Il 28 aprile è deceduto a 94 anni il sacerdote dehoniano padre dell’obiezione civile al militare e del servizio civile nazionale
“Buongiorno tutto il giorno” era il suo saluto quotidiano, in redazione, con i suoi confratelli e con le tante persone che incontrava nelle sue varie attività, con il sorriso generoso e gli occhi azzurri rilucenti. Molti di padre Angelo Cavagna ricordano, a distanza di anni, questo suo saluto, anche chi non lo ha seguito in qualcuna delle sue battaglie o non ha condiviso se non a tratti il suo lungo e articolato percorso pastorale e di impegno sociale, espressione di una umanità e di una capacità di empatia.
Redattore, direttore spirituale di volontari impegnati nella cooperazione e nel movimento per la pace, attivista, diremmo oggi, per che ha sempre ritenuto fondamentali come quella per l’obiezione di coscienza al servizio militare, padre Angelo Cavagna è stato innanzitutto sacerdote che fin dalla sua consacrazione ha interpretato il Vangelo in maniera radicale, un aggettivo che pure lui usava molto intendendo quel tipo di atteggiamenti che ogni cristiano dovrebbe avere seguendo le orme di Gesù povero tra i poveri, e nonviolento con i violenti e portatore di pace in ogni contesto.
Nato a Serina, in provincia di Bergamo, nel 1930, viene consacrato sacerdote nel 1956 e sulla scia delle istanze del concilio Vaticano II con un cammino graduale ma costante fa sue le istanze che da esso escono e che producono cambiamenti epocali nella vita della chiesa. A cominciare da quello di una chiesa che si “mescola”con il mondo e con le donne e gli uomini del suo tempo: mostrando simpatia verso l’esperienza unica dei preti operai non tanto per ideologia quanto per la valenza formativa di automantenimento, e per la possibilità di essere prete a contatto con le persone nel loro ambiente di vita, diviene “prete contadino”, più consono alle sue origini rurali, presso un’azienda agricola intensiva di Modena, che mette a dura prova il suo robusto fisico, tra l’attività lavorativa impegnativa e quella pastorale che porta avanti tra la gente e le famiglie.
Il vangelo della nonviolenza e la battaglia per la legge sull’obiezione di coscienza
Mosso anche dalla passione della formazione, sia dei seminaristi che dei giovani laici, non perde mai di vista questo versante che riesce a unire alle altre sue sensibilità, quella della pace innanzitutto. Una “pace” che non è mai, per un combattivo come Cavagna, semplice irenismo, ma volontà di costruire gli strumenti per “dare gambe alla pace” in contrapposizione a un sistema militaristico che proprio sui giovani pone una delle sue prerogative attraverso l’obbligo della leva militare. È così che la battaglia per l’obiezione di coscienza al servizio militare (Odc) diviene centrale nel suo attivismo che è solo l’altra faccia della sua profonda fede nel vangelo della nonviolenza che alimenta anche con i suoi più autorevoli esponenti, da Martin Luther King a Gandhi, da Capitini a don Tonino Bello, amico e compagno di viaggio.
Nel 1977 fonda il Gruppo di volontariato civile, Gavci, per dare una concreta possibilità per la difesa dello stato in maniera alternativa rispetto alla leva militare. Si tratta di una delle realtà più longeve nel panorama italiano, tuttora presente, in cui generazioni di obiettori hanno avuto la possibilità di impegnarsi in progetti di volontariato a sostegno dei più deboli, dei disabili, degli anziani invece che servire lo stato attraverso l’esclusivo servizio militare. Parallelamente ha portato avanti una decisa battaglia perché l’obiezione al servizio militare fosse riconosciuto e valorizzato al pari almeno del servizio militare, proponendo, insieme alle principali realtà pacifiste nazionali, una riforma della legge del 1972 che l’aveva resa legittima in Italia. Anni di incontri, conferenze, contatti diretti con parlamentari cattolici e laici favorevoli, articoli su Settimana, rivista dei dehoniani di cui ha fatto parte integrante, ma anche su testate come Il Manifesto e Avvenire, spesso scritti sui treni, di notte, tra un incontro e un altro da nord a sud dell’Italia, fino ai digiuni, alcuni protrattisi per molti giorni, in staffetta con altri obiettori e con il suo compagno di viaggio Marco Pannella. Grazie a lui e ai tanti che hanno condiviso la sua battaglia si arrivò alla promulgazione della riforma dell’Odc nel luglio del 1998.
In seguito alla legge 331 del 2000 che istituiva in Italia il “Servizio militare professionale”, che eliminò la leva obbligatoria, fu varata nel 2001 la legge sul “Servizio civile nazionale”, naturale evoluzione dell’Odc, dall’altro valore formativo ed educativo alla cittadinanza attiva, tuttora in vigore. A inizio del millennio si compì dunque una vera e propria rivoluzione dettata per lo più da esigenze tecnologiche dell’esercito e dei sistemi d’arma, con necessarie e adeguate competenze che tuttavia, nonostante l’eliminazione della leva, p. Cavagna vide con molto scetticismo, prevedendo, come di fatto poi accaduto, la sottrazione dal dibattito pubblico e parlamentare delle questioni della difesa e il rischio di opacità democratica.
Dalla cooperazione allo sviluppo alla marcia dei 500 pacifisti a Sarajevo
Altra realtà importante che p. Angelo contribuì’ a fondare insieme all’allora senatore bolognese Giovanni Bersani, fu il Cefa, organizzazione non governativa con sede a Bologna per la formazione agraria nei paesi in via di sviluppo, tuttora presente in molti paesi del corno d’Africa e di cui fu animatore spirituale, come segno di “carità intelligente e operante”, capace di fornire gli strumenti per una popolazione per divenire protagonisti di un autonomo sviluppo economico.
Un impegno per la pace a 360 gradi è dunque stato quello del sacerdote dehoniano che ha sempre unito riflessione ad azione e che ha avuto sempre il coraggio di condurre oltre i confini di una cultura, anche ecclesiale, non sempre pronta a recepirla e, in certi casi, refrattaria se non proprio ostile. Come quando a inizio anni 90 finì sulla cronaca locale le critiche dell’allora vescovo di Bologna Giacomo Biffi che non solo prese nettamente le distanze dalla nonviolenza, ma giunse a definire la sensibilità ambientale e quella pacifista come antitetiche al Vangelo per una forte carica umanitaria a discapito di quella veritativa.
Senza mai entrare in aperta polemica p. Cavagna intensificò i suoi interventi sulla necessità che i principi della nonviolenza fossero fatti propri anche dalla dottrina eccelsale che faticava a staccarsi dalla logica della “guerra giusta”, definendola immorale e quindi non giustificabile nell’epoca in cui, a motivo dell’efficienza e sviluppo tecnologico dei sistemi d’arma, espone solamente i civili alle conseguenze tragiche e nefaste.
Gli anni ’90 sono anche gli anni in cui il pacifismo è chiamato a dare testimonianza della sua validità e proposta alternativa dei metodi nonviolenti e il coraggioso sacerdote non si tira indietro quando alcune realtà ecclesiali, tra cui Beati i costruttori di pace del sacerdote padovano don Albino Bizzotto, e Pax Christi con l’indimenticabile don Tonino Bello, vescvo di Molfetta, decidono di organizzare una marcia nella Sarajevo assediata dalle milizie serbo-bosniache. In 500 pacifisti marciano verso la Bosnia e dopo varie difficoltà una parte di essi entrano in città con l’autorizzazione del generale serbo e delle milizie musulmane che ne controllavano parti, e il 10 dicembre, giorno della Dichiarazione dei diritti umani, partecipano a un incontro interreligioso. P. Angelo ricorderà quel viaggio per il suo tentativo di creare ponti di pace attraverso una presenza fisica fondamentale dopo sei mesi di assedio e consegnando a tutte le parti in causa una proposta di pace preparata dall’allora docente di diritto internazionale di Padova prof. Antonio Papisca.
Per una nuova ONU sovrana
Oltre a quello con il vescovo di Molfetta, che pochi mesi dopo morirà di un tumore incurabile, la collaborazione con il prof. Papisca continuerà nell’ambito della promozione della “via istituzionale alla pace”, come era solito definirla, che comportava la costruzione di un sistema istituzionale garante della sicurezza e della gestione diplomatica e nonviolenta dei conflitti. In essa fondamentale per p. Angelo era una nuova ONU: “Auspico che la risoluzione delle controversie internazionali venga assunta non dalla Nato, ma da una ONU riformata e che sia realizzata con veri interventi di polizia internazionale. Per tali motivi sostengo anche l’istituzione di un Corpo civile europeo di pace, mentre si contrasta la nascita di un nuovo esercito europeo in aggiunta agli altri” scriveva a riguardo su Settimana (n. 35/2000). Nella sua visione la “nuova ONU” sarebbe stata efficace solo se ogni stato avesse ad essa ceduto una parte della sua sovranità” così da avere una capacità decisionale reale e non solo di raccomandazione.
A oltre 20 anni di distanza le sue parole e quella visione risultano ancora quanto mai attuali e profetiche. P. Angelo si è spento lo scorso 28 aprile all’età di 94 anni presso la casa dei dehoniani di Bolognano, in Trentino, dopo una lunga malattia senile. La sua salita in cielo è avvenuta all’indomani del decimo anniversario della canonizzazione di San Giovanni XXIII, grande fautore della pace e come lui bergamasco. Piace pensare che questi due giganti della pace siano ora insieme e guidino le idee e i passi dei tanti “artigiani e artigiane di pace” che con papa Francesco continuano la costruzione di un mondo in cui la guerra sia definitivamente bandita dall’umanità.