L’autonomia differenziata, gli attacchi alla Costituzione e la via dei referendum

di Alfiero Grandi /
15 Novembre 2024 /

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Sull’autonomia regionale differenziata (legge Calderoli 86/2024) c’è attesa per il pronunciamento della Corte sui ricorsi presentati da 4 regioni sulla sua incostituzionalità che arriverà nelle prossime settimane, ma non tutto è fermo, come dovrebbe essere, in attesa della sentenza.

Anzi, Calderoli sta puntando a creare fatti compiuti, insieme ai sodali leghisti Zaia e Fontana, per frenare l’impatto delle decisioni della Corte sulla legge e in vista del referendum abrogativo la cui l’ammissibilità verrà decisa a gennaio. Non a caso Giorgia Meloni ha fatto due tentativi, per fare eleggere un suo candidato nella Corte costituzionale per influire direttamente sulle sue decisioni. Tentativi falliti ma che hanno reso evidente il disegno di mettere sotto controllo anche gli organi di garanzia costituzionale coe la Corte e il CSM, stravolgendo l’equilibrio costituzionale del 1948.

Perfino Tajani, Ministro degli Esteri e leader di Foraza Italia, ha risposto picche, parlando in Veneto, alle pretese di Zaia chiarendo che commercio e rapporti con l’estero debbono restare allo stato, come ha chiesto il Presidente della Calabria Occhiuto, FI.

Il governo non ha voluto chiarire preventivamente quali materie e funzioni era disponibile a cedere alle regioni, rinviando le decisioni alla Presidente del Consiglio e questo rende oggi inevitabili crepe nella maggioranza.

La talpa Calderoli lavora anche sulla Protezione civile. Zaia e Fontana ne pretendono i poteri per lo stato di calamità, per i soccorsi, per i fondi (guarda caso) dimenticando che la Protezione civile in Italia si è consolidata come struttura tecnica nazionale con tutti gli apporti necessari.

Abbiamo visto cosa è accaduto nella tragedia di Valencia dove il Presidente del Pais ha dichiarato l’emergenza quando il territorio era già allagato, ritardando la mobilitazione delle strutture di soccorso, aggravando i danni e il numero delle vittime.

La Protezione civile italiana funziona, è imitata da altri paesi, come struttura tecnica pronta ad affrontare emergenze che difficilmente seguono i confini regionali. La Protezione civile semmai andrebbe rafforzata come struttura nazionale, risolvendo il problema di garantire che i soccorsi abbiano tutte le risorse necessarie durante l’emergenza e dopo, mentre sappiamo che le popolazioni colpite sono tuttora in attesa dei ristori. Nella legge di bilancio le risorse per i danni delle alluvioni non ci sono, malgrado le promesse di Giorgia Meloni.

Anche Musumeci sembra avere detto no a Zaia e Fontana, ottenendo reazioni non amichevoli. Altri Ministri sono più abbottonati. Non si sa se Valditara (Lega) avrà il coraggio di resistere a tutela del sistema nazionale di istruzione pubblica, oppure cosa risponderà la Ministra del lavoro o quello dell’Ambiente. Troppi traffici silenziosi inquietano.

Nel tentativo di afferrare qualche potere ad ogni costo si è distinto il Presidente del Piemonte che ha chiesto per le Regioni i passaporti. Proposta estemporanea visto che l’anagrafe è dei Comuni, che i documenti vengono forniti dal Ministero degli Interni il quale sta sperimentando con le Poste l’emissione più rapida dei documenti. In questo che c’entrano le regioni ?

E’ sperabile che la Corte costituzionale tolga Zaia, Fontana, Calderoli e c. dall’imbarazzo di arraffare qualche potere ad ogni costo dichiarando la legge 86/24 incostituzionale, o in subordine dando via libera al referendum abrogativo per rimettere le cose a posto, visto che Giorgia Meloni continua a proteggere il patto di potere che è alla base della tenuta del governo, che prevede per la Lega l’autonomia regionale differenziata, per Forza Italia la separazione delle carriere dei magistrati (è in corso alla Camera una forzatura sui tempi) e per Fratelli d’Italia il Presidente del Consiglio eletto direttamente che ridurrebbe il parlamento ad un organo subalterno al Capo eletto e toglierebbe poteri e ruolo di garanzia al Presidente della Repubblica.

E’ un attacco alla Costituzione, all’equilibrio dei poteri che essa prevede, alla loro indipendenza, da parte di chi non si riconosce nel carattere democratico ed antifascista della nostra Repubblica parlamentare, nata dalla Resistenza.

Con il 44% dei voti la destra ha ottenuto il 59% dei parlamentari, malgrado questo enorme potere pretende di influire sull’orientamento degli organi costituzionali di controllo per tacitarli e per blindare gli stravolgimenti istituzionali che vuole introdurre. La conferma viene dal tentativo di La Russa di reclutare parlamentari dell’opposizione per arrivare al quorum necessario per le nomine nella Corte senza l’opposizione.

I 6 referendum: (Autonomia differenziata, cittadinanza, 4 per i diritti di chi lavora) sono la via per unire chi non accetta questo stravolgimento della Costituzione, ma bisogna avere consapevolezza che convincere ad andare a votare almeno 25 milioni di elettrici ed elettori è un compito oggi molto impegnativo ed è anzitutto sulle spalle delle forze della società, delle persone che vanno convinte. L’opposizione politica non basta da sola, come si vede dall’aumento delle astensioni. Per questo la campagna per i referendum deve continuare e crescere fino al voto nella prossima primavera.

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