Il purgatorio non è eterno: L’origine del male nella guerra dei Balcani

di Maurizio Cottone /
15 Maggio 2023 /

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Pubblichiamo qui di seguito la recensione di Maurizio Cottone al libro di Claudio Uguccioni “Il purgatorio non è eterno”. Il romanzo è stato presentato venerdi 12 maggio a Rimini, in un evento promosso dalla Rete Pace e Disarmo.

Claudio Uguccioni con Il purgatorio non è eterno, (Ronzani, 2020) ha costruito un romanzo avvincente anche per chi storce il naso davanti ai libri di genere. Comunque il genere poco importa: la verità è che il romanzo di Uguccioni è scritto molto bene, è ricco di colpi di scena, e ha un incredibile approfondimento storico – sconosciuto ai più – inserito in una storia di fantasia. 

Il romanzo vede impegnati il vicecommissario Luigi Ranieri e il magistrato Elena Mariani nello scoprire un intrigo internazionale, relativo a fatti storici realmente accaduti durante la Seconda Guerra Mondiale.

Uguccioni ha svolto una preziosa ricerca per farci conoscere la storia occultata del regime filo nazista degli Ustascia, una sorta di squadrone della morte croato dedito alla pulizia religiosa ed etnica contro la popolazione serba.

Tutto ciò con il placido e omertoso benestare del Vaticano, avvallato dalla CIA, apparati entrambi sempre in lotta contro il comunismo. 

Il Vaticano era, ed è ancora, rappresentato in Croazia dalla confraternita dei francescani, riconosciuti e inseriti nel territorio croato da millenni. 

Il titolo iniziale del romanzo era, non a caso, “L’oro di Dio”. 

Basti pensare ai segreti e agli scandali sempre attuali che vedono coinvolto lo IOR, la banca Vaticana. Il tema, per certi versi sconvolgente, appare anche attuale se pensiamo alla guerra che viviamo vicino casa, e alla presa di posizione netta del governo italiano. 

Insomma una Italia la nostra, a prescindere dai colori politici di chi governa, sempre suddita degli Americani e complice della narrazione parziale che ci propina la televisione e i maggiori quotidiani nazionali. 

Narrazione che divide i due fronti bellici in uno buono, vittima, e uno cattivo, aggressore. Narrazione che bolla i pochi coraggiosi che cercano di portare una visione diversa, più equa, del conflitto, come filo-comunisti se non negazionisti. Credo che Claudio, con questo romanzo, intenda fare il contropelo alla storia passata e invita noi a fare altrettanto anche con quella attuale, che vede tante similitudini, a cominciare dai motivi scatenanti della guerra: situazioni di stallo lasciate irrisolte dalla divisione di confini ereditati dalle guerre precedenti, dove popolazioni che si riconoscono in altra nazione (per religione, e/o etnia, e/o cultura) sono state costrette a sostare nei confini di un Paese che mal li tollera, e che loro non riconoscono.

Molti capi Ustascia che durante la Seconda Guerra Mondiale si erano macchiati di crimini contro l’umanità sono riusciti ad evitare i Tribunali internazionali grazie all’aiuto e alla copertura di ambienti ecclesiastici conniventi, che hanno permesso la loro fuga in America Latina, passando attraverso l’Italia.

In America Latina arrivò anche Ante Pavelic, comandate croato macchiatosi di sterminio della popolazione serba residente in Croazia. Pavelic, ricercato come “criminale di guerra” sarà obbligato a fuggire dall’America Latina, per riparare nella Spagna dell’ex dittatore Francisco Franco prima di essere finalmente arrestato e condannato dal Tribunale Internazionale.

Uguccioni, attraverso i protagonisti del suo romanzo, cerca di gettare luce su di un pezzo di storia, che spiega bene le origini dell’odio tra croati e serbi.  

Ranieri e Mariani svolgono le loro indagini a Roma nel 1995, durante gli anni dell’assedio di Sarajevo e del massacro di Srebrenica. Sono gli anni della dissoluzione della Jugoslavia con l’indebolimento del governo post-comunista, che andando via via perdendo la forza ideologica, fece strada al rafforzamento del nazionalismo.

Non a caso la fine dello stato confederato Jugoslavo inizia nel 1991, quando i due stati con più profonde spinte nazionaliste, la Slovenia e la Croazia, proclamarono la propria indipendenza.

La reazione dell’esercito federale, composto in maggioranza da serbi, si fece sentire immediatamente attraverso massacri e rastrellamenti.

Così dalle indagini dei nostri prodi, che inconsapevolmente si trovano ad indagare “le Origini del Male” nei Balcani, scopriamo che, durante La Seconda Guerra Mondiale, i croati filo nazisti avevano creato un campo di concentramento vicino a Zagabria, dove sono state uccisi, in maniera efferata, almeno 100.000 serbi, compresi donne e bambini.

Altri vennero espulsi, e altri ancora furono costretti a convertirsi alla religione cattolica, pur di non perdere la propria casa. 

I croati si tennero solo i serbi da massacrare, gli ebrei, quelli no, non erano oggetto di odio da parte loro, ma solo persone da donare ai tedeschi per imbonirseli. 

Ovviamente l’Oro di tali vittime lo trattennero: questo Oro è la causa del titolo originale del presente romanzo. 

Tale omissione storica sulle barbarie croate è avvenuta per chiari motivi politici, che sarebbero tornati utili durante la guerra fredda. 

L’esercito croato, infatti, grazie alla forte influenza del Vaticano, e con l’appoggio degli Americani, nel 1995 ha usufruito dei finanziamenti per la nota “Operazione Tempesta”, finalizzata a fermare l’avanzata delle truppe serbe-bosniache, che rappresentavano ciò che rimaneva residuale del comunismo.

Questo avvenne grazie alle armi inviate dagli americani, e ai quattrini versati dallo IOR in cambio di lingotti d’oro sequestrati, a suo tempo alle vittime, serbi e ebrei presenti nel territorio croato.

Un nazionalismo intriso anche di dogmi religiosi quello dei vari popoli dell’ex Jugoslavia, che vede popolazioni abitanti lo stesso paese mischiate e divise da etnie e religioni diverse: cattoliche, ortodosse e musulmane.

Tra i tanti massacri e aberrazioni di odio tra questi popoli è opportuno ricordarne una, esemplare: al tempo degli Ustascia un frate francescano Miroslav Filipović, detto Fra Diavolo, divenne una belva criminale.

Nonostante il Vaticano l’avesse spretato, egli quando venne condannato dal Tribunale per i Crimini di Guerra, chiese di indossare di nuovo il saio francescano: morì impiccato vestito da frate nel tentativo estremo di non finire all’Inferno. 

Ma per fortuna, come ci dice Uguccioni, il purgatorio non è Eterno.

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