L’occupazione militare della Sardegna e i suoi rintocchi di morte super-tecnologici

di Aldo Lotta /
29 Maggio 2023 /

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In questi giorni è ampiamente sotto gli occhi dei sardi la monumentale ambiguità e ipocrisia con cui si porta avanti il programma di implementazione ad oltranza del sistema finanziario-industriale-militare in Sardegna e in Italia.

Ad esempio, ai margini dell’esercitazione multinazionale, interforze ed interagenzia “Joint Stars” che ha squassato e profanato ancora una volta luoghi il cui splendore si credeva un tempo votato alla delizia dei turisti internazionali senza elmetto, il Comandante del Comando operativo del vertice interforze Generale Francesco Paolo Figliuolo ha affermato: “Con un’iniziativa intrapresa con i Carabinieri forestali, al termine delle attività sarà fatto un calcolo di anidride carbonica relativa all’esercitazione e ci sarà una contropartita in piantumazione di alberi”.

Ma un aspetto originale delle operazioni belliche condotte in questi giorni nei territori sardi è la comparsa del “Settore Cyber”, con un propagandato impegno nello sviluppo della sicurezza nei confronti appunto dei crimini informatici.

Per cercare di comprendere, fin nelle pieghe, i risvolti concreti di tale annuncio pensiamo allo sviluppo globale che negli ultimi anni ha avuto questo settore strategico grazie all’industria tecnologica israeliana, all’avanguardia nel mondo, con importanti penetrazioni nell’ambito militare di tantissimi Stati, democratici e non: argomento oggetto di una preoccupata e capillarerelazione-denuncia di Amnesty International pubblicata il 2 maggio scorso.

Basta ricordare il sistemaPegasus della israeliana NSO Group “..a disposizione dei governi repressivi che vogliono ridurre al silenzio i giornalisti, attaccare gli attivisti e stroncare il dissenso, mettendo a rischio innumerevoli vite umane”, (compreso il caso dell’omicidio di Jamal Khashoggi).

Ma, sempre sul “Settore Cyber”, di maggiore attualità e fortemente allarmante è quanto messo in atto, sempre dall’esercito israeliano, nei territori palestinesi attraverso l’utilizzo di un sistema di riconoscimento facciale, chiamato Red Wolf, atto a individuare e tracciare indistintamente tutti (e solo) i palestinesi. Ciò, ovviamente, consente, contro tutte le leggi internazionali, di controllarne i movimenti e accentuare il processo di Apartheid nei loro confronti.

Attraverso questi sistemi di “difesa cyber” oggi  Tel Aviv è in grado di ascoltare le conversazioni telefoniche di ogni abitante della striscia di Gaza e della Cisgiordania mentre, riguardo al settore biometrico, può incrociare le scansioni dei volti con i dati presenti nello sconfinato archivio “Wolf pack” “..contenente ogni informazione personale sui palestinesi dei Territori occupati e accessibile in ogni istante alle forze israeliane attraverso l’applicazione Blue wolf.”

Un settore quindi, quello della Cyber Sicurezza con le stellette, non certo foriero di buone promesse per nessuna comunità civile, tanto meno riguardo al futuro della nostra isola. Specie considerando come la stretta alleanza-complicità esistente tra i governi italiano e israeliano è qui testimoniata dalla familiare presenza degli stessi top gun che da decine d’anni sganciano periodicamente i loro carichi di morte sulla striscia di Gaza. Mentre, nel frattempo, la nostra RWM si è felicemente assunta il compito di costruire i droni killer della israeliana UVision.

Tutto ciò deve risvegliare e potenziare la consapevolezza dei Sardi sulla necessità di opporre un “Basta!” alla trasformazione della nostra isola in un tragico poligono-vetrina dell’eccellenza militare-industriale italiana nel mondo. E un No deciso alla sperimentazione nella nostra regione di perversi sistemi di tecnologia informatica di marca militare: quelli che dovunque nel mondo stanno permettendo la crescita di uno strapotere istituzionale autoritario, antidemocratico e criminale, fino ad un apartheid automatizzato.

Oggi il diritto dovere dei cittadini sardi è quello di decostruire uno scellerato progetto imposto di “sviluppo” dell’isola ed esigere per sé e le future generazioni una crescita giusta, pacifica e democratica, fondata sui principi della Costituzione e sul diritto internazionale. Possiamo e dobbiamo esercitare tale diritto scendendo prima di tutto in piazza, tutti, pacificamente, a cominciare dall’importantissima manifestazione del 2 giugno a Cagliari con cui si chiederà a gran voce la cessazione definitiva di tutte le esercitazioni e le realizzazioni di strumenti di morte nella nostra isola.

Questo articolo è stato sul manifesto sardo il 28 maggio 2023

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