Il 22 aprile tredici agenti della polizia penitenziaria sono stati arrestati con l’accusa di aver picchiato, torturato e costretto a vivere in “un clima infernale” dodici ragazzi detenuti nel carcere minorile Cesare Beccaria di Milano. Tredici agenti significa praticamente la metà di quelli che lavoravano nell’istituto. Le violenze, tra cui un tentativo di stupro, sarebbero cominciate nel 2022. I poliziotti arrestati erano ancora tutti in servizio al Beccaria, tranne uno. Altri otto sono stati sospesi dall’incarico.
I ragazzi sarebbero stati picchiati con “uso di bastoni mentre erano ammanettati”, secondo i pubblici ministeri. Per non lasciare tracce sui loro corpi sarebbero stati usati anche “sacchetti di sabbia”. Bastava “un comportamento arrogante da parte di un ragazzo” per scatenare una “reazione di inaudita violenza”. Uno, accusato di aver incendiato la sua cella, sarebbe stato ammanettato e pestato da sette agenti. Per dieci giorni lo avrebbero rinchiuso da solo in una cella: i primi tre senza materasso, cuscino e lenzuola. In isolamento sarebbe finito anche il ragazzo che si sarebbe opposto alle molestie sessuali di uno dei suoi carcerieri: ma per sovrappiù di crudeltà lo avrebbero lasciato nudo e ammanettato.
I pubblici ministeri parlano di un vero e proprio “metodo” messo in campo da “persone deviate dal sistema”. Che ci fosse un metodo è presunto, che si tratti di una deviazione del sistema è un peccato di presunzione: ogni volta che si verificano casi del genere si parla di mele marce ed elementi deviati tra gli agenti della penitenziaria. Ma il problema è che in Italia è il sistema stesso delle carceri a essere deviato e a creare devianza, e in alcuni casi i problemi che toccano le prigioni per adulti si riflettono anche in quelle per minorenni. Basta dare un’occhiata al nuovo rapporto dell’associazione Antigone, Nodo alla gola, pubblicato nelle stesse ore in cui erano svelate le presunte violenze al Beccaria.
Oggi in cella ci sono circa 61mila persone, ma i posti disponibili sono più o meno 50mila. I detenuti che si sono suicidati dall’inizio dell’anno sono trenta. Nel 2022 erano stati 85. “In carcere ci si leva la vita ben 18 volte in più rispetto alla società esterna”, scrive Antigone. La crescita del numero dei suicidi negli ultimi anni è difficile da spiegare: ogni gesto di questo tipo ha dietro ragioni complesse e drammatiche, in cui potrebbero giocare un ruolo anche le condizioni pessime delle carceri.
L’aumento del numero dei detenuti ha invece cause più chiare. Le persone sono condannate a pene più lunghe e gli sono concesse meno misure alternative o liberazioni anticipate. Sono scelte, le scelte risentono del contesto, e il contesto è quello di un governo innamorato delle galere altrui: “Va sottolineato che l’attuale governo ha introdotto una decina di nuovi reati e sei nuove fattispecie penali”, scrive Antigone. A questo aumento di detenuti e di leggi punitive non corrisponde un aumento del numero dei reati. “Dal 1 gennaio al 31 luglio 2023 erano stati commessi in Italia 1.228.454 delitti, il 5,5 per cento in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”.
Negli ultimi sette anni anche i reati commessi dai minorenni sono diminuiti, ma è cresciuta la voglia di metterli in carcere. Nel 2015 chi aveva meno di diciotto anni aveva commesso 36mila reati, due anni fa 32mila. Eppure, soprattutto nell’ultimo anno, è aumentato il numero di adolescenti negli istituti penali per minorenni (Ipm): nel 2015 erano 436, alla fine del 2022 erano 381, oggi sono 532. Mai così tanti negli ultimi dieci anni.
Ancora una volta la crescita si deve al governo Meloni. Leggi come il decreto Caivano del 2023 hanno reso più facile prendere un ragazzo e chiuderlo in cella, anche per fatti di poco conto, invece di immaginare per lui percorsi alternativi nelle comunità.
Finora il sistema di giustizia minorile italiano, basato sulla convinzione e gli sforzi per evitare la galera ai più giovani, è stato un modello per molti paesi. Oggi sembra esserci la volontà di smantellare questo modello. Adulti che siedono tra i banchi del governo o nelle redazioni dei giornali accusano ragazze e ragazzi di essere degli ecoterroristi se protestano per difendere l’ambiente. O inventano emergenze legate alla diffusione delle cosiddette baby gang se qualche minorenne è coinvolto in fatti di cronaca. Poi quando quegli adolescenti finiscono in carceri in cui sono vittime di violenza si parla di sistema deviato.
Ragazze e ragazzi ci guardano. E lo spettacolo che vedono dev’essere tremendo.
Questo articolo è stato pubblicato su Internazionale il 23 aprile 2024. Immagini di copertina Tim Hüfner/Unsplash