Attentato narcos a Leo Messi per farsi spazio in Argentina

di Livio Zanotti /
7 Marzo 2023 /

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La cronaca quotidiana fa politica -sempre, ovunque-, ed è quella più nera del narcotraffico e della corruzione, degli attentati e dei morti ammazzati per la strada che inevitabilmente l’accompagnano, a diventare un fattore determinante in Argentina. A scarsi 8 mesi dalle elezioni per il nuovo presidente della Repubblica e il Congresso, a cui verranno chiamati oltre 30 milioni di argentini (possono votare anche i sedicenni). Mentre l’inflazione (100 per cento nel 2022) divora l’economia, salari e profitti (come sempre i primi più rapidamente dei secondi); e la siccità prosciugal’export agricolo (fonte primaria di valuta forte). Sebbene siano stati ridotti rischio-paese e disoccupazione (quest’ultima nondimeno ancora al 7 per cento, con dietro un rilevante mercato del lavoro informale). L’ insicurezza diventa il tema del giorno e l’opposizione ne fa il suo cavallo di battaglia contro il governo centrale di Alberto Fernandez.

Il fronte di fuoco investe Rosario, seconda o terza conurbazione del paese (dopo Buenos Aires e in perenne competizione con Cordova), centro industriale e commerciale con 1 milione ottocentomila abitanti a 300 km dalla capitalenazionale. Il suo porto sulla sponda occidentale del maestosorio Paranà, generoso d’acqua fangosa e invisibili anfratti, è la via d’uscita del 70 per cento delle esportazioni nazionali. Ma non da oggi anche il terminale di possenti filiere di contrabbando che scendono dal Brasile e maggiormente dal Paraguay, il paese che nel subcontinente esercita il minor controllo delle proprie frontiere. Grazie al vertiginoso valore aggiunto delle droghe e alla loro forte espansione, il narcotraffico vi si è inserito da un paio di decenni assumendone infine il controllo, prima tradizionalmente esercitato da quello delle armi. L’attività criminale surroga la decadenza del sistema produttivo nella provincia.

Si è infiltrato quanto meno nella pubblica amministrazionelocale, non necessariamente ai vertici; ma di certo nei suoi gangli operativi, nel sistema di controllo e vigilanza delle merci in entrata e in uscita. Al più tardi lo scorso fine settimana, sono stati arrestati due ufficiali di polizia sorpresi a tavola con un gruppo di narcos. Non sono gli unici. L’Argentina non produce stupefacenti, che si sappia; però è da lunghissimo tempo un corridoio di transito (dalla Colombia, dalla Bolivia, dal Brasile verso l’Europa) e ultimamente anche un non trascurabile mercato di consumo. La politica sarebbe quanto meno incauta qualora se ne ritenesse a priori indenne. E comunque tanto l’attuale governo quanto i precedenti, peronisti e antiperonisti, vengono chiamati dai cittadini a rispondere di una visione in cui la contingenza, i suoi immediati interessi di parte sembrano prevalere su quella che dovrebbe essere una coerente politica di stato.

Se lo stato non avanza o si limita a sventolare bandiere, la delinquenza organizzata gli prende la mano. Senza preoccuparsi di suscitare il massimo clamore, anche internazionale; forse volutamente perseguendolo per qualche ragione ancora oscura. Non la si può ritenere infatti sprovveduta fino al punto di attaccare a raffiche di pallottole calibro 9 il supermercato dei suoceri del campione del mondo Lionel Messi, nella Rosario più commerciale, senza aspettarsi pesanti reazioni a tutti i livelli. Dunque si può credere che le avesse messe in conto. Il famoso calciatore è legatissimo alla sua città, sebbene difficoltà di crescita abbiano indotto i genitori a trasferirlo appena quattordicenne a Barcellona per ricevere cure più efficaci. La visita ogni volta che può, ha detto e ripetuto che un giorno intende tornarvi a risiedere accanto alla sua famiglia di origine che non se n’è mai allontanata.

Al colmo della fama per la vittoria in Qatar, una mano alfabetizzata oltre che armata gli ha lasciato scritto a lettere maiuscole su un pezzo di carta qualsiasi strappata a caso:”MESSI TI STIAMO ASPETTANDO. JAVKIN E’ UN NARCO, NON TI PROTEGGERA’… “. Un messaggio politico esplicitamente minaccioso, le cui vere intenzioni al momento appaiono nondimeno indecifrabili. Pablo Javkin, 51 anni, avvocato, è lo stimato sindaco di Rosario dal 2019, in scadenza di mandato. Nessuno pensa minimamente che possa avere a che fare con i narcos, è un sincero democratico di tendenza moderata che alla prossima consultazione potrebbe presentarsi candidato al governo della Regione. Al momento ha solo qualche problema di salute. L’attuale governatore, il giustizialista Oscar Perotti, è a sua volta uno sperimentato e notissimo dirigente al di sopra di ogni sospetto e persona di non comune ampiezza di vedute e generosità. Tant’è che ha immediatamente manifestato concreta solidarietà e sostegno al sindaco.

Le certezze sono tutte nel degrado della situazione in cui vivono gli abitanti della popolosa città portuale e nell’ancora inadeguata assistenza del governo di Buenos Aires, che pure negli ultimi mesi ha inviato agenti federali e tecnologia investigativa. L’anno scorso, a Rosario, le sparatorie tra le diverse bande criminali e di queste contro la polizia sono state oltre mille, con quasi un morto al giorno. Nei primi 2 mesi del 2023 si sono ulteriormente intensificate così come gli episodi di estorsione. Un’emergenza di gravità senza precedenti. Le speciali unità d’intervento giudiziario e di polizia formate negli ultimi tempi non riescono a contenerla. L’allarme ha acceso infine un dibattito incandescente tra parte dei sostenitori dell’ex presidente Macri, favorevole ad affidare alle forze armate compiti di polizia, e il governo peronista che come tutte le forze democratiche, tanto più nei paesi che hanno sofferto l’oppressione sanguinosa di dittature militari, si oppone fermamente.

Questo articolo è stato pubblicato su Articolo 21 il 7 marzo 2023. In copertina, immagine dall’alto di Rosario, Scarabinol/Wikimedia Commons

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