Ha giurato sulla Costituzione che è figlia della Resistenza e dunque della lotta contro il nazismo e il fascismo. Ecco perché Ignazio Benito La Russa, secondo la logica, non potrebbe essere fascista. Ipocrisia e smemoratezza, però, possono più della logica. Per usare un termine classico dell’epoca littoria, “me ne frego” della logica, dei giuramenti e della Costituzione. Per non parlare del 25 aprile e della Liberazione. Ignazio Benito, quello delle statuette del Duce, è entrato con le mani e soprattutto con i piedi nel salotto buono della politica diventando la seconda carica dello Stato, l’autorità che viene subito dopo il presidente Mattarella, che dovrebbe addirittura sostituirlo in caso di necessità. Se Mussolini e Almirante sono i suoi riferimenti ideali, quelli storico-contestuali nei quali il nostro presidente del Senato si colloca risalgono agli anni Sessanta e Settanta, quelli delle stragi nere, quelli del legame criminale tra apparati dello Stato e manovalanza fascista. Pino Rauti, Delle Chiaie, solo per fare i due esempi più illuminanti, sono i fratelli maggiori di Ignazio Benito. Dunque, perché meravigliarsi se la data che ha voluto ricordare non è quella del 28 dicembre 1943, quando i sette figli di Alcide Cervi – Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio e Ettore – vennero torturati e infine trucidati dai fascisti nel poligono di tiro di Reggio Emilia. Questo atto fondativo della Resistenza italiana è estraneo, e di fatto nemico, nella narrazione di La Russa. Del resto, la fucilazione dei fratelli Cervi è risultata estranea anche alla narrazione di gran parte dell’informazione italiana, molto impegnata a digerire e accompagnare lo sdoganamento del fascismo, del postfascismo e del neofascismo italiani. È questo l’ultimo prodotto in ordine di tempo del fatto che il nostro paese non ha fatto mai i conti con il suo passato, con il colonialismo, il razzismo, il fascismo che oggi riemergono vomitati dai tombini della storia per materializzarsi in nuove forme non meno velenose di quelle di ieri e dell’altro ieri.
Un’altra ricorrenza che Ignazio Benito ha dimenticato di commemorare, nelle celebrazioni di fine anno, è la promulgazione della Costituzione nata dalla Resistenza, il 27 dicembre del 1947, settantacinque anni fa. Anche questa “svista” si può capire, dobbiamo accontentarci della giurata fedeltà, senza interrogarci sulla sincerità del giurante. Con una promessa: la cambieremo questa maledetta Costituzione.
La memoria del fascista, o postfascista, o neofascista presidente del Senato è ancora arzilla, invece, nel ricordo della nascita del Movimento sociale italiano fondato dall’ex redattore capo della rivista Difesa della razza ed ex capo gabinetto del Minculpop nella Repubblica di Salò, Giorgio Almirante. L’Msi è stato il partito-taxi per il riciclaggio di fascisti e collaborazionisti (prima con il regime di Mussolini, poi con i servizi segreti italiani). Commosso, Ignazio Benito commemora la gloriosa ricorrenza del 26 dicembre 1946, seguendo, con 24 ore di ritardo, le orme di Isabella Rauti, figlia di Pino Rauti (ed ex moglie del peggior sindaco di Roma, Alemanno), il cui nome è chiamato in causa in più stragi nere e tentativi di abbattere con le armi la fragile democrazia italiana. Oggi è senatrice, naturalmente di Fratelli d’Italia nonché sottosegretario di Stato al ministero della difesa, quello presidiato da Guido Crosetto, anche lui di Fratelli d’Italia, quell’uomo gentile che prende in braccio Giorgia Meloni e vuole usare il bazooka contro i suoi nemici. La commozione per la fiamma tricolore che prorompe dalla tomba del Duce, traghettata dal simbolo del Msi a quello di Fratelli d’Italia è sincera in La Russa e Rauti, a differenza dalla giurata fedeltà alla Carta fondamentale. E a difendere il ruolo storico del Msi accorrono in molti anche fuori da Fd’I, primi tra tutti i giornalisti Sansonetti e Ferrara.
I neofascisti oggi governano l’Italia mescolando centralismo esasperato, presidenzialismo fino a sognare l’uomo – o donna che sia – solo al comando e l’autonomia differenziata con lo smembramento del paese in regioni europee e regioni africane. Soprattutto mescolando i “valori” fascisti alla pratica neoliberista, al turbocapitalismo epurato da qualsivoglia ammortizzatore socialdemocratico. Pietà l’è morta. Dai diritti alle regalie ai privilegi facendo cassa sui poveri per favorire i ricchi aumentando le diseguaglianze, con un sovrappiù di odio classista contro chi paga le tasse, lavoratori dipendenti e pensionati. Meloni usa parole antiche come “orgoglio” e “nazione” e la sua ministra Santanché vuole abolire le spiagge libere regalandole ai privati per ributtare a mare tossici e rifiuti che le insozzano. I migranti sono declassati a clandestini, chi li salva dai marosi sono colpevoli di tratta che vanno multati e le loro navi sequestrate. A coniare l’espressione “aiutiamoli a casa loro” non è stato Salvini che ne rivendica la primogenitura, bensì Pino Rauti all’inizio degli anni Novanta quando era segretario del Msi. La scuola deve essere meritocratica e lo Stato deve favorire i più bravi togliendo ogni sostegno ai figli dei poveri che non hanno neppure i soldi per i libri, in un paese dove cresce l’evasione scolastica. Per salvaguardare la pura razza italica dall’inquinamento nero e giallo, le “nostre” donne devono fare più figli, del resto a quello servono secondo il Governo di destra-destra. Arrivano a proporre il varo di una nuova ricorrenza: dopo la festa della mamma e quella del papà, ecco la festa dei “Figli d’Italia”. Dicono figli d’Italia perché chiamarli figli della lupa potrebbe urtare qualche residua sensibilità. Fanno l’occhiolino a evasori e no-vax e mandano in galera i giovani dei rave perché non sopportano gli assembramenti, oggi dei rave domani degli studenti e degli operai. Sono contro la droga, tranne quella consumata nei locali in. Vogliono una magistratura sottomessa alla politica e ai politici.
Sono fatti così e adesso sono al governo, fanno e disfano leggi a piacimento. Per grazia ricevuta: hanno vinto la partita segnando un gol a porta vuota mentre i giocatori avversari si menavano tra loro.
Questo articolo è stato pubblicato su volerelaluna il 3 gennaio 2022