Ringraziamo Marino Calcinari e pubblichiamo la trascrizione del suo intervento all’assemblea del manifesto in rete tenutasi lo scorso sabato (1 aprile). Il contributo mette a fuoco il valore delle esperienze che promuovono le pratiche associative e il pensiero critico di sinistra, con un’attenzione particolare agli sviluppi del circolo del manifesto di Trieste e del contesto territoriale e politico in cui si è mosso nel corso degli anni.
Io penso che ci siamo ritrovati qui soprattutto perché siamo una comunità e perché siamo consapevoli che c’è un sapere, ed un pensiero critico di sinistra, un filo rosso che ci lega e che il tempo non ha spezzato, una storia che chiede di essere rappresentata e valorizzata tanto più in questa epoca terribile di grandi mutazioni, di crisi della civiltà democratica europea, che sta precipitando nella guerra, significativa epitome di essa, foriera di catastrofe ecologica e di sistema. In questo scenario pensare globalmente è il solo ed unico presupposto per agire localmente. Essere realisti e volere l’impossibile. Non da soli ma in connessione con le molte altre realtà che le nostre iniziative possono intercettare e che quindi possiamo coinvolgere in un percorso comune.
L’esempio delle nostre esperienze, esplicitate da un percorso che abbiamo iniziato insieme più di dieci anni fa, nel suo evolversi continua a dimostrare la concretezza anche di questa necessità, di interrogare/rsi suscitando ascolto e partecipazione, sia per colmare un vuoto di analisi e prospettiva in cui è precipitata la sinistra, sia per agire coerentemente coi mezzi di cui disponiamo nelle realtà locali ove operiamo.
Accennerò brevemente alla storia e alle vicissitudini del circolo del Circolo del manifesto di Trieste al fine di fornire ed illustrare qualche elemento di conoscenza ed alcuni esempi concreti a sostegno di una proposta possibile in questa direzione e che interessa la nostra area macro regionale.
Il Circolo di Trieste porta il nome di Raffaele Dovenna un compagno prematuramente scomparso, responsabile della diffusione militante del quotidiano negli anni’70 – ma la nostra non è stata solo di attività di preservazione della memoria o testimonianza di essa, con la costituzione di un fondo archivistico e la creazione di un sito web, ma si è misurata anche, sul terreno della politica per una ricostruzione intellettuale, di senso e di prospettiva, non escludendo i momenti del confronto elettorale, e per la ricomposizione ed unità della sinistra su coordinate non ideologicamente alternative ma quantomeno difformi dalla narrazione dominante del pensiero unico.( a vario titolo abbiamo partecipato alle elezioni europee del 2014, alle elezioni comunali del 2016 e 2021, a Cosmopolitica, al tentativo del Brancaccio, etc.)
Visto l’esito di quelle prove, una domanda che ci ponemmo e valutammo nel progredire dell’attività legata al sito ed alle iniziative culturali non poteva non essere quella, ambiziosa ma necessaria, di rimodulare il nostro organigramma per un progetto politico che a partire dal nostro collettivo, riuscisse a tradurre una tensione ideale, un’aspirazione politica, una sensibilità sociale come fondamenti percettivi e perfezionabili di un programma inespresso dalla politica tradizionale ma che viveva nei bisogni della nostra realtà sociale; e dunque quanto della nostra ispirazione storica originaria ed originale riversata nelle esperienze locali sarebbe stata (ancora) capace di tradursi in strumenti, teorici ed organizzativi per dare nuove basi all’idea stessa di politica, apportando diversa linfa e più spessore alla sinistra, politica e sociale, dispersa sul territorio, spesso marginalizzata da una destra vincente, non per suoi meriti, ma per cessione di sovranità che la sinistra, a cominciare dal PD aveva praticato sin dalla rottura del 1989.
L’esperienza del nostro circolo è cresciuta, lavorando su tre coordinate: La memoria; l’iniziativa culturale; la partecipazione alle vicende politiche.
Queste di fatto sono state e restano tre priorità interconnesse su cui intervenire, e sono saldamente collegate tra loro in una città-laboratorio per la destra che ha due poco invidiabili primati, la nascita del protoleghismo con la LPT (1978) e lo sdoganamento del neo/postfascismo. L’apertura di credito agli eredi del MSI, con l’incontro Fini – Violante fu preceduto dal contatto triestino Menia -Spadaro, tra un ex studente dell‘MSI-FdG diventato deputato e il suo ex professore (ed ex PCI). Trieste è altresì collocata in un contesto economico e geopolitico allargato che in questi decenni ha subito le più devastanti e regressive trasformazioni del suo tessuto economico, produttivo, sociale, dell’ambiente, della sua cultura e vocazione europeista, aggredita da una narrazione nazionalista in una logica provincialista di chiusura e di negazione della sua storia mitteleuropea e multiculturale.
Una realtà del profondo nordest che aveva visto nascere, con l’esperienza basagliana il superamento di ogni istituzione chiusa ( manicomi, carceri, ospizi, caserme), l’avvio delle prime iniziative ambientaliste, la mobilitazione di massa contro lo stragismo, contro le trame nere ed il revisionismo storico, contro le servitù militari fin dai tempi della lotta contro l’installazione degli euro missili (1981) ora è ritornata al centro di una trama che mette in contrapposizione più progetti politici e statuali che lo scoppio della guerra in Ucraina ha drammaticamente accelerato, e che si tradurranno in rotture e fibrillazioni in sede europea ( il progetto di infrastrutturazione delle reti logistiche, il corridoio 5, i progetti legati all’iniziativa del Trimarium subiranno modifiche sostanziali e /o saranno strumentalmente impiegati in chiave antirussa o porteranno alla dissoluzione della costruzione europea che non potrà reggersi solo sulla subalternità al modello ed al comando Usa o al ricatto del gruppo di Visegrad (e della Turchia per quanto riguarda i migranti). Più pericoli incombono.
Il fatto che nel Friuli VG esista ancora, nonostante la parziale smilitarizzazione degli anni’90 una base statunitense (che deriva da una ex infrastruttura militare italiana) che viene utilizzata dall’USAF, ma dove persiste e si è accresciuto lo stock di armi nucleari, con la presenza di un forte contingente operativo di oltre 10mila militari -sotto il comando NATO-, con la prosecuzione della guerra in Ucraina fa diventare il nordest italiano, in caso di allargamento del conflitto il primo bersaglio raggiungibile in caso di conflitto, dai confini della Nato il cui baricentro s’è spostato in Polonia La guerra in Ucraina ha fatto diventare il nordest italiano una piattaforma logistica ed operativa del comando NATO e delle forze militari usa ad Aviano. Come è accaduto per le vicende jugoslave, immediatamente dopo il 1991 con i bombardamenti in Bosnia e in Kosovo e poi ancora dopo il 2001, si vuole imporre un’ulteriore militarizzazione del territorio e conseguenti politiche di riarmo che sottrarranno risorse alle esigenze civili ed alle necessità economiche di un territorio dove vieppiù aumentano povertà ed emergenze sociali. La risposta non può essere l’obbedienza servile alle logiche di guerra, né il primato della realpolitik, né la subalternità al modello ordoliberista che perpetua situazioni di impoverimento ed ingiustizia sociale
Penso che si possa e si debba suscitare il massimo di attenzione possibile per evitare questo scenario. Parlare di pace e far leva sulle ragioni per cui altrimenti non c’è alternativa è un obiettivo da tradurre con proposte concrete. Possiamo proporre un 25 aprile o un primo maggio per una grande manifestazione qui nel nordest?
Sui temi della pace e della guerra penso che possiamo parlare con cognizione di causa, non solo teorizzando ma promuovendo una iniziativa concreta allargata, il testo di un appello, un documento che richiami le ragioni di una possibile e praticabile fuoruscita da questo orizzonte di terrore. Occorre far partire anche da qui l’esigenza di una mobilitazione.
Dopo l’esperienza dell’AET (2014)il Circolo di Trieste, alcuni di noi, hanno intrapreso condiviso e sostenuto, dal 2019, mantenendo sempre aperti più canali di confronto a sinistra, lo spazio politico di Adesso Trieste – un’esperienza di Municipalismo dal basso, come Coalizione Civica a Bologna, le cui radici stanno saldamente a sinistra nell’ARCI, nel UdS, nella Rete della Conoscenza, coinvolgendo comitati e realtà di associazionismo locale, traducendo con risultati concreti anche elettorali, una idea di buona politica e partecipata per assumere, veicolare e valorizzare quelle idee forza – lavoro, ambiente, welfare, tutele ed integrazione -, che ancora oggi segnano e contraddistinguono la qualità della democrazia e la sensibilità politico sociale nel rapporto tra cittadini e istituzioni.
La motivazione per cui ci ritroviamo qui oggi, credo, andando oltre il pur doveroso bilancio di una esperienza decennale e le vicissitudini di un percorso comune, debba guardare alle possibilità di voler andare avanti, cioè di connettere, con spirito unitario, altre esperienze a noi consimili.
A Udine c’è un giornale online- il Friuli Sera il cui direttore è stato per anni iscritto e militante del PdUP, che ancora oggi più che reportage, svolge attività d’inchiesta e di denuncia su quanto accade nel nostro territorio e nelle istituzioni, segnatamente in Regione,
Nella Carnia è ancora attivo il Comitato Acque con l’ex sindaco pduppino, Franceschino Barazzutti. Non più tardi di un mese fa un comunicato evidenziava lo pseudo ambientalismo della giunta regionale che con un provvedimento ad hoc da un lato incentivava giustamente il fotovoltaico nelle abitazioni con uno stanziamento di 100 milioni di euro, dall’altro lato però approvava, con procedure veloci, l’installazione anche nelle stazioni di pompaggio di Somplago e Paluzza della Società Italiana per l’Oleodotto Transalpino (SIOT) dei cogeneratori a metano di elettricità e calore per riscaldare il petrolio, e farlo scorrere più velocemente nella condotta. E questo, nonostante le emissioni inquinanti poi si accumulino in quelle ristrette valli montane.
Domani e dopodomani in FVG si vota e non è detto che la destra possa vincere facile: il presidente leghista Massimiliano Fedriga che al tempo del Covid voleva utilizzare una nave in disarmo come lazzaretto per i colpiti dal contagio, – il FVG ha avuto un numero altissimo di morti per la pandemia nella nostra Regione -recentemente ha ceduto i dati sensibili degli iscritti al SSN alla multinazionale Novartis, mentre un assessore della sua giunta risulta essere socio proprietario e dirigente di un’agenzia interinale la Europromos che si arricchisce obbligando con contratti incongrui i dipendenti museali ( contratto di guardiania anziché di federculture) a paghe da fame, 5 euro lordi all’ora per una paga mensile che non supera i 650 euro, praticamente a livello della soglia di povertà ( che, secondo i dati ISTAT, nel 2021 per una persona singola si attestava in Italia a 629,29 euro).
La vicenda Europromos inoltre è un fatto che non riguarda solo Trieste ma anche diverse città italiane in cui ha operato l’impresa di lavoro interinale: Rovereto, Bari, Alghero, Modena, Ferrara ad esempio.
Le occasioni di un possibile cambio di rotta risultano essere così condizionate, se non inibite in questo quadro, dalla gestione privatistica delle risorse che il PNRR ha assegnato alla nostra realtà e che vengono indirizzate verso scelte speculative, di mera captazione di consenso, perpetuando obsoleti modelli del territorio, mentre sono palesi l’inadeguatezza e le capacità di controllo delle istituzioni e di Confindustria sugli interessi e gli appetiti di investitori esteri e delle multinazionali.
Con la disumanità e la logica di mercato eretta a sistema la giunta comunale di cdx a Trieste intende distruggere un ecosistema di trecento pini secolari, sbancare il versante costiero d’ingresso alla città per costruire una cabinovia e, trascurando l’ordinaria amministrazione, utilizza a tali scopi le risorse del PNRR.
Inoltre: all’importanza dei traffici portuali, col ritrovato ruolo internazionale del Porto Franco cui è stato riconosciuto lo status di zona internazionale, con possibilità di fondare nuove imprese manifatturiere entro i suoi confini, le occasioni di sviluppo per promuovere lavoro buono e occupazione, dopo anni di crisi e stagnazione, sarebbero innumerevoli ma la giunta comunale antepone il terziario, il turismo, la cementificazione e gentrificazione dei quartieri.
L’eccezionalità del recente sviluppo portuale – su cui è intervenuto tra gli altri Sergio Bologna presidente dell’AIOM – che potrebbe essere considerata come modello per altre realtà della penisola ( lavoro pubblico, investimenti, aumento occupazionale, utilizzo del trasporto su ferro, etc.) è un fattore dirimente sia per saldare i temi del lavoro con quelli dell’occupazione nei settori contermini della logistica e dell’infrastrutturazione del territorio, sia con quelli ecologici e di riconversione dell’economia, con il rispetto dell’ambiente e il ripristino di attività manifatturiere non inquinanti. Ma nonostante sollecitazioni, manifestazioni e pressioni, della cittadinanza e delle organizzazioni sindacali l’immobilismo permane.
La città terziarizzata che aveva fatto il suo tempo già negli anni ‚80 ed oggi con lo sviluppo del polo scientifico tecnologico, delle attività di ricerca, della loro applicazione all’interno di un percorso di avviamento e rilancio dell’industria 4.0 potrebbe fare un salto di qualità e gettare le basi per una inversione di tendenza, va in tutt’altra direzione anche in virtù dei fondi e della filosofia del PNRR: le risorse destinate al nostro territorio verrebbero investite in un rigassificatore e in una cabinovia e, nella vicina Slovenia esse finanzierebbero il raddoppio della centrale nucleare di Krsko in Slovenia ( posta in zona sismica su cui scrivemmo già nel manifesto del 1987 ) e l’ampliamento del rigassificatore di Veglia (Krk, in Croazia)
Nel frattempo i confini dell’Italia con la Slovenia e di questi con quelli della Croazia sono vigilati e recintati con filo spinato ed altre barriere per cui chi proviene dalla rotta balcanica si scontra con le politiche securitarie e di respingimento e viene rimbalzato sino al punto di partenza, il confine greco con la Turchia.
La solidarietà, generosa ed altruista che resiste è praticata ormai principalmente dall’auto-organizzazione di singoli individui come Linea d’Ombra o associazioni cattoliche come la Caritas che non hanno mai dismesso le politiche di sostegno, cura ed assistenza verso i migranti e che però vengono osteggiate, penalmente perseguite, fino all’intimidazione aperta da chi amministra la cosa pubblica con mentalità proprietaria e questurina contro chi continua a praticare accoglienza e solidarietà. La solidarietà da noi è diventata reato. Ecco, il quadro attuale è questo.
Io penso, per concludere, che ci sia molto da fare, che le idee servano ancora e che per funzionare ed essere praticabili abbiano bisogno di un programma, un programma politico e soprattutto un programma di lavoro da cui far discendere progetti ed iniziative coinvolgendo i contatti e le realtà che ci stanno più vicine, l’esperienza del manifesto in rete è esemplare e ringrazio i compagni di Bologna e dell’Emilia Romagna per questa iniziativa, che va in questa direzione, e quindi va sorretta con altri contributi, perché questo lavoro, questo impegno comune possa continuare.