici appalti specie ove alta intensità lavoro e scarsa qualificazione, cioè pulizie, front office, security, ma anche manutenzioni e rifiuti; e fino al 2023 con contratti al ribasso rispetto ai CCNL stipulati dalle OO.SS. più rappresentative, quando non “pirata”. Nel 2023 si è riusciti a sottoscrivere uno specifico Protocollo Appalti (primo in tutte le Università Italiane) che prevede gare non al massimo ribasso ma sull’offerta economicamente più vantaggiosa (in caso contrario, RUP deve motivarla), appaltatori che applicano i CCNL stipulati dalle OO.SS. più rappresentative, informazione annuale sulle nuove aggiudicazioni, applicazione della clausola sociale anche quando l’appalto passa attraverso centrali di acquisto nazionali, divieto ove possibile di subappalto e se inevitabili alle medesime condizioni dell’appalto principale. Infine, dà per imminente un altro protocollo che istituirà formalmente gli RLS di sito per le sedi dell’UNIBO (che ricordo, non stanno solo a Bologna).
Leonardo Piol RLS VV.FF. Bologna – le specifiche norme cui sottoposti i VV.FF. danno loro pochi diritti: ma, ciò nonostante, per tornare alla centrale di Suviana (che è stata una piccola Costa Concordia, per le condizioni di lavoro in immersione e in ambienti confinati) sono pronti a immergersi per recuperare ciò che serve non appena chi di dovere darà il via libera. Ma non si può non osservare che a fronte di tale magari anche giustificata cautela da parte di ARPA, agli stessi vigili del fuoco intervenuti, e durante le operazioni esposti al contatto con fibre di amianto liberate dall’esplosione, è negato dal Corpo e dal Ministero lo screening normalmente adottato in tali casi di sospetta esposizione (una agitazione straordinaria è stata poi indetta e tuttora in corso sul punto). E ricorda, immagino con qualche sorpresa per i non addetti ai lavori, a proposito di tutele, che persino i VV.FF. non sono coperti dall’assicurazione INAIL; e che i maggiori rischi lavorativi causati dal cambiamento climatico non ricevono ancora la dovuta attenzione.
Francesca Re David, segretaria nazionale FIOM CGIL – Ricorda gli studenti morti durante la cosiddetta alternanza scuola lavoro (più lavoro che altro, in realtà), le morti in itinere che colpiscono di più le donne (causa carichi familiari su di loro prevalenti, orari, stanchezza), gli infortuni mortali che non sono considerati immediatamente tali quali, da ultimo, quelli delle due vittime che lavoravano in nero nella fabbrica di fuochi d’artificio a Napoli. Ricorda come i numeri dei mortali non sono comparabili con quelli degli anni del boom economico negli anni ’60, quando superavano i 4000 all’anno; ma allora appalti e subappalti erano ridottissimi o assenti (e, aggiungo, ogni forma di intermediazione di manodopera era sempre illecita). Nonostante lo sviluppo tecnologico, cause e circostanze degli infortuni mortali non cambiano: cadute dall’alto, stritolamenti, investimenti, schiacciamenti ecc. da macchine (come a Luana D’Orazio, con le protezioni del macchinario rimosse perché rallentavano il lavoro), intossicazioni e soffocamenti negli spazi confinati; ma la vera causa resta lo sfruttamento del lavoro. Le norme non aiutano: il TU 81, con il suo modello di sicurezza partecipata di cui gli RLS sono una delle espressioni, è norma in controtendenza rispetto alla precarizzazione crescente del mercato del lavoro iniziata con la legge 30 del 2003 e il successivo D. Lgs 276/2003; il Codice degli appalti lascia piena disponibilità alle stazioni appaltanti di decidere se, cosa, e quanto appaltare; la Patente a Punti (si veda l’articolo dell’8 settembre 2024) recentemente introdotta e solo in edilizia, resta una tragica beffa, non richiede nulla più di quanto già previsto prima. E se anche i punti si perdono, per qualche mancanza o infortunio grave, e si va sotto il punteggio minimo, l’opera eventualmente iniziata si può finire comunque anche senza riprendersi i punti!! Negli appalti vanno considerati i costi di progettazione e approfondita la gestione delle interferenze; non è possibile, come a Calenzano (rinvio al mio articolo del 22 dicembre 2024), riempire autocisterne di benzina contemporaneamente a lavori di manutenzione alle stesse pompe! Al CNEL, per contro, Confindustria propone di sostituire gli RLS con commissioni bilaterali, sul presupposto che in materia di sicurezza si è tutti sulla stessa barca: ma l’azienda rischia un calo dei profitti, i lavoratori l’incolumità quando non la vita! E la Confcommercio sostiene che poiché nel settore non ci sono rischi significativi, le norme di sicurezza vanno drasticamente semplificate/abolite, RLS compresi. Sul rischio calore, emblema del cambiamento climatico, ogni anno si è da capo: si discute faticosamente un protocollo (orari ove il lavoro permesso e ove proibito, pause, protezioni, bevande, sistemi di raffrescamento, sorveglianza sanitaria, ecc.) che riguarda agricoltura, edilizia, riders e in generale i lavori all’aperto. Ma va esteso ai lavori al chiuso, e quando le condizioni ambientali superano una certa soglia (non solo la temperatura, quindi, ma ad esempio umidità, ventilazione ecc.) il lavoro si deve interrompere e senza decurtazioni di stipendio, lo dicono l’art. 41 del TU 81/2008 e l’art. 2087 del Codice Civile; e questa è la battaglia che la CGIL porta avanti.
Un’ultima osservazione su Calenzano: colpisce come che su altri siti produttivi, ad esempio le piattaforme estrattive, ove opera con proprio personale, l’ENI adotta avanzati modelli di gestione della sicurezza, tra cui il THEME = The Human Error Model ENI, basato sull’analisi comportamentale ( per i curiosi, https://www.eni.com/it-IT/sostenibilita/persone-comunita/sicurezza.html). A Calenzano, evidentemente, tali sistemi non erano ritenuti necessari, hanno evidentemente prevalso altre logiche …. Che dire, infine? Resta molto da fare, ma c’è almeno una parte del sindacato che è “sul pezzo”.