Ballottaggio Piacenza, cade l’ultima roccaforte emiliana del centro-destra

di Pier Paolo Tassi /
27 Giugno 2022 /

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“Bella ciao” risuona di fronte a Palazzo Mercanti quando la mezzanotte è da poco passata. La festa a quel punto – con ancora poche sezioni ancora da scrutinare – può iniziare. L’Emilia è di nuovo tutta rossa. A Piacenza cade l’ultima roccaforte del centro-destra grazie al risultato del ballottaggio che vede trionfare la dem Katia Tarasconi con il 53,5% dei voti. In numeri assoluti, 2mila e 200 voti di scarto, più del doppio del vantaggio accumulato sull’avversaria Patrizia Barbieri al primo turno.

Da dove siano arrivati quei voti in più è facile intuirlo. Basta analizzare il risultato di alcune frazioni per capire quanto abbiano inciso gli elettori di Alternativa Per Piacenza, l’altra aggregazione di centro-sinistra capitanata dall’ex Pd Stefano Cugini. L’indicazione di voto, alla viglia, era stata chiara: «Siamo autonomi, ma non equidistanti» scrivevano i “cuginiani” in una nota, ribadendo una volta di più che il vero nemico restava la destra. Scongiurando così un Harakiri che fino a qualche giorno fa appariva tutt’altro che fantascienza. Dal mancato accordo per l’apparentamento (definito “scelta suicida” dal segretario provinciale del Pd Carlo Berra), ai malumori all’interno di ApP per gli ammiccamenti con la compagine dei Liberali di Sforza Fogliani – un voto di protesta al centro-destra, il loro, che si è poi trasformato in velato invito a sostenere la sindaca del centro-sinistra piuttosto che piegarsi ad un accordo al ribasso «con chi ci ha insultato» – fino alla spaccatura di giovedì sera quando la è stata la stessa Tarasconi a superare il muro di gomma, presentandosi direttamente all’assemblea plenaria di Alternativa per Piacenza. Una presenza la sua, non gradita a tutti, specie alla componente più ambientalista di ApP che ha derubricato la mossa a “puro marketing elettorale”, essendo ormai scaduti i termini per trovare un’intesa su alcuni punti programmatici, a partire da espansione della logistica e consumo di suolo. Eppure, alla fine, la base ha scelto in coscienza. Preferendo convergere al centro-sinistra piuttosto che aprire le porte a un secondo mandato Barbieri a forte trazione Fratelli d’Italia.

La domanda che sorge a questo punto è: sarà il Pd o meglio Katia Tarasconi la protagonista di una stagione di dialogo con l’ala più radicale del centro-sinistra? Oppure la vittoria verrà letta come la conferma della bontà di essersi presentati alle elezioni da soli rinunciando a compromessi con le frange più ostiche della sinistra radicale? «Auspico che la sindaca si assuma le proprie responsabilità in toto – ha dichiarato a caldo il segretario Berra -. Che faccia le sue consultazioni e interloquisca con chi ritiene opportuno. Sono estremamente contrario a una spartizione degli assessorati proporzionale ai risultati delle singole liste. Chi – come la sindaca Barbieri – ha subito una giunta decisa dai partiti, ne ha poi patito le conseguenze. La sindaca deve rimanere indipendente e provare a trovare una sintonia fruttuosa nell’ambito del centro-sinistra. Il Pd può continuare a svolgere quel ruolo di equilibratore che ha già svolto in campagna elettorale». E per quanto riguarda i Liberali, che pure hanno fatto la loro parte per favorire Tarasconi? «Non penso che Sforza Fogliani sia a caccia di incarichi politico-istituzionali (si vociferava infatti di una sua nomina come presidente del consiglio comunale). Piuttosto credo vorrà portare avanti i propri obiettivi, specie in ambito culturale».

Pronta a dimettersi dall’incarico di consigliere regionale già dal prossimo martedì (la carica è incompatibile con quella di sindaco), la Tarasconi, commossa, ha ricevuto di persona i complimenti anche dal presidente della Regione Stefano Bonaccini, ieri notte a Piacenza dopo aver salutato a Parma il neosindaco Michele Guerra. «Siamo l’unica regione in Italia in cui il centro-sinistra fa cappotto. Abbiamo messo insieme le forze non per essere contro qualcuno ma per fare una proposta che credo sia stata capita. Perderla in Regione è un sacrificio che a questo punto facciamo volentieri». Per l’ex ministro Paola De Micheli – la più votati tra tutti i candidati consiglieri con 459 preferenze, si profila invece il ruolo di capogruppo, senza che questo metta in discussione gli impegni romani: «Ho fatto il mediano in campagna elettorale e sono pronta a farlo anche ora per la futura giunta».

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