In Lombardia, per via di un emendamento di fine 2022 che li ha equiparati alle strade agrosilvopastorali, anche i sentieri e le mulattiere potranno essere percorsi dalle moto e dai quad. Motivazione? “Adeguarsi ai tempi” e “togliere i giovani dalle strade del degrado”. Un disastro culturale che rischia di contagiare anche altre Regioni.
Questa strada per cui camminiamo, questo selciato sconnesso ed antico, non è niente, non è quasi niente, è un’umile cosa, non si può neppure confrontare con certe opere d’arte di autore, stupende della tradizione italiana, eppure io penso che questa stradina da niente, così umile sia da difendere con lo stesso accanimento, con la stessa buona volontà, con lo stesso rigore con cui si difende un’opera d’arte di un grande autore
Pier Paolo Pasolini – La forma della città (1974)
In Lombardia, e a breve anche altrove, chi aveva intenzione di passeggiare per sentieri e mulattiere la prossima estate si dovrà preparare a disdire tutto e a ripiegare su un corso intensivo di motocross. Lo si deve a un emendamento dello scorso 7 novembre 2022 degli allora consiglieri regionali leghisti (Alex Galizzi e Floriano Massardi) e al via libera della Giunta regionale del presidente Attilio Fontana: d’ora in poi anche i sentieri e le mulattiere saranno bellamente percorsi dalle moto.
Scandalizzati? Anche io quando ho letto le modifiche dell’articolo 59 della legge regionale 31/2008 (Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale) dove, con abilità certosina, i due ex consiglieri hanno aggiunto le paroline “sentieri e mulattiere” equiparandole così, e a tutti gli effetti, alle strade agrosilvopastorali, peraltro da tempo pericolosamente prese d’assalto da moto e auto di tutti i tipi. Ora lo saranno anche i sentieri, in barba alla loro delicata definizione nazionale. Cioè “strada a fondo naturale formatasi per effetto del passaggio di pedoni o di animali” (Codice della strada, art. 3, punto 48).
Avete letto bene: pedoni e perfino animali, non moto e quad. Fondo naturale e non pista da enduro. Su sentieri e mulattiere è (ma ora dovremo dire era) vietato -ribadisco, vietato- il transito di moto e motorini. È chiara la gravità della nuova norma regionale lombarda? Chiaro l’effetto domino che potrà generare? Una infinità di percorsi pedonali sarà invasa da sfreccianti moto che si infileranno ovunque scavando solchi nei prati, danneggiando sponde fluviali, arbusteti, aree umide, disturbando uccelli, animali, greggi al pascolo, insetti impollinatori e mettendo in pericolo, ovviamente, tutti coloro che passeggiano. Prepariamoci a sborsare risorse pubbliche per soccorrere i feriti, che non mancheranno. E a nessuno venga in mente di dire che questo non è un problema, vista la gravità di cose che ci sono.
In verità l’accumulo di questi piccoli problemi e la loro pervasività nella quotidianità rendono di molto peggiori le nostre vite e il nostro abitare il territorio. I sentieri sono un patrimonio dell’umanità e sono l’eredità della migliore storia delle civiltà, anche per questo sono intoccabili dalle moto e andrebbero solo tutelati e spinta la cittadinanza a camminarci di più. Il Cai è basito da questa decisione e denuncia la continua e tossica idea che la montagna esista solo se viene sfruttata. Quell’insieme di fili leggeri che sono i sentieri ha dato origine a paesi e borghi in tutto il mondo. Natalino Russo ha titolato il suo libro “L’Italia è un sentiero” proprio per spiegare l’enorme potenziale che quella fitta rete potrebbe avere nel far conoscere la bella Italia di mezzo, permettendole di non venir più abbandonata. E invece i sogni di rigenerazione urbana di quell’Italia interna a colpi di sentieri e ciclabili andranno in fumo (quello dei tubi di scappamento) assieme alle centinaia di migliaia di posti lavoro sani e sostenibili che si potrebbero generare con una visione ben diversa dall’emendamento Galizzi-Massardi. Solo l’ignoranza, intesa come la non conoscenza del potenziale culturale e occupazionale diffuso di quelle linee lente, poteva far venire in mente qualcosa di così distruttivo come quegli emendamenti.
Ma i due, come vedremo fra poco, “ritengono necessario adeguarsi ai tempi” (i loro) e quindi non sono interessati a sapere che Siena è quello che è grazie alla Via Francigena, ovvero a un sentiero. E i tempi sono ancora favorevoli ai cammini da viaggio se solo si investisse in questo e non nel motocross. A maggior ragione nelle aree più fragili come quelle appenniniche ad esempio. Invece no, il destino delle aree interne è divenire un grande Luna park per sgasatori tassellati se le Regioni copieranno e incolleranno la legge lombarda, o se i club di enduro cominceranno a fare pressioni sui sindaci e su altre regioni portando in palmo di mano l’esempio lombardo. O magari saranno gli operatori turistici, spesso a caccia di attrattività e di soldi facili a spese della natura, a suggerire a qualche parlamentare di istruire un disegno di legge copiando da quello lombardo.
Un disastro si profila all’orizzonte: l’idea privatistica di natura si impone sempre più. Quelle modifiche lombarde sono gravissime ed è bene che la politica si svegli. Vietato considerare modifiche del genere delle inezie. Leggi come queste sbarrano la strada a ogni sano progetto di rigenerazione territoriale, ci allontanano da qualsiasi traguardo ecologico e di biodiversità e stampano nella testa di tutti, a partire dai più giovani, l’idea che iniziative del genere siano giuste, ottimi modelli sociali e che il paesaggio esiste solo per essere sfruttato, perché è giusto sfruttarlo. Disastro culturale.
Per rendersi conto pienamente del disastro vale la pena leggere la motivazione con la quale i due hanno proposto gli emendamenti, poi accolti dalla Giunta regionale lombarda. “La modifica (ovvero l’equiparazione dei sentieri e delle mulattiere alle strade agrosilvopastorali, ndr) si rende necessaria per adeguarsi ai tempi ed in linea con la possibilità di dare maggiore autonomia strategica e decisionale ai territori, permettendo agli enti comunali sul territorio di regolamentare il transito con i mezzi a motore, non solo sulle strade agrosilvopastorali, ma anche sui sentieri e le mulattiere. La presente modifica è necessaria per meglio regolamentare le varie tipologie di mezzi a motore, anche per permettere alle amministrazioni locali le strategie di accesso al territorio e sviluppare le strategie manutentive e le politiche turistiche sportive. I mezzi a motore nel tempo si sono evoluti ed anche la semplice bicicletta o monopattino sono dotati di motore e con questa modifica l’amministrazione locale potrebbe differenziare l’utilizzo del singolo percorso (strada agrosilvopastorale, mulattiera o sentiero) per tipologia come per esempio: pedonale, ciclabile, e bike, monopattino, monopattino elettrico, moto da trial, moto da enduro, etc.. Resta altresì valida, come in precedenza, la possibilità che per ogni tipologia di utilizzo, la differenziazione nei regolamenti comunali la possibilità a scopi manutentivi o strategici, gli esercizi di convenzioni e accessi a pagamento”.
Si tratta di motivazioni futili e faziose, apodittiche e senza uno straccio di prove: non stanno in piedi. “Adeguarsi ai tempi” non è affatto una ragione valida e riconosciuta per fare a pezzi il paesaggio e mettere a rischio la sicurezza di chi cammina sui sentieri. Equiparare le e-bike e i monopattini alle moto da trial e da enduro è un trucco scorretto e pericolosissimo, eppure qui viene proposto come giusto. Non è difficile capire che le moto hanno velocità-massa diverse e quindi impatto ben maggiore di un monopattino o una e-bike (che pure sono problematiche sui sentieri: personalmente non le autorizzerei sui sentieri ma solo sulle strade agrosilvopastorali). Non è difficile capire che le moto scaricano inquinamento e rumore, solcano i suoli e generano danni enormi alla natura. Non è difficile capire che in caso di scontro con un pedone possono essere mortali. È anche una pretesa senza alcun fondamento sostenere che lo svincolo di sentieri e mulattiere sia una corretta azione a favor dell’autonomia locale: ma chi lo dice?
Qui si è messa in crisi l’autonomia locale togliendo una regola sacrosanta (il divieto di uso di sentieri e mulattiere alle moto) e dando in pasto a 1.500 regolamenti comunali diversi l’uso dei sentieri: pura deregolamentazione e produzione di caos. E poi sappiamo tutti benissimo che i sindaci possono subire pressioni dai motociclisti e dalle loro associazioni. Lo abbiamo già raccontato in occasione del mondiale di endurocross tenutosi in valle Staffora (PV) e Curone (AL) nel 2021.
Deregulation di questo tipo vanno evitate nel modo più assoluto, ancor più all’indomani della pandemia, quando tutti si fanno belli recitando il ritorno dei cittadini alla natura dietro casa, alle passeggiate e alle pedalate. Deregulation che consacrano la Lombardia campione di contraddizioni visto che da un lato vuole i soldi della transizione ecologica e dall’altro approva modifiche del genere che di ecologico hanno nulla di nulla.
Ma non possiamo chiudere senza citare un virgolettato tratto da un’intervista rilasciata alla stampa (OglioPoNews, 1 dicembre 2022) dal consigliere firmatario Alex Galizzi e dall’ex capogruppo leghista in Consiglio regionale, Andrea Monti. Restituisce ancor più chiaramente i convincimenti che stanno dietro a proposte di questo tipo. “I Comuni potranno così trasformare le ‘strade del degrado’ in percorsi per e-bike, monopattini off-road, motorini o moto fuoristrada, allontanando i ragazzi dalle cattive tentazioni quali la droga e nel contempo potenziando e valorizzando strategie turistiche e sportive che ridaranno ai cittadini quegli spazi che spettano loro di diritto”.
Ecco, secondo queste affermazioni i sentieri sono “strade del degrado” e i giovani dei tossici che la moto da enduro e la violazione della natura possono salvare. Non credo che servano altri commenti per descrivere il degrado culturale che convinzioni del genere produrranno. Serve opporsi a tutto ciò e occorre fare chiasso, come diceva papa Francesco. Il chiasso devono innanzitutto farlo le opposizioni nei Consigli regionali. Oggi non bastano le lettere dei consiglieri alle Giunte regionali per chiedere spiegazioni formali e timide a certe proposte. Bisogna che le opposizioni escano dalle aule e denuncino pubblicamente questioni del genere, altrimenti i cittadini non vedono i problemi. Il lavoro da fare non è quello di amministrare la politica, ma di fare cultura politica. E poiché è sempre attuale il vecchio adagio “prevenire è meglio di curare”, conviene che i politici si portino avanti su faccende come i sentieri, le ciclabili, la rigenerazione territoriale, le aree interne, etc.. Allora sì che queste proposte avrebbero molta più difficoltà a farsi avanti. La strada da percorrere è solo quella di lavorare a “necessari cambiamenti radicali” (il virgolettato arriva dalla Strategia dell’Unione europea sulla biodiversità), a partire da chi fa politica.
Chiudo appellandomi a qualcuno che voglia prendersi l’onere (e l’onore) di cancellare questa norma distruggi-sentieri, ovvero distruggi-paesaggio. Presto va restituito il paesaggio ai cittadini come già la nostra Costituzione antifascista scrive all’articolo 9. Si proponga un grande piano per fare della lentezza (e non delle moto) la leva gentile e sensata per la rigenerazione delle aree interne italiane. Per le moto da cross o enduro ci sono ex cave e aree dismesse a iosa: le loro associazioni le ripristino e le attrezzino se ci tengono tanto. No?
Questo articolo è stato pubblicato su Altreconomia il 21 aprile 2023