Stazione di Porta Susa, in Corso Vittorio Emanuele, un tempo quartiere operaio, ora fortemente terziarizzato, tutti palazzoni, uffici, ampi viali, un’atmosfera rarefatta del sabato pomeriggio con pochissima gente in strada, Romolo Calcagno ed io a consumare, una pasta al pesto in un bar che profumava di vecchia periferia, prima di recarci all’appuntamento con la ex GKN.
La prima assemblea dell’azionariato popolare ex GKN, la fabbrica di Firenze in lotta da due anni e mezzo contro la dismissione, a cui abbiamo partecipato come manifesto in rete in qualità di azionisti, si è tenuta a Torino, per l’area Nord-est, presso il Centro Sociale Occupato Gabrio, tempio delle lotte sociali come dimostrano gli stupendi coloratissimi murales che adornano tutte le pareti e che parlano da soli.
Una riunione molto partecipata, circa 150 persone, per discutere della situazione della vertenza e del piano industriale per la ripresa produttiva, predisposto dalla nuova cooperativa GFF dei dipendenti ex GKN sorretto dall’idea produttiva e politica di fabbrica pubblica e socialmente integrata, concetto ampiamente illustrato nel corso dell’incontro.
La riunione si è svolta con gli interventi introduttivi di Dario Salvetti, Leonard Mazzone e le comunicazioni di alcuni responsabili delle linee produttive delle nuove attività in corso di progettazione, per quando potrà cominciare la produzione.
Una vertenza sempre più complessa a causa dei forti ostacoli frapposti dall’attuale proprietà, QF, ad una soluzione positiva della crisi. Una proprietà volutamente passiva e silente che ostacola in tutti i modi le possibilità di ripresa produttiva, una proprietà che non ha presentato un piano industriale, che rifiuta quello proposto dai lavoratori, che soprattutto non paga da mesi gli stipendi.
È il nodo gordiano della vertenza, contro il tentativo costante di logoramento per strangolamento economico dei dipendenti, sfidando la loro volontà e capacità di resistenza. Per questa ragione a fronte di un piano industriale proposto con tutti i crismi della ufficialità alle autorità pubbliche e ai possibili finanziatori, il collettivo ex GKN sta tentando di costruire le condizioni per dare una svolta positiva e definitiva alla vertenza.
Per questo, reclamano, occorre un ruolo attivo in tempi brevi del pubblico inteso come insieme di soggetti istituzionali, locali, regionali e nazionali che sblocchino la situazione, costringendo la proprietà ad assumersi le sue responsabilità fornendo una proposta produttiva in continuità occupazionale o alla rinuncia, che conceda alla cooperativa operaia il possesso della sede della fabbrica e attivi tutti gli strumenti finanziari utilizzabili, dalla legge Marcora a quelli già individuati, per attuare il piano industriale.
Il Piano, scaturito da un confronto con diversi interlocutori qualificati (partners industriali, istituzioni, Arci, Banca Etica Legacoop, CFI), consiste in due linee produttive, una per la produzione di “cargo-bike” nuova tipologia di cicli per il trasporto commerciale e di persone, in fase di sviluppo. Una seconda linea di produzione di pannelli fotovoltaici per una produzione annua di 300 megawatt, anche questo un mercato in forte espansione in Italia e in Europa, il tutto corredato da business plan economici previsionali.
La dimensione sociale e politica del progetto è un elemento caratterizzante fin dall’inizio del gruppo ex GKN, la proposta di una cooperativa per l’autogestione e di un azionariato popolare per dare un’ampia base sociale al progetto, favorire un’attiva partecipazione per un’idea più generale di trasformazione economica, culturale, politica molto consapevole, è la cifra che rende la vicenda del tutto diversa da altre situazioni analoghe.
Intorno a questa vertenza è stata costruita un’enorme rete di iniziative culturali, di solidarietà attiva e di partecipazione politica, ma soprattutto di sostegno concreto. Non a caso da quando il piano di autofinanziamento popolare è stato proposto, si sono raccolti 160.000 euro nella primavera 2023 dall’APS SOMS INSORGIAMO con la campagna di reward crowdfunding di cui 155.000 euro versati in quota capitale alla cooperativa GFF, grazie all’azionariato popolare avviato a settembre 2023 oltre 600.000 € di azioni prenotate fino a gennaio 2024!
Un successo clamoroso se si pensa ad un’azienda in crisi che ha cessato le attività e una proposta in corso di approntamento ma non ancora decollata. Nemmeno un euro sarà utilizzato delle somme raccolte fino a quando il piano non sarà effettivamente concretizzato.
Un potenziale che può ancora crescere fino a raggiungere e superare senza particolari difficoltà l’obiettivo enunciato: un milione di euro di autofinanziamento da azionariato popolare, per la realizzazione di una grande impresa mutualistica.
Ora è molto importante che questa vertenza venga assunta come una priorità da tutti i soggetti, istituzionali, sindacali e politici per sconfiggere il contropiano non occulto che esiste e che punta senza mezzi termini a utilizzare l’area GKN per l’ennesima trasformazione edilizia speculativa, semplicemente cassando questa idea cooperativistica.
Una lotta così difficile che dura da due anni e mezzo è la dimostrazione che questo gruppo operaio ha le carte in regola per vincere la battaglia della vita.
La risoluzione approvata all’unanimità all’assemblea
Dichiarazione assemblea azionariato popolare nordovest
Torino, 17 febbraio. Oltre a questa dichiarazione sono state visionate le slides di aggiornamento sul progetto industriale
Intervento pubblico qui e ora… Che la primavera cominci
1. Senza intervento pubblico, Gkn non si salva. Da tempo la proprietà della fabbrica si è disconnessa da qualsiasi funzione produttiva. La volontà è la distruzione della capacità produttiva della fabbrica senza alcun altro piano esplicito. La reindustrializzazione dal basso immaginata dai lavoratori e l’azionariato popolare sono elementi di controllo operaio, sociale e di propulsione della creazione di un polo delle energie rinnovabili e della mobilità leggera a Campi Bisenzio. Non vogliono e non possono sostituirsi all’intervento pubblico.
2. Non solo senza intervento pubblico non si salva Gkn. Senza intervento pubblico non c’è nemmeno salvataggio dei posti di lavoro e transizione ecologica nell’automotive. Non c’è in generale transizione ecologica e riconversione delle aziende inquinanti. Né c’è alcuna possibilità di dismettere l’industria bellica e riconvertirla. Con un combinato di meccanismi – di monopolio dei grandi gruppi, inerzia, massimizzazione del profitto, assenza di pianificazione ecc. – il mercato è incapace di rispondere a logiche di pubblica utilità e di piano collettivo. Anche laddove sposa meccanismi di riconversione ecologica, lo fa parzialmente, tardivamente, in forma contradditoria.
3. Siamo per l’intervento pubblico qui e ora ma non per l’intervento pubblico per come già esiste qui e ora. Al di là di ogni vulgata liberista, l’intervento statale nell’economia è presente e ampio: a finanziare gli interessi sul debito, le grandi opere inutili e nocive, socializzare le perdite, le spese militari. La gestione delle crisi industriali attraverso incentivi alla rioccupazione, ammortizzatore sociale si è rivelata un enorme spreco di risorse pubbliche con effetti irrisori. Ribaltando totalmente la vulgata, l’attuale intervento statale è puro assistenzialismo, spreco, inefficienza.
4. Rivendichiamo intervento pubblico in un contesto di uno Stato, di un Governo che non sanno, non vogliono, non possono farlo. Non concepiamo per questo la richiesta di intervento pubblico come una campagna di convincimento per smuovere qualche stanza dei bottoni. Così come già accaduto, siamo in grado – e laddove opportuno lo faremo – di presentare precise proposte di legge. Ma il tipo di intervento pubblico a cui ci richiamiamo non esiste e non può darsi senza controllo sociale diffuso, crescente, dal basso. La classe dirigente del nostro intervento pubblico si forma nelle mobilitazioni sociali, sindacali, politiche, nelle pratiche di autogestione, mutualistiche, di comunità. Non si tratta solo di stimolare lo stanziamento di capitale pubblico per fini sociali positivi – il che già di per sé non è poco – ma di contenderlo all’inefficienza, il boicottaggio, la dispersione. Il grande capitale privato non ha interesse all’intervento pubblico se non in perdita.
5. Gkn non è un modello, ma un esempio, un grimaldello. La lotta non è arrivata a concepire la fabbrica socialmente integrata come risultato della propria concezione ideologica precostituita, ma in una lotta corpo a corpo con le tattiche con cui il capitale distrugge la fabbrica. E non è quindi detto che altre vertenze debbano seguire la stessa parabola. La fabbrica socialmente integrata è pubblica nel capitale, nelle finalità produttive, nella sua disponibilità al territorio con cui si collega attraverso la Società Operaia di Mutuo Soccorso. La richiesta di intervento pubblico ha quindi un punto di ricaduta su cui misurarsi qui e ora. Gkn ha bisogno della spinta all’intervento pubblico per vincere, la richiesta di intervento pubblico ha bisogno di Gkn, e non solo, per uscire dall’astrazione.